Piero Brombin: arte come impegno, proposta, ironia
Una produzione che spazia dall’architettura alla scultura, fino alla grafica
(Seconda e ultima parte. La prima è stata pubblicata a maggio)
Piero Brombin si trasferisce poi nello studio dell’architetto Luigi Pellegrin a Roma, dove permane dal 1963 al 1967. Nel 1968 rientra a Padova aprendo con Piera Bortolami lo “Studiolaboratorio”, studio professionale di Architettura, Arte e Design.
Premio del Ministero della Pubblica Istruzione per la scenografia; Primo premio per la lampada “Arianna” al Concorso Artemide – Domus; Primo e secondo premio al concorso per l’architettura disegnata a Vancouver; Secondo premio alla fiera del mobile di Padova; Secondo premio per il concorso di Architettura “anno zero” organizzato da Bruno Zevi; Primo premio per il concorso d’architettura della rivista “flash art”; Primo premio alla Biennale Internazionale dell’acquarello (Padova); Honorable Mention al concorso Comfort in the Metropolis diretto da Peter Cook e in quello successivo diretto da Toyo Ito in Giappone. Quelli più recenti sono al concorso di idee Termovalorizzatore (Desio Italia) terzo premio, in collaborazione con lo studio dell’architetto Letizia Lionello (Milano), mentre è segnalato al concorso di idee per il Museo della Lingua Portoghese (Braganca in Portogallo) e al concorso Internazionale “Guglia di Notre Dame” Parigi.
Lo spirito eclettico di Brombin si caratterizza per ricerche e produzioni in diverse discipline: dalla Scenografia al Disegno industriale, dalla grafica agli allestimenti, dall’arredamento all’architettura, dall’arte performativa alla cinematografia, all’arte ceramica. Il suo sguardo ampio sulle arti visive è sempre conformato ad un intervento etico e sociale, con particolare riguardo all’ecologia, intesa non soltanto come attenzione al territorio, ma come ecologia della mente, del vivere sociale e della comunicazione.
È fondatore nel 1970 del gruppo Cavart con Piera Bortolami, Michele De Lucchi, Valerio Tridenti e Boris Premrù. L’ambito di ricerca del Gruppo si inserisce in ambito internazionale nel filone che verrà poi definito Architettura Radicale, realizzando “Architetture Impossibili” promovendo incontri, concorsi, dibattiti, sui temi dell’ambiente urbano, sull’ecologia, sull’Architettura Biologica ed Ecologica e sul Design.
Cavart, letteralmente Arte delle Cave, è infatti tra i primi gruppi di architetti, designer ed artisti in Italia a impegnarsi sul tema della difesa del Paesaggio e dell’Ambiente, organizzando seminari e performance presso i Colli Euganei che allora erano, e sono, luoghi devastati dall’estrazione di trachite e pietra da calce.
Se oggi il movimento ecologista cerca di limitare la feracità degli appetiti, tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso, pochi erano coloro che denunciavano la tragicità della sottomissione alla legge della speculazione e del profitto di pochi uno dei più incantevoli luoghi del paesaggio italiano.
Brombin e Cavart intrattenevano rapporti con i maggiori esponenti dell’architettura di quegli anni: da Ettore Sotsass, agli Archigram, dal gruppo SITE ad Alessandro Mendini e Alchimia, da Franco Raggi a Paolo Daganello al Superstudio, dal gruppo Zzigurat a Gaetano Pesce legato a Brombin da profonda amicizia sin dalla giovinezza ed infiniti altri, spesso coinvolti nelle iniziative di Brombin. Nessun testo della Storia dell’Architettura e del Design che volesse trattare autorevolmente degli anni Settanta e Ottanta potrebbe espungere il suo nome dall’elenco degli autori internazionalmente più significativi.
Ha esposto più volte alla Biennale d’Arte e a quella dell’Architettura di Venezia, alla Triennale di Milano, alla SAD di Parigi, alla documenta di Kassel, alla Biennale del Bronzetto di Padova; in Irlanda, Stati Uniti, Giappone, Francia, Portogallo, Canada, Austria.
Significativo che il suo progetto per il “Parc de la Villette de Paris” sia stato selezionato dalla Biennale Du Dessin, dell’Università di Architettura di Clermont Ferrand insieme a quello di Zaha Hadid e Gaetano Pesce.
La sua produzione è stata pubblicata in “Domus”, “Casabella”, “Architettura cronache e storia”, “Casa Vogue”, “Modo”, “Japan Architecture”, “Interni”, “Spazio & Società”, “L’Espresso”, “Disegno”, “Il Giornale dell’Arredamento”, “Galileo”, “La Nuova Venezia”, “Il Mattino”, “Il Gazzettino”, “Gap” e altre riviste.
Gli sono state dedicate tesi di laurea. La mostra monografica, qui al san Gaetano, dal titolo il Mito, l’inganno, il gioco è del 2010/11.
Le sue performance hanno avuto ampio riscontro: ad esempio quando alla XIV Triennale di Milano, quella guidata da Giancarlo De Carlo nel 1968, fece sfilare davanti all’ingresso, come fosse il gendarme dell’architettura, Michele De Lucchi vestito con divisa e cappello napoleonici e una riga da disegno poggiata sulla spalla a guisa di fucile. L’ironia era sagace e sposava la contestazione alla “sacralità” della Triennale quale luogo deputato alla rappresentazione dell’ortodossia dell’Architettura.
Oppure quando, in occasione del ritorno del dipinto “Guernica” da New York a Madrid dopo la morte del dittatore Franco, era riuscito a illudere che avrebbe potuto far transitare la tela di Picasso per Padova e che la si sarebbe potuta esporre per qualche giorno in città. Naturalmente si trattava di una copia in scala reale di mano di Brombin, ma così conforme all’originale da ingannare il pittore Renato Guttuso.
La burla era però anche un’azione etica: si era da non molto consumato nel sangue il colpo di Stato di Pinochet in Cile e la Biennale di Venezia del 1974 aveva consacrato parte degli eventi alla lotta contro il massacro che i generali golpisti stavano perpetuando a danno degli oppositori del loro regime.
Che l’Arte fosse uno strumento per la lotta democratica in quegli anni era nel comune sentire: il dipinto di Pablo Picasso rappresentava per Piero Brombin il grido più alto che un artista potesse tributare all’etica e all’umanità contro la barbarie del fascismo: come nel 1937 in Spagna, con il primo bombardamento di civili da parte dei nazisti alleati di Franco, così per i torturati e gli assassinati nello stadio di Santiago nel 1973 da parte di Pinochet, il dipinto di Guernica diventava protesta contro tutti i crimini perpetuati a danno dell’Umanità. Cosicché la copia di suo pugno diventava il trait d’union che connetteva in un unico filo rosso storia ed arte di luoghi e tempi diversi e Brombin ne era l’autore consapevole.
Il gesto irridente di Piero è sempre stato costruttivo e propositivo, che non si ferma alla semplice denuncia, poiché conseguentemente ne propone soluzioni spaziali e formali, anche quando di primo acchito esse possano sembrare solo utopie. È il caso del grattacielo per homeless (senza casa) di New York, o per i “Blobs” unità abitative minime prodotte nel riciclaggio di materie plastiche, ideali per architetture d’emergenza o, ancora, il Museo dell’Acqua, progetto quest’ultimo esposto a Piazza Italia di New York per l’Esposizione Internazionale in onore di Cristoforo Colombo.
Certo si tratta di immagini più che di disegni esecutivi, ma che hanno in sé già il seme per un fare costruttivo. Ancor di più ciò vale nel progetto per il Concorso Internazionale per il recupero dell’ex campo di deportazione di Fossoli a Carpi, progetto di grande poesia in cui la natura (è) protagonista ormai assoluta; parole di Pierluigi Fantelli.
Gioco ed ironia sono presenti anche nel suo design: è il caso della lampada “Arianna”, frutto della migliore tradizione della Pop-Art e che anticipa la Moloch di Gaetano Pesce: Brombin plasma la lampada simulando nel corpo illuminante un gigantesco bulbo di lampadina ad incandescenza; sempre sul filo dell’immaginario e dello “spirito” è ideata la bottiglia per la grappa dell’azienda Dalla Vecchia su un disegno che allude al corpo femminile e che permette a tale azienda di risollevarsi dal declino commerciale.
Che Piero Brombin infatti sia poi capace di attualizzare le sue idee è evidenziato dalla sua numerosa produzione professionale. In architettura: la casa dell’artista Germano Olivotto, casa Narciso, casa Stefan, casa Zago, casa Ometto, Cartiera Leykan in Austria, il centro turistico di Castel Tesino solo per citarne alcuni. Negli allestimenti e arredamenti: negozio Cucciolo, negozio Cortivo, negozio Tucano, negozio Tecnocasa a Bolzano, industria Jacuzzi a Udine, le Cartiere Favini di Vicenza, l’industria Bonaldo…
Per l’opera ceramica segnalo il recente tributo che il Comune di Chioggia e la omonima rivista gli ha riservato anche con una bella pubblicazione.
E infine la vastissima produzione grafica che lo ha visto anche Art Director di ADVER, agenzia di comunicazione e immagine e titolare di cattedra presso l’Istituto Pietro Selvatico.
Quest’ultima attività proficua per le figure di artisti e tecnici che egli ha contribuito a formare. Ne consegue, per quanto detto, che Brombin più che espressione della moderna divisione del lavoro sembra uscito dalla migliore tradizione rinascimentale dell’artista totale, abile nelle arti tecniche e liberali.
Instancabile creatore di eventi, è stato anche fondatore e partecipe di innumerevoli gruppi di artisti, designer ed architetti.
Intrattengo con Piero e Piera, moglie e compagna inseparabile, un’amicizia da più di quarant’anni. Decenni ricchi di collaborazioni a concorsi, incontri, fondazioni di gruppi, ricchi anche di contrasti, quasi sempre giocati sul filo dell’ironia, ma fondati su consapevolezza ed empatia profonda, anche nei momenti bui della malattia.
