Sempre meno lettori in un mondo ogni giorno più complesso

Un’attività e attitudine individuale, ma di grande importanza anche sotto il profilo sociale e civico

Sono ormai decenni che si ripetono gli allarmi sul declino della lettura, una tendenza che appare sempre più rapida, marcata e irreversibile. Il web è pieno di articoli che esaminano in dettaglio la situazione ed è pertanto inutile, qui, ribadire dati e percentuali facilmente reperibili: basti dire che, quale che sia la prospettiva da cui si guardi (fasce di età, professioni, livello di istruzione, distribuzione territoriale, aree urbane o province), l’Italia risulta sempre tra le ultime nazioni d’Europa per numero di lettori e anzi, prendendo a riferimento il mondo scolarizzato, non solo del continente ma persino del pianeta.

Leggere, questo è chiaro a chiunque, non può essere un’imposizione, e trasformare la lettura in un obbligo sarebbe il modo migliore per allontanarne ancora più persone: del resto il primo diritto del lettore, nel decalogo compilato da un autore sagace come Daniel Pennac, è proprio il diritto di non leggere. Il che significa che la lettura presuppone, innanzitutto, una scelta (o meglio ancora una decisione), peraltro potenzialmente infinita, poiché non esiste ambito merceologico altrettanto vasto e variegato di quello librario, nel quale ciascuno si trova a poter liberamente selezionare ciò che più gli aggrada in mezzo a centinaia di migliaia di titoli, ovvero di opportunità.

Purtroppo, però, la lettura è un’abilità e attitudine che si apprende nei primi anni di vita, ma se non nutrita si perde e deteriora. Come evidenziano anche Massimo Toffanin, nel suo intervento sull’opera di alfabetizzazione promossa un secolo fa da Sebastiano Schiavon, e Antonella Cesari con la sua eccellente disamina della situazione odierna, oggi quasi un terzo della popolazione, ma qualcuno suggerisce anche più, incontri gravissime difficoltà nel comprendere un testo complesso, dove per “complesso” non s’intende specialistico o intricato, ma semplicemente un discorso che oltre alle frasi linearmente composte da soggetto, verbo e complemento contenga un inciso, una secondaria, una subordinata. Parimenti il vocabolario medio, quello utilizzato nella comunicazione quotidiana, si è nel giro di pochi decenni ridotto da alcune migliaia a poche centinaia di vocaboli, spesso assimilati o storpiati in un moderno slang di derivazione straniera o tecnica.

Ciò che raramente si considera, però, è che la lettura, pur essendo un’attività fortemente o esclusivamente individuale, è portatrice di un’utilità sociale. Un livello minimo di padronanza e comprensione linguistica è infatti alla base di ogni comprensione, rapporto e relazione, oltre che di tutte quelle capacità critiche, riflessive, cognitive e valutative che risultano di chiaro beneficio per il singolo, ma altrettanto lo sono per la società nel suo complesso. Meno persone ne disporranno, più sarà difficile capirsi, isole raggruppate in arcipelaghi di coscienza sempre più distanti. Finirà che i lettori, sempre meno, potranno facilmente comunicare solo tra loro, o con nessuno: uno scenario degno delle peggiori utopie negative.

A suggello di queste poche riflessioni può esser cosa gradita riportare qui, per chi non la conoscesse o ricordasse, una spesso citata storia della tradizione zen.

“Ho letto moltissimi libri, ma ho dimenticato la maggior parte di essi. Ma allora qual è lo scopo della lettura?”. Fu questa la domanda che un allievo fece al suo Maestro, che in quel momento non rispose. Dopo qualche giorno, però, mentre lui e il giovane allievo se ne stavano seduti vicino ad un fiume, egli disse di avere sete e chiese al ragazzo di prendergli dell’acqua usando un vecchio setaccio, tutto sporco, che era lì in terra.
L’allievo trasalì, poiché sapeva che era una richiesta senza alcuna logica. Tuttavia, non poteva contraddire il proprio Maestro e, preso il setaccio, iniziò ad obbedire a questo assurdo compito. Ogni volta che immergeva il setaccio nel fiume per tirarne su dell’acqua, non riusciva a fare nemmeno un passo verso il Maestro che già non ne rimaneva neanche una goccia. Riprovò decine di volte ma, per quanto cercasse di correre più veloce, l’acqua continuava a passare in mezzo a tutti i fori e si perdeva lungo il tragitto. Stremato, si sedette accanto al Maestro e disse: “Non riesco a prendere l’acqua con quel setaccio. Perdonatemi, Maestro, è impossibile e io ho fallito nel mio compito”.
“No” rispose il vecchio sorridendo “tu non hai fallito. Guarda il setaccio, adesso è come nuovo. L’acqua, filtrando dai buchi, lo ha ripulito. Quando leggi dei libri, tu sei come il setaccio ed essi sono come l’acqua del fiume”. Il Maestro continuò: “Non importa se non riesci a trattenere nella tua memoria tutta l’acqua che fanno scorrere in te, poiché i libri comunque, con le loro idee, le emozioni, i sentimenti, la conoscenza, la verità che troverai tra le pagine, puliranno la tua mente e il tuo spirito, rendendoti una persona migliore e rinnovata. Questo è lo scopo della lettura”.

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