“Il sapere che libera”: al Due Palazzi inaugurato l’anno accademico per studenti detenuti
Un cancello che si apre non solo su un cortile, ma su nuove possibilità di vita. È con questo spirito che si è tenuta l’8 maggio scorso la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico presso la Casa di Reclusione “Due Palazzi” di Padova, alla presenza delle autorità accademiche, istituzionali e degli stessi studenti detenuti. Un evento che non è soltanto formale, ma segno concreto di rinascita e dignità.
Dal 2003 l’Università di Padova è impegnata con dedizione nel progetto “Università in carcere”, nato da un protocollo d’intesa con il Ministero della Giustizia e oggi parte della rete nazionale CNUPP, coinvolgendo 30 atenei e quasi 900 studenti in tutta Italia. A Padova, sono 64 gli studenti detenuti che hanno scelto di affrontare il percorso universitario come strumento di riscatto personale e sociale.
La rettrice Daniela Mapelli, in un intervento ricco di significato umano e civile, ha ricordato: “Il carcere non può essere un luogo dove si spegne ogni speranza, ma deve diventare un ambiente capace di favorire la crescita personale e il reinserimento sociale. L’università ha il dovere civile e costituzionale di contribuire a questo percorso. Gli studenti detenuti non sono ‘altri’. Sono nostri studenti, a pieno titolo“.
Queste parole si sono intrecciate idealmente con l’appello più volte espresso dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché le carceri non siano luoghi di mera reclusione, ma spazi in cui possa avvenire una vera trasformazione: “I detenuti devono potere respirare un’aria diversa da quella che li ha condotti all’illegalità e al crimine”.
Durante la cerimonia, uno degli studenti ha offerto una testimonianza toccante: «Ero in prigione ancora prima di finirci. Ma dopo il mio primo esame ho ritrovato fiducia in me stesso». Parole che richiamano i valori di redenzione e speranza, sottolineando quanto l’educazione possa diventare strumento di libertà autentica.
La rettrice ha poi aggiunto un passaggio di grande forza spirituale: “L’università non è un luogo fisico, ma un luogo dell’anima e della mente. E può esistere anche in carcere. Dove esiste il diritto allo studio, c’è anche la possibilità di libertà, di rinascita, di giustizia“.
In un luogo dove le mura sembrano definire ogni orizzonte, la cultura si fa breccia di libertà, un “viaggio” – come la stessa Mapelli ha detto – “che non ha bisogno di muovere i piedi, ma solo la mente“. L’educazione qui non è solo formazione, ma una vera e propria opera di misericordia, capace di restituire dignità e speranza a chi è stato segnato dall’errore.
La giornata si è conclusa con la prolusione “I benefici di una mente consapevole”, tenuta da Alberto Voci, e un momento di leggerezza e riflessione offerto dal comico Paolo Migone. A completare il quadro, l’esposizione “Musei in Valigia”, frutto del progetto che porta il patrimonio culturale dell’Ateneo dentro il carcere, a testimonianza che bellezza e conoscenza possono sbocciare anche nei luoghi più inaspettati.
In un tempo in cui spesso si parla di giustizia punitiva, l’esperienza del Due Palazzi ricorda il messaggio evangelico: non c’è peccato che non possa essere redento, né prigionia che possa trattenere la luce del sapere e della dignità umana.