La storia del campione agordino di sci Marcello De Dorigo
Il 2 giugno del 1937 a Laste, paesino di montagna situato nel comune di Rocca Pietore tra Marmolada, Civetta e Col di Lana, nasce un bambino a cui viene dato nome Marcello. È figlio di Santo De Dorigo e Flora Bernardi. Appena nato la levatrice nota qualcosa di anomalo che un po’ la preoccupa: il battito del piccolo è lento, troppo lento! Eppure il bimbo cresce normalmente. Nessuno ancora immagina che proprio quel bimbo dal cuore straordinario e lento (da adulto a riposo gli verranno misurati 26 battiti al minuto) è destinato a passare alla storia. Marcello diventa un ragazzino vivace e spiritoso, capobanda delle marachelle, amante dei giri in montagna e di reperti di guerra (più che dei libri scolastici). A Laste viene chiamato da tutti “Celi”.
La vita in montagna all’epoca non è facile e Marcello già da ragazzo impara cosa sono le fatiche, i sacrifici, i valori di una vita semplice basata sul lavoro e sull’impegno. “L’allenamento migliore in montagna si chiama vita” dirà lui stesso qualche anno dopo. Giovanissimo viene inviato dai genitori a Livinallongo a fare il pastore di mucche, occasione buona per osservare e studiare il territorio ma anche per cercare qua e là qualche reperto bellico. A Laste in quegli anni la passione per lo sci è forte e ben radicata, iniziata nel 1920-1921 quando vi era stato fondato uno dei primi sci club italiani (lo Sci Club Alto Cordevole). Durante l’inverno si pratica soprattutto lo sci di fondo, Marcello si avvicina a questo duro sport e durante un allenamento i paesani gli mettono gli sci ai piedi facendolo provare. Con sorpresa di tutti Celi realizza un tempo ottimo. Quella prova di un normale ragazzo di montagna segna l’inizio una vicenda straordinaria che lo porterà a diventare uno dei più grandi fondisti italiani!
Non tutti sanno però che prima del fondo la grande passione di Marcello è il ciclismo. Tuttavia praticarlo in alta montagna è un po’ complicato, in più papà Santo gli nasconde la bicicletta spaventato da un brutto incidente accaduto a un amico ciclista.
Ma torniamo allo sci. Notate le sue doti non comuni lo Sci Club del suo paese lo aiuta ad affinare lo stile e ad amare questo sport. A 15 anni vince nella sua prima trasferta a Forcella Aurine, poi i primi risultati a livello nazionale nel 1956 ad Asiago che gli danno diritto di partecipare ai campionati italiani dove arriva terzo. Nonostante i problemi economici e di spostamento, a sostenerlo c’è sempre lo Sci Club che per l’occasione gli fornisce un nuovissimo paio di sci, molto importanti per lui. Nel 1956 si arruola nel Corpo della Guardia di Finanza e iniziano i suoi grandi successi: nel 1957 vince i campionati italiani ed entra nella squadra azzurra categoria juniores, nel 1958 ai campionati mondiali in Finlandia si classifica 19° nella 15 km realizzando anche il secondo miglior posto in staffetta (per l’occasione un quotidiano riporta il titolo: “Miracolo italiano”). Nel 1959 batte per la prima volta i leggendari nordici fino ad allora mai superati da un atleta centroeuropeo, nel 1960 è primo nella 15 km e in staffetta, partecipa alle olimpiadi di Squaw Valley in California ed è 9° nella 15 km. Nel 1963 i risultati migliori: ai Campionati italiani 1° nella staffetta e 2° nella 15 km. Preolimpiadi in Austria: medaglia d’oro nella 15 km e argento nella 30 km, nell’occasione batte il fortissimo Jemberg considerato il più grande fondista di tutti i tempi. Questo è l’anno in cui partecipa a 45 gare. I paesani festeggiano con grande orgoglio i suoi successi. Nel 1963 gli viene anche dedicata la copertina della Domenica del Corriere, con una famosa immagine che lo raffigura il giorno della grande vittoria a Seefeld (Austria). Nel 1964 alle Olimpiadi in Austria, con poco allenamento a causa di un incidente sciistico, è 27° nella 15 km e 11° nella 30 km, primo miglior tempo assoluto di frazione in staffetta.
A novembre dello stesso anno la Nazionale Italiana si reca in Svezia, a Valadalen, per gli allenamenti. Lì il 28 novembre inizia una drammatica vicenda per Marcello. Quel giorno bisogna battere la pista, i due colleghi partiti prima di lui decidono di tornare indietro ma Marcello vuole continuare ancora un po’ per terminare di battere l’anello da 20 km. Nel bosco vicino al fiume però cala una nebbia fittissima che gli fa perdere l’orientamento privandolo dei punti di riferimento. Senza rendersene conto si allontana dalla pista e si ritrova solo a vagare nel bosco per ore. Intanto cala la notte e le temperature arrivano a sfiorare i -28°. Il freddo, la fatica, lo sconforto si fanno sentire, mani e piedi come pezzi di ghiaccio, occhi che si chiudono dal freddo: Marcello è stravolto e si rende conto che la sua situazione è tragica ma cerca di mantenere calma e lucidità e con tenacia continua la marcia “devi tirare mattina e continuare a muoverti, solo così ti potranno trovare” si ripete. Si reca in cima a una collina e vede in lontananza delle luci, le luci di Valadalen e per seguirle una volta sceso tra gli alberi, fa riferimento a tre stelle che sono allineate nella stessa direzione. Continua a seguire le sue tre stelle ma ad un certo punto si ferma perché sente che si sta congelando, si toglie le scarpette e comincia a picchiettare i piedi con un ramo per riattivare la circolazione e fa dei cicli di movimenti per impedire al gelo di vincerlo. Poi cade e rompe uno sci ma continua a vagare senza sosta per tutta la notte. “Perderò anche un piede ma la vita, la vita è un’altra cosa!” dirà da anziano ricordando ciò che aveva provato quella notte. Solo alle prime luci dell’alba viene trovato da una guida lappone che lo soccorre, lo copre, gli dà qualcosa per rifocillarsi e parte verso Valadalen in cerca di aiuto, tornando poco dopo con i soccorritori in motoslitta. Marcello ha vinto la sua sfida più dura!
Le sue eccezionali risorse fisiche e soprattutto morali, la forza interiore, l’abitudine ai sacrifici e alle rinunce, la determinazione gli hanno salvato la vita ma a causa delle tante ore passate fra i boschi a quelle temperature i piedi sono congelati. Marcello passa cinque mesi in ospedale dove dei medici specialisti gli evitano l’amputazione degli arti, ma purtroppo perde tre dita in entrambi i piedi. Con questa tragica esperienza Marcello termina la sua carriera sportiva ad appena 27 anni. Nel fondo rimane comunque come allenatore, distaccato delle Fiamme Gialle e come direttore al Centro Coni di Falcade.
La sua singolare storia ha ispirato un film uscito nel 2017 realizzato dalla regista trentina Lucia Zanettin che ha saputo cogliere e rappresentare con grande sensibilità l’esperienza di Marcello. Lo dimostra anche il titolo dato al film, Le stelle di Celi, proprio in ricordo di quelle tre stelle che gli hanno illuminato il cammino e dato speranza in quella interminabile e buia notte scandinava. Dal 2 giugno di quest’anno il film è disponibile gratuitamente su Youtube.
Ma la storia non finisce qui. Terminata la carriera sportiva, nel 1965 Marcello torna a Forcella Aurine per iniziare una nuova vita: assieme al fratello Valerio (detto “Ghegi”) con grande intraprendenza fonda la società Fratelli De Dorigo. Pazienti e tenaci mettono in piedi dapprima un piccolo impianto di risalita, poi nel ’71 quello più grande, un bar, un negozietto di articoli sportivi, la scuola di sci, il noleggio sci e la pista di fondo. Forcella Aurine si sviluppa come località sciistica e diventa punto di riferimento per il basso Agordino. Si può dire che generazioni di giovanissimi agordini hanno imparato a sciare sotto la guida di Celi e Ghegi. Proprio a Forcella Aurine a febbraio 2025 in loro ricordo si è svolto il 1° Memorial Valerio e Marcello De Dorigo.
Olimpionico dalle eccezionali imprese sportive, primo centroeuropeo a battere i nordici fino ad allora dominatori esclusivi della disciplina, uomo che ha sconfitto la morte bianca, imprenditore e maestro di sci: Celi è stato tutto questo ma è anche ricordato da tutti anche come una persona dall’animo buono, generoso, umile che ha raggiunto il successo senza montarsi la testa ma restando sotto sotto quel semplice ragazzo di montagna dai forti valori, che ha saputo non arrendersi e affrontare sfide e difficoltà che la vita gli ha messo davanti (tra le quali due gravi e prematuri lutti in famiglia). Insomma un grande campione non solo nello sport ma anche nella vita.
Nel settembre 2024, ad 87 anni, Celi è partito per la sua ultima gara tra le piste del cielo. Ha ricevuto l’ultimo saluto nella sua Forcella Aurine, nella chiesetta accanto alla pista e poi è tornato a riposare a Laste nel suo paese nativo, a cui ha dato prestigio e a cui rivolgeva sempre il suo pensiero affettuoso. Proprio lì durante le esequie è perfino scesa leggera la neve, l’elemento che ha caratterizzato tutta la sua vita. E ora, non possiamo che immaginarlo mentre “scia leggero sui binari dell’eternità” (M. Balbi).
Seefeld, 1963: i festeggiamenti con i compagni per la vittoria

Il rientro in Italia dopo il drammatico incidente del 1964





Qui sotto: due immagini di Laste di Rocca Pietore e la pista di Forcella Aurine (fotografie di Cecilia De Dorigo)


