Sant’Antonio, una devozione tra fede e amicizia

Ricordo di un 13 giugno antico, quando le celebrazioni erano anche occasioni per ritrovarsi

Il buio (ancora) notturno è interrotto soltanto dalle luci dei banchi delle “coronare” e dall’arazzo luminoso raffigurante una iconografia tradizionale del Taumaturgo, quando – sono le 4,20 – arrivano “loro”, i primi pellegrini di ieri, come negli altri anni, del resto, in occasione della festa del 13 giugno, in cammino dalla sera prima per 37 chilometri, tanti ne distano, per strade e stradette, da Cittadella a piazza del Santo.

Sono una quindicina a riposarsi seduti accanto al portone del tempio, con Giuseppe Pan, già sindaco di Cittadella, poi assessore e adesso consigliere regionale del Veneto, il primo cittadino di San Giorgio in Bosco, Nicola Pettenuzzo, il direttore della Usl 2 di Treviso dottor Francesco Benazzi, con amici e familiari. La lunga camminata ha provocato però un malore al dottor Carlo Agostini, di Ca’ Foncello (Treviso), soccorso, portato in ospedale in osservazione, ma le sue condizioni non hanno destato in seguito preoccupazione.

Il cammino di Pan, familiari e amici, si ripete da una ventina d’anni, per chiedere, ripetutamente, a frate Antonio l’intercessione per la salute dell’anima e del corpo, e “mai come in questa occasione, viene sottolineato, chiediamo salute e ringraziamo per esserci ancora, senza dimenticare i nostri morti”.

Frati e collaboratori, intanto, sistemano le duecento sedie per i devoti che vorranno prender posto durante le celebrazioni delle messe ed assistervi attraverso il maxischermo. Con il passare dei minuti, l’afflusso dei pellegrini si fa continuo, e più intenso.

Da Albignasego, da oltre vent’anni, due amiche non mancano mai: Grazia e Donatella sono giunte a piedi. Non sorprende la presenza di un fedelissimo: Ferdinando Antonio Bucci, dal 1975 viene in treno da Termoli; le sue condizioni di salute attualmente non sono buone, ma anche sulla carrozzella, condotto da un amico, è presente di buon’ora. Come prima dell’apertura delle porte del tempio arrivano da Salboro i fedelissimi Gilberto Zanetti, il figlio Daniele e da Maserà Armando Ballotta.

Sette amici arrivano da Monselice (camminando); una quindicina, sempre a piedi, da Este: “un pellegrinaggio che ripetiamo da dieci anni, chi per chiedere, chi per rendere grazie al Santo che intercede presso Dio”.

Da Maserà, organizzati, sono addirittura in 150: partiti alle 3, eccoli alle 5,20 davanti alla basilica, accompagnati da don Michele. Non vengono meno alla tradizione, i cinquanta devoti di San Giorgio delle Pertiche con il parroco don Lorenzo (che concelebrerà la prima messa (alle 6 – officiata dal vicerettore padre Giorgio Laggioni): tutti in bicicletta. Non mancano fedeli da Dolo, la rappresentanza del “Gruppo Euganeo devoti di Sant’Antonio – Bastia Fossona – Bosco di Nanto”.

Ancora, a non smentirsi per una presenza di fede, i cento della Comunità Koinonia Giovanni Battista, provenienti a piedi dal santuario del Noce di Camposampiero – in marcia dalle 22 di sabato, con monsignor Alberto Albertin, hanno fatto alcune soste ed eccoli, alle 7,30 sul piazzale.

Dall’apertura delle porte della basilica, da parte del personale in servizio alle 5,30 (presente il rettore padre Oliviero Svanera), il flusso dei pellegrini è stato continuo: code sia all’arca di frate Antonio, sia, alla Cappella delle Reliquie, con i posti occupati davanti ai maxischermi anche nel Chiostro del Noviziato, e, come detto, sul piazzale.

E se negli altri anni, la costante caratterizzante i primi pellegrini coi quali parlavamo era quella del chiedere grazie a Dio, tramite il Santo, per la salute e per l’anima, quest’anno, e ovviamente, si chiedeva la salvezza dalla pandemia, giusto un richiamo a quel passo delle Litanie dei Santi che suona: “A peste, fame et bello, libera nos, Domine… dalla peste, dalla carestia, dalla guerra, liberaci, Signore”.

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