In Brasile sulle tracce di Ezechiele Ramin, a 40 anni dal suo martirio
“Quem foi Ezequiel Ramin?”. “Chi è stato Ezechiele Ramin?”. Tra i primi a raccontarci la figura di Padre Ezechiele al nostro arrivo in Brasile ci sono le studentesse e gli studenti della Escola Família Agrícola, la Scuola Famiglia Agricola, di Cacoal, la città in cui Padre Ezechiele è vissuto e ha operato in Brasile, prima di venire ucciso a 32 anni, esattamente 40 anni fa.
La Escola Família Agrícola Ezequiel Ramin de Cacoal, fondata nel 1988, anche grazie all’aiuto del Comune di Padova, è uno dei tanti frutti del martirio di Padre Ezechiele e crea un legame sottile ma solido con la figura del gesuita padovano Umberto Pietrogrande che proprio in Brasile, nel 1968, aveva portato la pedagogia dell’alternanza permettendo a tanti giovani di poter seguire una formazione utile alla conduzione delle piccole proprietà agricole delle loro famiglie.
L’occasione del nostro viaggio – organizzato da don Fernando Fiscon, già missionario fidei donum in Brasile per 12 anni e che ha coinvolto una trentina di persone del padovano – è l’anniversario dell’assassinio di Ezechiele Ramin, nato a Padova il 9 febbraio del 1953, entrato nell’istituto dei missionari Comboniani nel 1972 e ordinato sacerdote nel 1980, dopo una formazione in Italia e negli Stati Uniti e un anno di esperienza missionaria a La Paz, una zona molto povera della Bassa California, in Messico.
Padre Ezechiele, “Lele” per gli amici, viene mandato in Brasile nel 1984 e dopo un período a Brasilia per lo studio della língua, raggiunge la sua destinazione, Cacoal, in Rondonia, un posto che negli anni 80 era “senza strade, senza comodità, con tutto ancora da costruire” come scrive Padre Johannis Marthis Parteli, attuale parroco della parrocchia sacra Famiglia di Cacoal, ricordando il ruolo dei comboniani inviati là“che con i loro diversi doni, accanto al carisma missionario, si sono impegnati pastoralmente nell’opzione preferenziale per i poveri a causa delle enormi ingiustizie sociali che opprimevano la dignità umana di troppe persone”.
“Padre Ezechiele ha vissuto a Cacoal solo 13 mesi durante i quali si è impegnato non solo nella comunità parrocchiale e nella Commissione pastorale della terra ma anche, fin da subito, a fianco dei popoli indigeni, dei piccoli agricoltori e dei contadini senza terra cercando una mediazione tra i piccoli proprietari e i jagunços, i pistoleros, gli uomini ingaggiati dai proprietari dei vastissimi latifondi per espandere le proprietà con la violenza a scapito dei piccoli agricoltori” ci raccontano ancora le studentesse della Escola.
È proprio al termine di uno di questi tentativi di mediazione che Padre Ezechiele viene ucciso, crivellato di colpi dai pistoleros, il 24 luglio 1985 a Rondolandia, nel Mato Grosso, a nord di Cacoal. “La riunione fu breve e i contadini, minacciati di morte, accolsero l’invito di padre Ezechiele di abbandonare l’area e di rivolgersi alla magistratura per tutelare i loro interessi. La missione di pace sembrava aver avuto successo e prima di mezzogiorno salirono in auto per ritornare a Cacoal ma i jagunços misero in atto l’imboscata ed uccisero il giovane prete” ci ricorda Antonio Ramin, uno dei fratelli di Ezechiele.
A Rondolandia ci ha portato il nostro viaggio sulle tracce di Padre Ezechiele, il 27 luglio, per partecipare alla “romaria”, il pellegrinaggio sul luogo del suo assassinio. Abbiamo camminato alcuni chilometri assieme a 3000 persone: adulti che hanno conosciuto Ezechiele personalmente, famiglie che tramandano il racconto della sua vita ai figli e alle figlie, giovani coppie, persone, come noi, venute da lontano e da lontanissimo per conoscere, per non dimenticare, per continuare l’impegno di Ezechiele a fianco dei più poveri, per la dignità delle persone e delle comunità.
Particolarmente commovente e intenso è stato, quel giorno, andare sul luogo dell’assassinio insieme a Adilio di Souza, il sindacalista dei lavoratori rurali di Cacoal che accompagnava Padre Ezechiele quel 24 luglio 1985. Adilio ci racconta dettagliatamente il clima, la tensione, il successo dell’incontro con i contadini senza terra e i piccoli proprietari, il rientro e il momento dell’imboscata. Ci racconta, lì, nel luogo dove questo è avvenuto, dell’improvvisa presenza di uomini che circondano il loro mezzo e iniziano a sparare, di come Ezechiele sia caduto crivellato di colpi e di come lui sia riuscito a scappare nella foresta e ad avvisare il vescovo dell’accaduto, dopo un lungo cammino. L’assassinio di Padre Ezechiele è vivo e presente nella sua vita che da allora è cambiata per sempre.
“Adilio, chi era Ezechiele?” gli chiediamo. “Umiltà, carisma, cuore aperto” ci risponde “una persona capace di parlare con tutti”. Così lo ricorda anche Adelir Cataneo do Nascimento, catechista della Comunità della Sacra Famiglia di Cacoal, che sottolinea come in realtà non sia la “sua morte violenta, crudele e barbara” a renderlo ancora così presente e vivo nelle comunità che l’hanno conosciuto, quanto piuttosto “la sua vita, il suo modo di essere, i suoi insegnamenti, le sue esperienze, i suoi gesti e le sue azioni”.
Nella chiesa della Sacra Famiglia a Cacoal la camicia che indossava Ezechiele quando è stato ucciso è appesa, non a caso, insieme ad immagini della sua vita; di vita parla l’albero piantato nel luogo dell’assassinio; di vita, sogni e felicità parlano gli scritti che Ezechiele ci ha lasciato “Una vita che insegue un sogno si rinnova di giorno in giorno. È bello sognare di rendere felice tutta l’umanità. Non è impossibile”.
Un messaggio che si rinnova ad ogni incontro, in ogni immagine che di Ezechiele troviamo nel corso del nostro viaggio, tra cui quella presente nel Santuário dos Mártires da Caminhada (Santuario dei Maritiri del cammino) a Ribeirao Cascalheira, il santuario costruito dal coraggioso vescovo Pedro Casaldàliga nel 1976, che racchiude la memoria dei martiri e delle martiri dell’America latina, morti per la loro scelta di stare sempre e comunque dalla parte delle persone più povere.
Il 17 febbraio 1985, a pochi mesi dal suo arrivo a Cacoal, Padre Ezechiele denunciava in una omelia di essere stato minacciato di morte dai latifondisti: “Qui molta gente ha perso il terreno perché gli è stato venduto. Aveva una casa e gli è stata distrutta. Aveva dei figli e gli sono stati uccisi. A queste persone io ho già dato la mia risposta: un abbraccio grande. Amo molto tutti voi e amo la giustizia, non approviamo la violenza anche se siamo vittime di violenza. Il padre che vi sta parlando ha ricevuto minacce di morte. Caro fratello, se la mia vita ti appartiene anche la mia morte ti appartiene”. Parole a conferma della sua scelta consapevole a fianco della comunità con cui stava camminando.
Il Comune di Padova ha voluto essere al fianco di queste comunità che continuano il sogno di Padre Ezechiele. La targa che il Comune ha appeso alla parete della cappella vicina al luogo del suo assassinio, recita in italiano e portoghese “In memoria di Ezechiele Ramin, giovane missionario comboniano testimone di pace e giustizia nella difesa dei diritti umani dei piccoli agricoltori e degli indios Suruì, nato a Padova (Italia) il 9 febbraio 1953, ucciso a Rondolandia (Brasile) il 24 luglio 1985”. Un piccolo segno perché il ponte creato dalla vita di Padre Ezechiele tra la città di Padova e il territorio brasiliano continui ad essere memoria della sua vita e del suo impegno. Una memoria che nella città di Padova è tenuta viva da persone e luoghi: il centro di documentazione per tanti anni è stato presente presso Angoli di Mondo; il busto in bronzo davanti alla chiesa di San Giuseppe; la strada che a Montà porta il suo nome; l’asilo a lui intitolato alla Paltana.
“Sembrava un omicidio come tanti ma il popolo reagì e riconobbe in Ezechiele il sacerdote difensore dei poveri, così il suo nome continua a diffondersi tra la gente e la Chiesa nel 2016 ha avviato il processo canonico di beatificazione”. Antonio Ramin




