Nikolajewka 80: ieri guerra e oggi…

Storia di un luogo, un evento, una battaglia segnati dall’eroismo, e dalla solidarietà, di alpini e volontari

 

Nikolajewka è un luogo, è un evento, è storia di guerra, di una battaglia. E’ un piccolo punto nero sulla carta geografica dell’immensa (allora) Unione Sovietica, e oggi della meno immensa, ma sempre molto ampia, Russia.

Per gli alpini è memoria, una delle importanti, emblematiche memorie, legate alla loro realtà militare e umana a un tempo, nonché letteraria. Sì, perché Nikolajewka è nelle pagine di autori che hanno legato il loro nome all’epopea delle Penne Nere, alpini loro stessi: i famosi Giulio Bedeschi, Mario Rigoni Stern, Nuto Revelli, il beato don Carlo Gnocchi, facenti parte a loro volta di un’ampia schiera di autori che annovera nelle sue file Enrico Reginato, don Giovanni Brevi, Nelson Cenci, don Carlo Caneva, Ivo Emett, Carlo Venturini, don Carlo Chiavazza, per citarne un drappello e limitatamente alla seconda guerra mondiale.

Il gesto e il grido del generale Luigi Reverberi salito su un blindato tedesco, il braccio levato a indicare una direzione: “Tridentina avanti! Tridentina, avanti!” appartengono a un evento storico, appunto. Un evento che viene puntualmente rievocato ogni 26 gennaio, ricordando quello del 1943. E’ ciò che stiamo facendo adesso, seguendo la continuità, per così chiamarla, nel tempo, di quella battaglia. Perché da allora – sono trascorsi 80 anni – Nikolajewka è diventata realtà alpina – direi materializzata – anche in opere di pace.

Non diversamente possiamo definire quella impresa realizzata nel 50esimo anniversario dell’evento: l’inaugurazione, nel settembre del 1993 dell’Asilo Sorriso, pensato, progettato, costruito dai soci dell’Ana e donato alla popolazione di Rossosch, luogo dove, nella campagna di Russia aveva sede il comando del Corpo d’Armata Alpino. Un’idea del reduce bresciano tenente Ferruccio Panazza, subito accettata dal consiglio direttivo nazionale dell’associazione e portata a termine nel giro di due estati, con fra i protagonisti, Sebastiano e Davide Favero, Bortolo Busnardo, Lino Chies, Cesare Poncato, Sante Cietto, veneti e trevigiani in particolare – presidente dell’Ana, il bergamasco Leonardo Caprioli, reduce di Russia.

Volontari alpini, ex combattenti e giovani soldati del dopoguerra, dunque, uniti nella realizzazione di questa grande impresa che non ha eguali nella storia delle nazioni. Un’associazione d’arma, che per onorare la memoria dei suoi Caduti, torna sul fronte di quella che era stata la guerra, per realizzare un’opera di pace, di amicizia nei confronti dei figli e dei nipoti di quelli che erano stati in altri tempi “il nemico” – ma quando mai? Viene da chiedersi. Quando c’è di mezzo il grande cuore degli alpini – è la risposta…

Ma alla dimostrazione di quel grande cuore non restarono indifferenti tanti italiani che misero mano al portafogli e offrirono quello che potevano, a incominciare dal presidente della Repubblica Cossiga, da quello del Consiglio Andreotti, per continuare con vedove di medaglie d’oro che offrirono l’assegno mensile percepito e a decorati di medaglia d’argento sul fronte russo tornati a baita dopo il tragico ripiegamento.

Era una giornata piovigginosa e uggiosa, quella del 19 settembre 1993, quando l’Asilo venne inaugurato, ma le nubi vennero rischiarate dai cento e cento e cento tricolori portati dalle Penne Nere e da altrettante bandiere nazionali russe che si unirono confondendosi con le nostre… Non era comunque finita, quel giorno. Perché… Ecco la continuità di Nikolajewka. Già! La troviamo nell’Operazione Sorriso, nella quale e della quale entrò a far parte un russo di Rossosch che al tempo della occupazione italiana aveva dieci anni, e che al ritorno dei nostri alpini fu punto di riferimento, amico, collaboratore: il professor Alim Morozov, scomparso nell’agosto 2021 all’età di 88 anni.

Morozov, laureato nel 1961, insegnò storia, scienze sociali, geografia economica ed economia politica per ventisette anni. Appassionato studioso e uomo pratico, tra il 1982 e il 1983 fondò il museo storico-etnografico denominato Museo del Medio Don, che raccoglie reperti e documenti della storia locale di Rossosch: una realtà culturale trasferita quindi, nel 1994, nei locali dell’Asilo Sorriso. Dal 1992 aveva collaborato con l’Associazione Memorial di Mosca e con il Commissariato Onorcaduti Italiano per la ricerca dei cimiteri militari. Per questo lavoro, nel museo, venne allestita una sala italiana che mostra il tragico destino dei nostri soldati in quella campagna di guerra. Un altro spazio fu dedicato alle relazioni amichevoli degli Alpini e dell’Ana che hanno costruito la struttura per i bimbi russi.

Fra i vari libri pubblicati da Morozov, ce n’è uno emblematico: “La mia scoperta dell’Italia e degli Alpini 1942-2012”, tradotto da Gianna Valsecchi, “storica interprete” durante l’Operazione Sorriso, a cura di Sebastiano Favero, Lino Chies e Cesare Poncato, pubblicato in Italia nel 2013 – edizione andata esaurita in breve tempo. Emerge, in questo testo di notevole significato, un’osservazione di quel bambino diventato adulto, nel breve tempo dell’occupazione italiana. I tedeschi intimidivano, razziavano, mentre i nostri pagavano per il cibo e altri generi-merci, o magari ricorrevano al baratto (limoni in cambio di uova, per esempio). Occupanti, quindi piuttosto insoliti, secondo la visuale e l’opinione di quel bambino di dieci anni, che, con altre persone di Rossosch li aveva chiamati (al loro apparire) “quelli con le penne” – un cappello mai visto prima – e quindi definiti, proprio per il loro comportamento, “non sembravano gente di guerra”.

La scoperta degli Alpini fu per il piccolo Alim la scoperta dell’Italia, che non avrebbe immaginato di ritrovare mezzo secolo più tardi per quella operazione di pace e di amicizia di cui si è detto. Il rapporto di collaborazione con gli “alpini di pace” si è intensificato nel tempo al punto a diventare vera e propria amicizia, con visite dello studioso russo in Italia, e per ben quattro volte ospite di Lino Chies in quel di Ogliano…

Ma proseguiamo su questo cammino nel tempo e nello spazio, che fa di Nikolajewka (col suo seguito umano, morale, spirituale) memoria grandiosa e unica nella storia delle nazioni. Non bastava l’Asilo Sorriso, con l’aggiunta di un piccolo parco verde, con i giochi per bambini, la manutenzione garantita e realizzata per diversi anni. Ecco infatti il prosieguo nella stessa Nikolajewka.

Qui giunti, è il caso di aprire una parentesi per dare qualche informazione utile per rendersi conto dello sforzo immane compiuto dall’Ana nell’Operazione Sorriso. Numeri soltanto, nudi e crudi, senza commento.

Estati 1992-1993: costruzione di un asilo scuola materna che potesse ospitare 150 bambini. Materiali impiegati: 150mila mattoni; 5mila quintali di cemento; 1.500 quintali di calce; 2.500 metri cubi di sabbia; 1.500 metri cubi di ghiaia. Lasciamo perdere altri materiali, per venire agli uomini: 590 volontari operativi in 12 turni. Giornate di presenza: oltre 14mila Giornate lavorate: oltre 10mila. Spesa complessiva: 1 miliardo e 100 milioni di vecchie lire provenienti dalle offerte degli italiani e dalle casse dell’Ana. In più, derrate alimentari e materiali vari donati da privati. Per sezione, ecco i numeri maggiori di volontari: Brescia 56; Bergamo 53; Bassano del Grappa 43; Vicenza 26; Verona 21; Conegliano 16. I volontari veneti furono complessivamente 170; quelli del Triveneto: 247. Fra i volontari non ci furono differenze di grado e di ruoli ricoperti durante il servizio militare. Un solo esempio. Il generale a riposo Mario Gariboldi, giovane tenente durante la campagna di Russia, volle impegnarsi materialmente e le sue mani spinsero, non sappiamo quante volte nel cantiere, carriole di malta! Così, altri volontari, elettricisti, carpentieri, idraulici, muratori, professionisti improvvisatisi operai, fornirono il contributo del lavoro manuale per quella costruzione…

E torniamo a dove eravamo rimasti, per così dire, nel prosieguo del nostro percorso della solidarietà. Era il 2013, quando, nel viaggio-pellegrinaggio ufficiale dell’Ana a Rossosch, il Sindaco di Livenka (questo il nome del comune di Nikolajewka) chiese al presidente Sebastiano Favero se gli alpini fossero disposti a costruire un ponte sul fiume Valui, date le condizioni davvero miserevoli, sgangherate, nelle quali si trovava il vecchio manufatto. Già… Il ponte sul Valui, attraversato da tante penne nere durante il ripiegamento del gennaio 1943. E anche in questo caso, storia e memoria fortemente intrecciate nelle vicende degli alpini. Perché no? – si disse Favero, sentiti, ovviamente, i componenti del consiglio direttivo nazionale dell’associazione. Il quale diede lo scontato assenso. Ed è storia recente: settembre 2018, 75 anni dopo la famosa battaglia, in una giornata sorprendentemente canicolare, ecco l’inaugurazione del nuovo manufatto, realizzato dalla Cimolai di Pordenone, con l’impianto di illuminazione della Grimel di Giovanni Perin di Fontanafredda, la stessa – noteremo per inciso – che ha provveduto alle luci tricolori sul restaurato Ponte degli Alpini a Bassano del Grappa.

Una cerimonia sobria ed eloquente ad un tempo, un altro forte segno di omaggio alla memoria dei Caduti italiani e di amicizia nei confronti del nemico di allora. Un altro segno di pace, insomma, come era ed è nel sentimento delle Penne Nere. Ma al di là dell’ufficialità recante il marchio ANA, da quell’ormai lontano 1993, frequenti sono stati i viaggi (che secondo me sono pellegrinaggi veri e propri) di gruppi in quei luoghi così significativi. Gruppi, sì, ma pure singoli alpini si sono recati a Rossosch, Nikolajewka, Novo Kalitva, Podgornoje, Opyt, Postojalyi, Arnautowo, Quota Pisello, lungo le anse del mitico Don, tappe del calvario dei soldati italiani.

Uno di questi è un nostro vicino si casa, per così dire, dal momento che è nato, cresciuto e vive a Trevignano: Luciano Della Toffola, classe 1946, camminatore appassionato, alpino “doc”, cultore di storia, che dai pellegrinaggi a Santiago di Compostella, è passato ai luoghi della campagna di Russia, appunto, affidando la sua testimonianza eloquente a un libro dall’emblematico titolo: “Girasoli a Nikolajewka” (sottotitolo In Russia nei luoghi degli Alpini): la zona infatti è caratterizzata da ampie distese di quelle piante. E’ una sorta di diario scritto al rientro in patria dopo avere percorso nel giugno 2019, oltre 400 chilometri, a piedi ovviamente, guardando, pensando, rivedendo, anche sulla scorta delle pagine dei libri di Giulio Bedeschi, di Nuto Revelli e di Mario Rigoni Stern, quella lunga teoria di alpini in ripiegamento, lungo piste bianche, nel gelo della neve. Spesso commuovendosi, e in qualche occasione, in certi luoghi, davanti a cippi e/o lapidi, lasciando fiori, e magari, ponendosi sull’attenti, e intonare Signore delle cime (che è una grande preghiera)… in memoriam. Tra fede e storia, nonché con la consapevolezza del suo essere alpino, la testimonianza di Della Toffola non si è peraltro esaurita nel pellegrinaggio e nel libro. C’è un di più, un’impronta monumentale, per così dire, che trae origine nel viaggio compiuto tra i testi della narrativa e memorialistica scarpona e la realtà vissuta nel suo pellegrinaggio.

A Montebelluna in via Gazie esiste un ponte ferroviario che ricorda come struttura il sottopasso di Nikolajewka e si trova all’inizio del percorso ciclopedonale “La Tradotta”. Ebbene, proprio lì, Luciano Della Toffola aveva ideato-progettato un monumento alle Penne Nere, da lui stesso poi finanziato e inaugurato il 26 gennaio scorso, 79 anni dopo la battaglia di Nikolajewka. Il manufatto in acciaio (ricavato da due lamiere in acciaio Corten alte due metri, 12 centimetri di spessore, larghe da 6 a 4,5 metri) è stato realizzato sotto il ponte di via Gazie e consta di due parti. Nella prima, sulla parete interna del sottopasso, è un omaggio a Giulio Bedeschi e al suo “Centomila gavetta di ghiaccio”. E’ composto da tre sagome in marcia durante la ritirata e sono riferite a tre personaggi indimenticabili: l’alpino Scudrera con la mitica mula Gigia e il commilitone Sorgato, quello al quale il primo fa dono dell’ultimo suo pezzo di formaggio… Nella seconda parte, alle spalle del ponte, ecco un omaggio a Mario Rigoni Stern e al suo “Il sergente nella neve”. Sotto l’immagine del sottufficiale, la dedica composta dalla data: Nikolajewka 26 gennaio 1943, e un nome: il generale Reverberi.

Credo che questo omaggio alle Penne Nere nel ricordo della battaglia di Nikolajewka rappresenti non soltanto un memento per gli alpini di quella tragica campagna di guerra, ma un segno emblematico, pure, dell’amore di Luciano Della Toffola per la sua Montebelluna e al Consorzio del Bosco Montello destinatari del dono.

Per completezza di informazione va peraltro aggiunto che taglio e assemblaggio delle lastre sono stati compiuti dalla ditta Joint & Welding di Sedico (Belluno)… E qui ci fermiamo, non indulgendo alla cronaca del 2022, che ha visto nuovi eventi bellici (Russia-Ucraina) e un vandalismo (purtroppo, non il primo) da parte russa proprio all’Asilo Sorriso, da parte di sconsiderati, incoscienti, vandali, se non odiatori, che di questa nuova presenza di alpini italiani nella loro patria non hanno capito proprio niente!!! Al contrario della stragrande maggioranza della popolazione di Rossosch (oltre 60mila abitanti) che a quell’Asilo tiene moltissimo, curandolo e dando continua testimonianza di stima e affetto ai nostri Alpini, e dicendo Alpini, diciamo ovviamente Patria Italiana.

Sì, la tanto per certi versi matrigna e non madre patria Italia, qui in terra di Russia ha lasciato un segno indelebile di umanità, di amicizia, di civiltà. Un segno del quale possiamo, noi tutti, insieme alle Penne Nere, andare orgogliosi!

(Relazione tenuta sabato 28 gennaio 2022 a Giavera del Montello)

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