Un testamento spirituale nel Polesine

Gli Aneddoti e ricordi della mia vita, di Carolina Rosatti, ci conducono negli ambienti polesani tra fine Ottocento e pieno Novecento

Un libro, quello di Carolina Rosatti pubblicato nel 2012, di forte valenza umana e pedagogica, certamente non elaborato per la pubblicazione, avvenuta a distanza di tempo per iniziativa dell’assessore provinciale Marinella Mantovani (1). Una sorta di testamento spirituale. Un’esortazione a testimoniare una vita degna, onesta e laboriosa (aggettivi di raro riscontro nel lessico contemporaneo) rivolta alle generazioni di figli e nipoti da parte di chi ha scelto di spendere la propria esistenza per il bene del prossimo nel concreto agire quotidiano.

Carolina Rosatti è una donna determinata, consapevole della sua alta missione di maestra elementare. Nell’ottobre del 1894 Piano, una comunità rurale del Comune di Ariano nel Polesine, con la sua povertà dignitosa, i suoi bisogni individuali e sociali inespressi, la sua attesa di riscatto confusamente avvertita, accoglie la giovane neo diplomata, proveniente da Polesella (Rovigo) dove era nata il 13 marzo 1875. L’impatto con il nuovo ambiente è descritto con straordinario realismo:

“Il luogo di destinazione, Piano, distava ancora 18 chilometri (da Ariano) e all’una e mezza partiva il procaccia postale con un biroccino, unico mezzo di trasporto… Quando imboccammo la via Romea che da Rivà conduce a Piano, affondammo in un mare di sabbia. Qualche casa di canna s’ergeva ai fianchi della via…qualche donna scapigliata o qualche fanciullo scalzo e seminudo, i capelli arruffati, gli occhi sbarrati, veniva fuori a guardare e poi fuggiva dentro impaurito…Finalmente ecco un pianoro. Una casetta alla sinistra e una alla destra in restaurazione. Era la scuola. Non c’era albergo per rifocillarsi, ma due osterie, dove vendevano solo vino. Una donna ci ospitò per la notte. Alcuni giovanetti, saputo del mio arrivo, mi festeggiarono. Un piccolo suonatore, zoccoli di legno, giacca sbiadita fin sotto le ginocchia, le maniche lunghe rimboccate, suonò con una fisarmonica valzer e polche con abilità singolare… Il terreno era quasi tutto dune e paludi, le abitazioni tucul di canna col focolare e il camino nel mezzo; il combustibile canna; le vie, sentieri tra le dune di sabbia… Era un luogo sperduto, senza chiesa, senza medico né levatrice, isolato dal mondo civile. Non c’erano mezzi di comunicazione, né biciclette, né telegrafo, né telefono, né posta”.

In questo ambiente inizia la sua umana avventura che attraversa quasi tutto il secolo ventesimo per concludersi il 23 maggio 1971, all’età di 96 anni. Qui, con i bambini e le loro famiglie, avviene un incontro simile ad un innesto di energie vitali che ben presto superano gli spazi dell’aula scolastica per assumere i connotati di fatto sociale e comunitario. Le pagine del suo diario tratteggiano, senza un esplicito disegno programmatico, la dinamica di un processo di sviluppo, certamente economico – migliori condizioni di vita materiale – ma anche l’esigenza imprescindibile di mantenere vivi i valori umani e religiosi, invocati e testimoniati anche nei momenti cupi della guerra e del dolore. Tra chi si adopera per dare sempre e in ogni circostanza l’aiuto, materiale o morale possibile alle persone, troviamo lei, Carolina Rosatti.

Un piccolo tesoro nascosto, senza pretese letterarie, un linguaggio che parla al cuore e all’intelligenza, privo di citazioni erudite o di artifici retorici, dove i limiti formali che pur si riscontrano qua e là sono prova della spontaneità del linguaggio colloquiale, ma anche di una mancata revisione ortografico-sintattica: segno che l’opera è rimasta inalterata sia all’atto della pubblicazione postuma nel 1971, sia con l’attuale ristampa anastatica, che consegna ai lettori il testo nella sua assoluta integrità. Un piccolo, grande, umile patrimonio emerge oggi a distanza di 40 anni dal cassetto dei ricordi di chi l’ha amorevolmente conservato come una reliquia preziosa, proprio per la natura, energica nell’azione, ma riservata e schiva di Carolina.

L’autrice è una donna che vive immersa nel proprio tempo. Un tempo avaro di serenità, segnato dai dolori della guerra. È votata con appassionata abnegazione all’educazione e all’istruzione dei bambini. Concepisce l’istituzione scolastica come fattore primario di formazione della persona e di emancipazione sia delle giovani generazioni che degli adulti. Nei primi anni del XX secolo la bonifica favorì lo sviluppo agricolo, igienico e produttivo dell’isola di Ariano e le risaie e le valli si trasformarono in campi coltivati a frumento e barbabietole. Anche se la vita per molti continuava ad essere stentata, diminuì la miseria. “Ora avevano tutti un tozzo di pane da rosicchiare” osservò con disarmante semplicità. Le donne cominciavano a vestirsi meglio “…non andavano più a piedi nudi o a zoccoli di legno, ma avevano calze, sandali, scarpe di gomma…Insomma faceva capolino la civiltà tra questo popolo abbandonato quasi, ma non privo di dignità”.

Carolina Rosatti è attenta a cogliere i segni delle vicende non solo locali, ma anche gli avvenimenti, gli ideali, le speranze, le delusioni che agitano il quadro politico e sociale del primo Novecento. Allo scoppio della prima guerra mondiale molti dei suoi ex scolari partono per il fronte. Qualcuno non tornerà più. La rotta di Caporetto (24-10-1917) desta apprensione nella quieta vita dei paesani.

“Noi ce ne accorgemmo quando per la nostra via Romea vedemmo passare le prime carovane trainate da cavalli che portavano donne, bambini e qualche suppellettile. Erano famiglie dell’alto Veneto fuggite perché le loro case erano state distrutte od occupate dal nemico…A Rovigo giunsero i primi sbandati reduci dal fronte, sfiniti dopo tre o quattro giorni di marcia attraverso fiumi e campagne. A vederli facevano pietà e spavento…”.

 La lettura degli eventi precedenti e successivi alla seconda guerra mondiale risente ovviamente degli strumenti di analisi a disposizione, della cultura e del contesto in cui ella visse, peraltro senza doppiezze e con una coerenza assoluta nei valori della fede e dell’amore del prossimo. Non sarà inopportuno ricordare a questo punto che il lettore non deve aspettarsi né pretendere analisi o giudizi storiografici. Le impressioni e le considerazioni sugli eventi più tragici della storia recente sono pagine utili per una ricostruzione del passato, semmai da comparare con altre fonti, nella certezza che spetta al mestiere dello storico ricostruire, interpretare e valutare avvenimenti complessi e drammatici. Lei stessa dichiara umilmente: “Dio mi guardi dal dare un giudizio su ciò che non posso conoscere, ma so che il fratello non deve uccidere il fratello”. Questo è il suo messaggio più profondo.

Lo spirito che circola nel libro, il vero tema su cui riflettere, appare di sorprendente attualità. In un mondo che sembra irrimediabilmente ripiegato sull’egoismo e sulla mancanza di ideali la voce appassionata di questa maestra di scuola elementare non ha perso la capacità di scuotere le coscienze. Il suo intenso e ripetuto richiamo al valore della persona non è soggetto all’usura del tempo. I figli del nostro Polesine si accostino con trepidazione alla lettura degli Aneddoti e ricordi di una vita, di cui giustamente la comunità di Piano conserva e onora la memoria.

  • Il libro, edito in ristampa anastatica da Apogeo Editore di Paolo Spinello, è stato presentato il 29 aprile 2012 presso il Centro Culturale Polivalente di San Basilio. La presente è una delle tre presentazioni dell’opera.

Nelle foto: Carolina Rosatti (Polesella 13 marzo 1875 –  Piano 23 maggio 1971), la maestra che ha lasciato un segno indelebile nella storia della comunità di Piano; la copertina dell’opuscolo, stampato dall’Amministrazione comunale di Ariano nel Polesine, in occasione dell’intitolazione della piazza di Piano alla maestra Carolina Rosatti (2011).

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