Syria Poletti, dal Veneto all’Argentina

Ricomporre la vita con l’inchiostro e con la carta: l’emigrazione nella scrittura dell’autrice nata a Pieve di Cadore

Il periodo Italiano

Addentrarsi nel labirinto della scrittura significa doverosamente soffermarsi sulla biografia di Syria Poletti, la narratrice di origine veneto-friulana definita da Jorge Luis Borges ‒ sui cui insegnamenti ella affina la propria arte ‒ come la migliore e la più autentica scrittrice argentina. Se per lei «Scrivere e vivere è lo stesso» (in Fornaciari, p. 71), è fondamentale ricorrere a un’ottica autobiografica per comprendere il cosciente rapporto fra passato ‒ inteso nella dimensione magica della fanciullezza ‒ e presente, colto in prospettiva metaforica e meta-letteraria, come itinerario nel sé e dentro i libri. In esso, l’immigrazione funge da spartiacque tra un prima italiano e un dopo argentino, facendo emergere temi profondi: malinconia, solitudine, disperazione, morte, ma anche speranza ed appagamento per avere raggiunto, con capacità dialettica, poetica e narrativa, l’obiettivo di essere una brava scrittrice.

Nata a Pieve di Cadore nel 1917, in seguito alla partenza del padre per costruirsi un futuro in Argentina ‒ come accaduto a migliaia di altri connazionali costretti a varcare l’oceano, ad abbandonare casa ed affetti per non soffrire la fame in una patria avara verso i suoi figli ‒, nel 1928 si trasferisce a Sacile dalla nonna materna ‒ Elisabetta Ballarin Pasquali ‒ per tutto il periodo dell’infanzia e dell’adolescenza. Da questo momento, il passato cadenzato dalla desolazione e dalla solitudine ‒ allietata solo dal profondo amore che la lega alla nonna e alla sorella Bertina, trasferitasi a Milano per lavorare come domestica ‒, dalla malattia ‒ causa di un vero e proprio calvario di sofferenza ‒ e dalle mille disavventure, diverrà fonte costante d’ispirazione per la creazione di situazioni e di personaggi, quelli conosciuti e quelli ancora da scrivere. In particolare, a primeggiare sarà la figura della nonna, veggente dalla saggezza istintiva e spontanea, ben tratteggiata nella vecchia «pitonessa con gli occhi da visionaria» (Extraño oficio, p. 40) che prevede gli eventi. Dotata di un sapere antico, la nonna trasmette a Syria ‒ e alla protagonista senza nome del romanzo sopra citato ‒ la passione per l’arte e per la scrittura, ad iniziare dalla composizione delle lettere per gli analfabeti del paese.

Inaugurata con abilità particolare dal prozio prete, che redigeva missive per il vescovo e per tutta la diocesi, questo genere di composizione diviene una vera e propria tradizione di famiglia, l’unico sostentamento della nonna, che intuisce perfettamente i pensieri non sempre espressi dall’ interlocutore / trice, rendendoli in una forma accattivante e poetica. Tuttavia, non sempre le missive assolvono il compito di mantenere vivi i contatti con i parenti lontani, perché la maggior parte degli immigranti taglia il fragile filo della comunicazione per non confessare una frustrazione infinita, cedendo all’inerzia fatale dello sradicamento, ai tentacoli di una città che li rende abulici e silenziosi sino ad annullare la benché minima traccia della loro presenza in quell’Argentina sempre più identificata con il mostro divoratore di padri, di madri, di fratelli e di sorelle.

Ad eccezione della sorella Bertina, ben presto il resto della famiglia ‒ la madre, le sorelle Mietta e Erina, meglio conosciuta come Beppina, e il fratello Giuseppe, detto Beppino −, si ricongiungerà nella provincia di Entre Ríos in Argentina, mentre Syria è costretta a rimanere in Italia per curare una malformazione ossea congenita.  A causa delle difficoltà economiche, dovendo provvedere al proprio sostegno, la giovane lascia la nonna per recarsi presso una coppia di zii facoltosi e dispotici, spesso violenti ed insensibili, che le impediscono di frequentare le scuole medie e la obbligano a sbrigare le faccende domestiche. Dopo una serie di fughe, viene rinchiusa in una sorta di orfanatrofio, l’istituto religioso Toso di Caier di Treviso, dove finalmente si dedicherà agli studi, al cucito e al ricamo. La medesima situazione tormenterà l’infanzia della giovane protagonista di Extraño oficio.

Ottenuto il diploma di maestra d’asilo presso l’istituto Ferrante Aporti di Sacile, in seguito alla morte della nonna (1937), Syria decide d’imbarcarsi per l’Argentina, insieme alla sorella Bertina. Tuttavia, per l’insorgere di un’improvvisa scogliosi deformante, le viene negato il visto, vietandole la partenza tanto agognata. La tremenda delusione non sarà mai completamente superata: la scrittrice identificherà, per tutta la vita, la solitudine con un molo ‒ quello di Trieste «la città dove attraccavano le navi che salpavano per l’America» (Poletti, Línea de fuego,  p. 42) ‒ su cui  Nora Candiani, rivivendo la drammatica esperienza della sua creatrice in Gente conmigo (p. 79), vedrà allontanarsi la nave dei sogni, stipata sino all’inverosimile. Una partenza descritta in termini realistici, nel senso che il reale diviene riferimento essenziale all’interno del racconto, riportando esattamente ciò che è accaduto per lunghi anni.

L’Argentina e la nascita di una scrittrice tra soddisfazione ed amarezza

Soltanto il 6 luglio 1938, grazie all’intermediazione di Bertina, Syria Poletti riesce a salire sulla nave Principessa Giovanna, che salpa dal porto di Genova. Dopo un viaggio avventuroso, durato poco più di un mese, sbarca a Buenos Aires dove la stanno aspettando la maggior parte dei suoi personaggi (Reportajes a los cuatro vientos, p. 64). Ancora un’intera giornata di treno e, giunta a Gualeguay, incontra ‒ con lo spirito di chi arriva da un altro pianeta – la famiglia, a lei completamente estranea, aumentata di un ulteriore fratello, Antonio. Poco tempo dopo si trasferisce a Rosario come insegnante di lingua italiana e, successivamente nel 1948, ottenuta la laurea in lettere all’università di Córdoba, si stabilisce a Buenos Aires con la sorella Bertina. Qui inizia a collaborare, con interventi di carattere letterario, educativo e artistico, a vari giornali, a partecipare a numerose trasmissioni radiofoniche come redattrice bilingue nel Servicio Internacional de Radio difusión Argentina al Exterior (1950-1955), come capo redattore a Radiodiffusione Argentina all’Estero (1955-1965) e come responsabile di numerosi cicli didattici presso Radio Nacional e Radio Municipal. Si tratta di un’intensa attività orientata alla difesa delle condizioni degli emigranti italiani, soprattutto veneto-friulani e in particolare donne. L’intera sua produzione narrativa, dai racconti e romanzi per adulti ‒ Gente conmigo (1961), Línea de fuego (1964), Historias en rojo (1969), Extraño Oficio (1972); Taller de imaginería (1977), Amor de alas (1981), … y llegarán buenos aires (1989) ‒ ai numerosi libri per ragazzi ‒ settore per il quale  ottiene il premio KONEX de Plátino (1984), come migliore scrittore nazionale di letteratura infantile ‒ svolge il tema dell’emigrazione con caparbia ostinazione, quasi con un senso ossessivo per un dramma mai completamente superato.

Sue alter ego, le protagoniste di Syria Poletti ricorrono alla memoria, al viaggio dentro e fuori di sé, all’esplorazione dei sentimenti più celati, presentandosi al lettore come espressione di un clima di profondo disagio sociale. Per sopravvivere, esse si aggrappano al ricordo delle amate montagne, dalle vette altissime, ricche di quadrifogli e di margherite (“Los caballos”, pp. 10-11) e dai nomi evocativi come la “Cima delle Streghe” (“La fuente mágica”, p. 44), dei giochi sulla neve di Pieve di Cadore, del fiume verdissimo, che forma un labirinto di canali a Sacile, la Venezia delle Nevi (“La fuente mágica”, p. 44), del ponte da cui si contempla la città intera, racchiusa dalla cornice azzurra delle Dolomiti che “perdevano i contorni nitidi e sembravano lontane cattedrali sommerse in fumo d’incenso (“Línea de fuego”, p. 167).  Queste immagini si ravvivano attraverso il ricordo di altri personaggi siano essi bambini, giovani ed anziani di ambedue i sessi, umili ed indifesi, imbroglioni arroganti e semi analfabeti, artisti dalle sembianze esotiche, poeti e sognatori, in cui è evidente il profondo senso di esilio, geografico e spirituale, sospesi come sono in una perenne condizione di extraterritorialità, la stessa mai superata da Syria Poletti. Tuttavia, sarà il raggiungimento dell’esperienza estetica a sedare l’ansia dell’ignoto e ad assegnare al dolore il senso del proprio futuro, a «ricomporre la vita con l’inchiostro e con la carta come si rifanno le cellule di un tessuto» (Gente conmigo, p. 19). Pertanto “el oficio”, ovvero la scrittura, diviene l’unico motore della realtà, in grado di cogliere il nesso che unisce il pensiero del mondo e il gioco delle corrispondenze.

Non si contano i numerosi premi ottenuti, le traduzioni delle sue opere in molteplici lingue – purtroppo in Italia appare soltanto Gente con me – che le hanno procurato fama internazionale. Ciò è fonte di amarezza, di sconforto e di sdegno senza fine a tal punto che la scrittrice non perderà occasione per ribadire l’indifferenza del governo italiano nei suoi confronti, sia in pubblico sia in privato. Esemplari in tal senso sono le lettere da lei inviate tra il 1988 ed il 1989 a parenti come Giuseppe Mutti, proprietario di un’antica gioielleria del centro di Sacile e Gemino, il cugino prediletto dalla scrittrice. Importante è soprattutto il carteggio con la docente-giornalista Gabriella Sartori, conosciuta nel marzo del 1988 a Buenos Aires durante il primo Congresso dell’EFASCE (Ente Friulano Assistenza Sociale Culturale Emigrati) e divenuta in seguito sua rappresentante letteraria in Italia.

Le preziose testimonianze d’affetto continuano a tessere quel filo invisibile che unisce la scrittrice ai suoi cari, nonostante la distanza spazio-temporale, ma sono anche espressione di un pensiero assillante: essere riconosciuta nella patria d’origine per i propri meriti artistici e per l’impegno di rappresentante della cultura italiana in America. Non a caso il governo italiano le affida il ruolo di portavoce per l’emigrazione e le conferisce in un secondo momento – precisamente nel 1988 – l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica. Se tardivo è il riconoscimento ufficiale da parte dell’Italia, costante e immediata è la stima che le numerose comunità veneto-friulane sparse su tutto il territorio argentino le dedicano: oltre a nominarla presidente onorario dell’associazione friulana EFASCE, vicepresidente del Circolo culturale San Marco e di quello argentino-friulano, le assegneranno un premio speciale (1989). In tal modo è ripagato, almeno in parte, l’infaticabile impegno di Syria Poletti che ha dedicato vita e opera ad un fine ben preciso: trasmettere l’identità italiana all’estero, compiendo un vero e proprio percorso iniziatico personale e collettivo.

Tuttavia, l’anelata pensione mensile richiesta al governo italiano per la sua attività di divulgatrice della cultura italiana, o l’ospitalità in Veneto o in Friuli non sono mai giunte. Con grande risentimento, la scrittrice insiste nel denunciare la gravissima crisi economica che segna gli ultimi due anni del governo Menem, incapace di contenere l’iperinflazione galoppante, il debito estero e la corruzione che dilaga nell’intera classe dirigenziale: il Presidente stesso sarà accusato di corruzione e di appropriazione indebita. La drammatica situazione è ormai sfuggita ad ogni controllo con la conseguenza che il paese è completamente allo sfascio, sprofondato nella miseria, tra condizioni igieniche precarie e con un altissimo tasso di disoccupazione.

Non sorprende, pertanto, lo sfogo di Poletti che, nella lettera del 21/03/1988 indirizzata a Gemino, manifesta il suo risentimento nei confronti della patria di accoglienza, ma anche di quella d’origine. L’Italia, infatti, si rivela del tutto insensibile nei confronti della situazione degli anziani emigrati i quali, come lei, versano in difficili condizioni, addirittura «molti fanno la fame pur avendo lavorato tutta la loro vita. L’emigrazione è stata uno sbaglio o un ingiusto castigo?» (In Gallo, p. 78). La domanda mette in discussione l’espatrio stesso, considerato che, dopo tante sofferenze e duro lavoro, gli anziani hanno perduto ogni loro bene. Compito dell’Italia sarebbe soccorrerli, aiutarli a superare con dignità i problemi in quest’ultima fase della loro vita, ma così non è.

Quando muore a Buenos Aires nel 1991, ha nel cuore il rimpianto di non essere sufficientemente considerata in Italia. Tuttavia, il sogno di vedere i libri esposti sugli scaffali delle librerie italiane, anche soltanto veneto-friulane, o di essere oggetto di interesse almeno da parte di alcuni studiosi di letteratura ispano-americana, non è più un’utopia. Indubbiamente, negli ultimi vent’anni anni, la situazione è mutata, grazie alle molteplici iniziative congressuali, al diffondersi di studi critici, di traduzioni che si concretizzano nella realtà veneto-friulana, quella delle origini a lei più familiare, fonte di amarezza, ma anche d’ispirazione costante, con i colori dei suoi paesaggi, con la gente rude e forte dinnanzi alle avversità, con usi e costumi che ne costituiscono il vissuto culturale e formativo. Attraverso il processo d’individuazione collettiva, si è concluso anche l’itinerario psicologico, comprensivo del divino e del demoniaco, impliciti in ogni essere umano.

Bibliografia citata

Poletti, S. (1967): Gente conmigo,1962. Buenos Aires: Losada.

Poletti, S. (1971): Extraño oficio. Buenos Aires: Losada.

Poletti, S. (1974): “Línea de fuego”. In S. Poletti,  Línea de fuego (pp. 165-182). Buenos Aires: Losada.

Poletti, S. (1974): “Los caballos”. In S. Poletti,  Línea de fuego (pp. 9-20). Buenos Aires: Losada.

Poletti, S. (1982):  Línea de fuego. Buenos Aires: Belgrano.

Poletti, S.  (1983): “La fuente mágica”. In S. Poletti,  Marionetas de aserrín (pp. 149-184). Buenos Aires: Abril.

Fornaciari, D. (1987): “Reportajes periodísticos a Syria Poletti”. In S. Poletti, Taller de imaginería (pp. 143-171). Buenos Aires: Losada.

Poletti, S. (1989): “Reportajes  a los cuatro vientos”. In S. Poletti, …y llegarán buenos aires (pp.67-74). Buenos Aires: Vinciguerra.

Gallo, C. (2004): “L’inedito epistolario di Syria Poletti”. In S. Serafin (a cura di), Contributo friulano alla letteratura argentina (pp.71-93). Roma: Bulzoni.

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