San Francesco precursore dell’animalismo? Non esattamente

Il senso profondo, e spesso frainteso, del Cantico delle creature

Forse perché non si fa più – come ai miei tempi – festa a scuola, il 4 ottobre è passato senza che mi ricordassi di san Francesco. Ma ora che nella vicina chiesa a lui intitolata è annunziato un triduo di solenni celebrazioni per accogliere una sua reliquia, mi torna in mente che ottobre è pur sempre il mese di questo santo, patrono d’Italia, che dovrebbe essere meglio compreso e meno abusivamente sfruttato. Ognuno cerca di tirare acqua al proprio mulino, si dirà. Ultimamente però sembra proprio che il “mugnaio” stia esagerando. 

Succede infatti che Francesco d’Assisi venga sbandierato – quasi gli facessero una generosa concessione – come precursore del cosiddetto transumanesimo o animalismo: una “filosofia” secondo la quale, “decostruiti i confini dell’uomo”, caduta ogni distinzione fra mondo umano animale e vegetale e l’etica stessa da antropocentrica diventata biocentrica, attraverso la umanizzazione della natura e la naturalizzazione dell’uomo si attua la fraternità universale.   

 “Che sia questo” conclude Umberto Galimberti ne L’etica del viandante, pag. 419 “che sia questo il senso profondo del Cantico delle creature di Francesco d’Assisi, che chiama ‘fratello’ o ‘sorella’ l’acqua, l’aria, la pioggia, il sole, la luna, le piante, gli animali, estendendo la fratellanza non solo alla comunità degli uomini, ma a tutte le creature, ognuna delle quali garantisce la vita alle altre dal momento che tutte sono reciprocamente connesse”.

Un discorso assai singolare, che inizia in forma di domanda e termina con la certezza di una affermazione. Mentre invece il senso profondo del Cantico delle creature è – basta leggerlo – l’Altissimo, onnipotente, bon Signore che tutte le ha create, utili all’uomo e fraternamente a lui unite nel comune riferimento all’unico Padre, ma anche sostanzialmente differenziate e rese inconfondibili con l’uomo che “per” esse rivolge la sua lode a Colui che solo è possibile lodare, e intanto sostiene quaggiù il suo dramma di dolore peccato e redenzione nella speranza di elevarsi fino a Lui: Beati quelli ke ’l sosterranno in pace – ka da te, Altissimo, sirano incoronati… guai a quelli che morranno ne le peccata mortali…                                                                                                

In quanto poi alle aperture dottrinali e religiose che spesso gli sono state attribuite, è vero che san Francesco non fu un persecutore di eretici, ma è altrettanto vero che alle aperture mise un inequivocabile limite, sottoponendo la propria ortodossia e la regola del suo Ordine al giudizio della Chiesa e all’autorità di due Papi. E che andò in Oriente non a cercare   un dialogo interreligioso nel senso attuale di “venirsi incontro”, ma per convertire i musulmani dalla loro all’unica vera fede nella Croce di Cristo.

Così, con buona pace di tutti i socialismi che più o meno lo vorrebbero arruolare e anche del nostro comune buonsenso, san Francesco non divide la sua veste né il suo pasto col mendicante ma bacia il lebbroso e prende in sposa madonna Povertà perché è quella che gli porta la più ricca delle doti, la libertà dalle tentazioni e dai condizionamenti della ricchezza:      

la lor concordia e i lor lieti sembianti,

amore e maraviglia e dolce sguardo

facieno essere cagion di pensier santi…               

Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro

dietro allo sposo, sì la sposa piace…   

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