“Il Popolo Veneto”, laboratorio di comunicazione etica
Per un bilancio di fine anno: qualcosa di nuovo può accadere se…
Perché leggi Il Popolo Veneto? Quali i valori nei quali maggiormente ti riconosci? “La visione della cultura come generatrice di umanità, l’attenzione profonda alle dinamiche di tipo sociale, un’antropologia che pone al centro la dignità di ogni persona, una visione cristiana del mondo e della vita”.
Si tratta di una sintesi dei molti feedback ricevuti nel corso dell’anno da parte dei lettori. Essi contribuiscono a delineare il profilo di un progetto editoriale che potremmo definire un laboratorio di comunicazione etica. Si respira aria di “futuro antico”, sulle orme di Sebastiano Schiavon, che nel 1921 vide nascere Il Popolo Veneto come organo regionale del Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo e dove gli venne offerto un posto come ispettore (per saperne di più:, consultare la voce “Il nostro progetto”).
Se oggi fosse tra noi, certamente Sebastiano non resterebbe indifferente di fronte alle situazioni di povertà culturale ed educativa crescenti, in particolar modo tra i più giovani. Esse si alimentano delle complessità sociali, economiche, etiche e culturali, che contribuiscono in modo quasi irreversibile all’aumento esponenziale di adulti e cittadini sempre più sganciati da tessuti valoriali e di fiducia verso le comunità nelle quali vivono, ormai sempre più anonime e a tratti minacciose.
L’impegno sociale, sindacale, civile di Sebastiano Schiavon trovava forza e vigore nella sua capacità di comunicare. Immaginandolo tra noi, sicuramente ci avrebbe spronato ad andare al cuore delle questioni. Posto che il comunicare autentico è necessario per la sopravvivenza delle comunità umane, come usare i mezzi di comunicazione perché diventino strumenti di condivisione, collante unitivo nel perseguimento del bene comune? Come trovare nella Babele odierna la possibilità di una comunicazione vera, autentica, in cui le parole e le immagini siano recepiti e capiti?
Non sfugge infatti che, nonostante le numerose opportunità offerte dai mezzi di comunicazione sociale (stampa, radio, televisioni, Internet), la nostra società appare in preda a numerosi blocchi comunicativi, laddove la comunicazione autentica può avvenire solo se, oltre al messaggio, passa anche “un supplemento di anima”.
Abile comunicatore, Sebastiano Schiavon ci avrebbe sicuramente orientato a riconoscere le grandi opportunità offerte dai moderni strumenti della comunicazione digitale, al servizio di una comunicazione etica. Ci avrebbe incoraggiato a comunicare bene attraverso il web – il mezzo più diffuso di comunicazione di massa- a condividere, a scambiare, nell’interesse comune, informazioni precise e veritiere, conoscenze, bisogni, atteggiamenti, emozioni e percezioni su tematiche di interesse comune.
Per questo Il Popolo Veneto, più che un periodico di informazione, si propone come un laboratorio di comunicazione etica, una sorta di “agorà virtuale” dove incontrarsi, interpellarsi, mettere a confronto idee, nella convinzione che la comunicazione autentica sia una conquista più umana che tecnologica.
I contributi proposti permettono di identificarsi, di ri-conoscersi nella storia del proprio territorio e non solo, di sentirsi parte di una comunità, impegnata ad assumersi la responsabilità nei confronti delle generazioni future.
É soprattutto attraverso le narrazioni, il recupero della memoria personale e storica che costruiamo una versione di noi stessi nel mondo, ed è attraverso la sua narrativa che una cultura fornisce ai suoi membri modelli di identità e di capacità d’azione affinché qualcosa di nuovo e di buono accada” (cfr. J. Bruner).
Il Popolo Veneto concorre così a tessere la trama di un auspicato e auspicabile tessuto sociale e civile inclusivo e democratico. Esso si rende possibile solo attraverso il potenziamento di quelle che oggi vengono definite “occasioni di progettazione integrata”, attraverso la sinergia e il coinvolgimento di tutte le agenzie e risorse culturali di un territorio, la scuola, la famiglia e le istituzioni. Solo così è possibile tessere la trama di quella che potremmo definire un Patto di comunità credibile, dove gli obiettivi che condividiamo ci dicono quello che siamo e la cura che mettiamo nell’impegno per il bene comune ci dice a chi apparteniamo.