Sul principio di non contraddizione… oggi

A guardare il nostro presente, lo si direbbe assai poco seguito

Un tempo lo sapeva perfino il diavolo. Come, nel XXVII canto dell’Inferno, può testimoniare Guido da Montefeltro il quale, dopo aver passato gran parte della sua vita a imbrogliare con successo il prossimo, se ne era poi pentito e, vestito il saio dei francescani, camminava ormai sulla retta via della salvezza: quando Bonifacio VIII ebbe bisogno del suo spregiudicato consiglio per togliere ai Colonna il castello di Palestrina e, di fronte alle obiezioni morali e religiose da lui avanzate, lo rassicurò con una assoluzione preventiva. Così Guido cedette all’autorità del papa, persuaso di essere assolto in anticipo da quel peccato di frode. 

Ma il diavolo, venuto a prelevare la sua anima dopo la morte, gli spiega che quella assoluzione non vale, perché non si dà assoluzione senza pentimento né pentimento contemporaneo al peccato: ch’assolver non si può chi non si pente, / né pentere e volere insieme puossi / per la contraddizion che nol consente.

Sarà forse per smentire il diavolo che ormai la contraddizione consente tante cose da lasciare, più che sorpresi, interdetti e senza parole? E il peggio è che nessuno sembra accorgersi, per esempio, di come, mentre si reclamano a gran voce pari opportunità per i più deboli, l’aborto nega la prima e fondamentale opportunità, quella di nascere, all’essere umano più debole e indifeso che ci sia, il bambino nel grembo materno. E come, in generale, mentre si professa uno sviscerato rispetto, anzi venerazione e culto, verso la Natura col seguito di divieti, imposizioni e ostracismo sociale che ben conosciamo, nel contempo di quella medesima Natura la sperimentazione scientifica sconvolge l’ordine, con inaudita violenza penetrando le sue più intime fibre e cancellando tutti i suoi limiti.

Ma la Natura non è solo vita e legge di vita, ha anche, per così dire, un lato estetico: e quanti bei paesaggi vengono rovinati, deturpati e offesi con trasformazioni e aggiunte del tutto fuori luogo dalla stessa mano dell’uomo che ha anche contribuito alla loro bellezza?

Si entra così nel campo delle opere d’arte, dove salta agli occhi l’incoerenza degli “addetti ai lavori”, i quali da un lato si prodigano a restaurare quelle che rischiano di andar perdute e, dall’altro lato, permettono ed effettuano accostamenti, mutilazioni e sovrapposizioni che gridano vendetta al Cielo.

Del resto incoerenza e contraddizione dominano ovunque.

Nella scuola, dove al deprecato nozionismo dei tempi andati si è sostituita la sua forma più radicale finora conosciuta, l’informatica; nella società, che si preoccupa tanto di affermare e fare emergere il valore del “diverso” e, insieme, cerca di fondere in una uniformità globale tutti i popoli e le loro diverse culture; nella politica per la quale, se difendo la sovranità del mio paese, divento subito sovranista mentre poi, secondo i casi, sono in dovere di difendere a oltranza, anche con la guerra, quella degli altri. Ovviamente, dalla metà del XX secolo sono solo guerre di pace…

“Tu scopri l’acqua calda. Queste cose” mi sento dire da più parti “queste cose le sanno e le vedono tutti e, a forza di vederle, chi vuoi che ci faccia più caso…”. A meno che non sia stato il diavolo a farci “superare” anche la logica, in modo da portarci più sicuramente tutti all’inferno.

René Magritte, Décalcomanie, 1966, © Photothéque R. Magritte / Banque d’Images, Adagp, Paris, 2016

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