Il vero volto di Gesù: una questione non solo iconografica, ma anche teologica
La controversia riguardante la natura divina e umana del Redentore
“Chi dice la gente che io sia?… E voi, chi dite che io sia?”.
“Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”.
La risposta di Pietro, ripetuta in tutti e tre i Vangeli di Marco, Luca e Matteo, è chiara e certa. Tuttavia in seguito si sentì il bisogno di specificarla – e si può dire che quella complicatissima e dibattutissima sistemazione dottrinale che nei primi quattro-cinque secoli va sotto il nome di Patristica, essenzialmente altro non è che ulteriore risposta a questa domanda, cioè definizione secondo verità della realtà ontologica di Gesù. La durissima controversia fra Ario e Atanasio – e rispettivi seguaci – viene risolta, come s’è visto, dal Concilio di Nicea che riconosce e afferma la identità di sostanza del Figlio col Padre.
Un’altra controversia altrettanto accesa riguarda la natura umana e divina di Gesù. La tendenza ad accentuare uno di questi due aspetti fino a escludere l’altro era molto diffusa e solo molto lentamente si esaurì anche dopo che i Concili di Efeso (431) e di Calcedonia (451) ebbero condannato ogni forma di monofisismo e stabilito che divinità e umanità sono unite “senza mescolarsi” nella persona di Gesù vero Dio e vero Uomo. Tuttavia quella forma di monofisismo che nega la natura divina di Gesù per affermarne esclusivamente la natura umana, non solo torna a riproporsi ogni tanto nel corso della Storia, ma sta prendendo sempre più campo al tempo nostro, il quale – forse per influsso islamico?- mentre tende ad allontanarsi dalla religione cristiana sembra però non poter fare a meno di Cristo e lo esalta, in chiave rigorosamente “laica”, come modello e maestro di valori quali la gioia di vivere, l’altruismo, la pace e così via. Condotta allo scopo di correlare la fede religiosa alla cultura moderna e postmoderna, o, più semplicemente di estrapolare dalla religione, prima di buttarla a mare, qualcosa che può ancora esserci di buono, in questo caso, la figura di Gesù; e rivestita di forme accattivanti perché sembra riportare a Cristo anche quelli che cristiani non sono, questa operazione si svolge a vari livelli: giornalistico, letterario, critico e storico.
Molti sono gli esempi che se ne potrebbero fare. Qui mi limiterò a due libri di recente pubblicazione e spessore culturale assai diverso: La legge del desiderio di Massimo Recalcati e Gesù veramente di Luigi Maria Epicoco, nel quale l’autore intende “scoprire il volto umano di Gesù, un Gesù che ride e che piange, che si arrabbia e che si commuove”. Questa breve presentazione pubblicitaria del secondo è già sufficientemente indicativa di un livello quanto meno semplicistico. Il primo è molto più complicato, perché Massimo Recalcati deriva da Lacan, Sartre, Freud e altri autori una sua teoria dell’uomo nuovo, uomo del desiderio di vita, tutto immanente e terreno – ad esemplare conferma della quale, attraverso un adattamento assai discutibile di alcuni passi dei Vangeli, si serve della figura di Gesù, modello e maestro, come pochi altri saggi, di una morale liberatoria ancor oggi condivisibile.
Dunque, mentre le argomentazioni degli antichi monofisiti si svolgono sempre in ambito teologico e nel riferimento religioso di cui nessuno dubita, i monofisiti moderni, anzi contemporanei, dei quali si possono prendere ad esempio i due libri citati, si limitano a prelevare dai Vangeli e interpretare a modo loro quel poco che, bene o male, può servire a un discorso a sé stante e “ateo” (tanto per dare un’idea, Recalcati psicoanaliticamente presenta i tre miracoli di resurrezione come “tagli simbolici di legami divenuti soffocanti, mortiferi”). E tutto il resto, cioè la gran parte dei Vangeli che testimonia la divinità di Gesù? Semplicemente, come se non ci fosse.
Ma che attendibilità può avere un documento che presenta due testimonianze opposte? E come posso, non diciamo scientificamente ma anche solo ragionevolmente, prendere per buona una parte e arrangiarla alla mia tesi, mentre tutta l’altra è con essa inconciliabile? A meno che non siano vere non l’una o l’altra, ma ambedue. Che è poi quanto afferma la religione cristiana “perché soltanto un Dio incarnato avrebbe potuto riportare l’uomo decaduto alla sua condizione primordiale di immagine di Dio” pagando una volta per tutte il debito di Adamo col sacrificio della Croce.
Ma senza quest’atto di redenzione universale, senza questa proiezione trascendente e ultraterrena, la Crocifissione stessa perderebbe ogni senso e ragion d’essere… Siamo tutti liberi liberissimi di non crederci, ma non, siccome con i suoi non riusciamo a sopportarlo, di rivestire Gesù con i panni nostri.
