L’ora di religione e la Bibbia: tra espressione di fede e conoscenza delle nostre radici

Riordinando vecchi ritagli di giornali – cosa che amo fare – ho ritrovato un’intervista su “Avvenire” del 13 agosto 2009, rilasciata dall’autorevole filosofo veneziano Massimo Cacciari a Francesco Dal Mas. L’argomento riguardava “L’ora di religione nelle scuole”. Sebbene si autodefinisca non credente, egli dimostra, senza pregiudizi precostituiti o ideologici, una profonda sensibilità per le questioni religiose e spirituali.

Ben appare nella seguente risposta, in cui il saggista afferma che: “L’ora di religione è fondamentale e dovrebbe essere obbligatoria. Sarebbe assolutamente necessario battersi perché ci fosse un insegnamento serio di storia della nostra tradizione religiosa. Lo stesso vale per le università, sarebbe ora che fosse permesso lo studio della Teologia nei corsi normali di Filosofia, come in Germania”. In sostanza, egli condivide quanto stabilito dai Patti Lateranensi nel 1929, dove la frequenza dell’insegnamento era imposta per legge; tuttavia con la revisione del Concordato del 1984, essa è diventata facoltativa.

L’interessante intervista dibatte un argomento più che mai di attualità in una società sempre più multietnica e in un periodo di secolarizzazione: termine che, semplificando il concetto, significa chiese vuote. Tuttavia, Papa Francesco ripeteva che essa non ha causato la fine della religione, bensì il suo cambiamento. Infatti, con il passare del tempo e ovunque, si è formata una sorta di comunità religiosa eterogenea e trasversale fra tutti i ceti sociali. Definita è dagli studiosi di teologia con l’espressione believing without belonging ‒ credere senza appartenere ‒, come dire “Dio sì, ma Chiesa no”.

Il professore Cacciari, in maniera sapiente e appassionata, sottolinea l’utilità della conoscenza della Bibbia. Sentite con che ardore, con quali parole lo fa: “Per me è fondamentale il fatto che non si può essere analfabeti in materia della propria tradizione religiosa. È una questione di cultura e di civiltà.  È assolutamente indecente che un giovane esca dalla maturità sapendo, magari malamente chi è Manzoni, chi è Platone e non sappia chi è Gesù Cristo. Si tratta di analfabetismo”. A me questa sua vibrante esortazione alla conoscenza religiosa fa tornare in mente la profezia di Dante (Paradiso Canto XIX): nel giorno del Giudizio, ci saranno molti infedeli più vicini a Cristo di tanti cristiani che non hanno meritato questo nome.

È un vanto per noi veneti sapere che la prima traduzione della Bibbia in lingua italiana venne stampata, nel 1471, proprio a Venezia. All’epoca ne era vietata la lettura diretta. Martin Lutero, ancor dopo questa data, venne cacciato dalla Chiesa perché sosteneva la necessità di tradurre il Testo in tutte le lingue. 

La Bibbia ha influenzato profondamente l’identità del nostro Paese. Da essa hanno tratto ispirazione, in ogni tempo, i maggiori artisti del mondo: pittori ‒ da Giotto a Chagal ‒, scultori, architetti, musicisti e scrittori. Lungo sarebbe l’elenco. Molti sono i veneti ‒ attratti dai temi biblici ‒ che hanno concorso a creare l’immenso patrimonio d’arte religiosa, custodito nelle chiese e nei musei, non solo d’ Italia. Basti nominare, per esempio, Tiziano, il famoso pittore di Pieve di Cadore, con cinque dei sui capolavori esposti nella chiesa Santa Maria della Salute di Venezia e con l’Assunta visibile ai Frari, oltre a tante altre sue opere situate nelle diverse Chiese veneziane. Ed ancora Giorgione di Castelfranco: uno dei suoi più conosciuti e ammirati dipinti è La Tempesta è esposto alle Gallerie dell’Accademia.

Conoscere questo Testo universale è un prezioso aiuto a comprendere i vari aspetti della nostra società; dall’arte alle tradizioni e alle festività. Ma se si ignora il Vangelo come si può essere capaci di comprendere l’incantevole raffigurazione ‒ sintesi di fede e d’arte ‒ che ne fa Giotto, nella famosa Cappella degli Scrovegni, a Padova. Migliaia e migliaia sono i visitatori che, accorsi da tutto il mondo per visitarla, vengono rapiti dalla sua straordinaria bellezza.      

Da una recente statistica riportata da Padova Oggi ‒ 6 agosto 2025 ‒ in cui la città patavina figura sul podio della classifica delle località italiane più appassionate di lettura del corrente anno, si posiziona al primo posto il volume Il Dio dei nostri padri di Aldo Cazzullo, “che guida il lettore in un viaggio appassionante dentro la Bibbia, raccontata come il più grande romanzo mai scritto, con continui richiami all’attualità e alla storia dell’arte”. Ciò significa che è profondo il bisogno del divino anche in tempo di secolarizzazione. Pertanto, non deve stupire il fatto che, per il Giubileo dei Giovani ‒ tra il 28 luglio e il 3 agosto 2025 ‒ siano giunti a Roma, da ogni luogo della terra, oltre un milione di ragazzi.

Oggi l’ora di religione è offerta in tutti gli istituti statali e parificati, dalla scuola dell’infanzia sino alle superiori. Seppure non sia diventata obbligatoria, come auspicava Massimo Cacciari, la frequenza è piuttosto alta: nel suo insieme, in Italia, siamo attorno all’84 per cento di studenti. Essi si sono avvalsi di questa opportunità per iniziare un percorso di crescita umana, per conquistare una maggiore comprensione e consapevolezza delle radici morali ed etiche che stanno alla base di leggi ed istituzioni.

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