Il Festival del Cinema di Venezia e la Chiesa: da Sarto a Pizzaballa attraverso Roncalli
Dal 27 agosto al 2 settembre si è svolta a Venezia la 82 Mostra internazionale d’arte cinematografica. In questi pochi giorni al Lido hanno sfilato sul famoso red carpet celebrati attori, modelle in abiti stravaganti, personalità dell’arte, dello sport, della televisione. Ma nessuno si aspettava che nella sala al momento della proclamazione dei vincitori, Pierangelo Buttafuoco, presidente della Biennale, al termine del suo lungo discorso conclusivo, facesse comparire sugli schermi la figura di un cardinale della chiesa cattolica, Pierbattista Pizzaballa. Il patriarca di Gerusalemme è intervenuto sul conflitto israelo-palestinese e sulla tragedia di Gaza. L’invito al cardinal Pizzaballa e il suo intervento a Venezia rompono gli schemi e chiamano tutti alla comune responsabilità. Gli artisti, i pittori, i poeti, i registi, non possono che essere i protagonisti del nuovo modo di raccontare il mondo.
Questa impensabile situazione mi ha fatto ricordare il gesuita padre Piero Filippetto e il cardinale Roncalli. Infatti nei due anni trascorsi a Venezia, tra il 1956 e il 1958, il gesuita padovano ha la fortuna di collaborare con il Patriarca di Venezia cardinale Angelo Roncalli, su invito del suo segretario monsignor Loris Capovilla, per mettere in atto un progetto d’inserimento della Chiesa nel mondo non solo dell’arte, ma anche del cinema e del teatro. Il cardinale voleva essere al passo con i tempi e superare il divieto, emesso dalla curia veneziana 50 anni prima dall’allora Patriarca Giuseppe Sarto, il futuro Pio X, che impediva al clero di partecipare alla Biennale di Venezia. Interessantissimo è l’articolo che lo stesso padre Filippetto, nel 1964, pubblica in lingua tedesca per la rivista Erbe und auftrag dal monastero di Los Toldos in Argentina, in riferimento ai due anni da lui trascorsi a Venezia. Riporto integralmente l’articolo, dal titolo Ricordi sul Cardinale Roncalli.
Negli anni 1956-58 ho avuto l’opportunità di conoscere l’allora patriarca di Venezia e futuro Papa Giovanni XXIII. Lo vidi per la prima volta in occasione di un colloquio che mi aveva concesso per discutere di una certa pubblicazione. Gli fui presentato dal suo segretario privato, Monsignor Capovilla, che tempo dopo sarebbe divenuto la sua ombra in Vaticano. Così, per la prima volta, mi trovavo davanti a questo buon uomo sorridente i cui ultimi anni di vita avrebbero ringiovanito il mondo. Si fermò in uno dei suoi gesti caratteristici di incrociare quelle mani piuttosto grandi sopra il petto e mi chiamò come se mi conoscesse da tempo: ‘Venga reverendo, venga!’ Ci sedemmo alla sua scrivania e si dedicò ai nostri progetti con grande interesse. Durante il discorso capitò su una pubblicazione che paragonò a quella da me pianificata e che mi volle mostrare. Senza tanti giri di parole avvicinò una sedia alla libreria, vi salì sopra e prese un libro dallo scaffale più alto. Tutto avvenne con un’agilità che nessuno si sarebbe aspettato dalla sua corporatura.
A questo colloquio sarebbero dovuti seguirne altri; il patriarca infatti mi incaricò di prendermi cura delle anime degli artisti. Non si trattava solo dei numerosi pittori e scultori della città dei Dogi, ma anche di attori di film e teatro. Così si doveva creare il contatto con il noto festival veneziano.
Nel patriarcato vicino a San Marco si era insediato ancora una volta lo spirito del cardinale Sarto, per i veneziani l’indimenticabile Pio X. Il Cardinal Roncalli irradiava la cordialità e la semplicità del santo Papa. La sua semplice devozione piaceva sia all’uomo della strada che al politico e al laureato. Tuttavia non si accontentò della popolarità facilmente ottenibile presso gondolieri e pescatori, ma capì di doversi impegnare anche per l’élite artistica di Venezia. Personalmente i problemi estetici non lo toccavano. E non provava nessuna attrazione verso il mondo del palcoscenico e degli schermi. Era la sua vocazione pastorale che lo muoveva verso gli artisti, le star e i registi. Egli organizzava perciò le messe di gruppo domenicali degli artisti. Appariva nelle loro mostre, conduceva incontri con loro, frequentava conferenze, metteva a disposizione spazio per le rappresentazioni e, soprattutto, annullò il divieto che impediva al clero, da 50 anni, di partecipare alla famosa biennale di Venezia. Spesso, se intendeva rivolgere la parola ad attori e registi, mi chiamava per farsi spiegare certe parole e dettagli del mondo del cinema per evitare, come lui stesso si esprimeva, di dire stupidaggini.
In occasione del festival del cinema, il cardinale espresse una volta il desiderio di celebrare una messa per attori, produttori e registi. Questa non doveva per forza essere in basilica. “Da queste personalità non ci si può aspettare che vengano dal Lido per partecipare alla messa” – asseriva il cardinale. “La celebreremo piuttosto nella chiesa che si trova nelle vicinanze della sede del festival” – detto, fatto. Si concordò il giorno e l’ora. Con il rispetto nei confronti degli attori, la messa si sarebbe svolta verso mezzogiorno. La chiesa era completamente piena. Il cardinale Roncalli tenne un’omelia nel tono colloquiale che era solito usare. Non attaccò nessuno, non dovette lamentarsi di nulla, condivise con tutti la propria giovialità. Dopo la messa invitò i presenti ad un cocktail preparato presso un hotel nelle vicinanze. Il cocktail diventò un banchetto. Per due ore vi fu la ressa intorno al cardinale che visibilmente felice nel suo ruolo di ospite, trovava una parola per tutti. Durante l’intrattenimento una ben nota attrice si rivolse a me e disse guardando verso il cardinale: “Mio Dio, com’è brutto, ma quanto è amorevole!”.
