La memoria come occasione di perdono e non di vendetta, di dialogo e non di contrapposizione
Discorso in occasione della Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate pronunciato a Granze domenica 9 novembre 2025, presso il Monumento ai Caduti
Vorrei iniziare con alcune parole che ho letto recentemente: “Il punto fondamentale deve essere che subentri alla forza materiale delle armi la forza morale del diritto. Quindi un giusto accordo nella diminuzione simultanea e reciproca degli armamenti, secondo norme e garanzie da stabilire, nella misura necessaria e sufficiente al mantenimento dell’ordine pubblico nei singoli stati”.
E ancora: “Ma questi accordi pacifici, con gli immensi vantaggi che ne derivano, non sono possibili senza la reciproca restituzione dei territori attualmente occupati”. Possono sembrare parole adatte ai giorni nostri e invece le scrisse Papa Benedetto XV il primo agosto 1917: le inviò ai potenti del mondo impegnati nella Grande Guerra o, come la definì lo stesso Papa, “nell’orrenda carneficina”.
Possono sembrare parole adatte ai giorni nostri perché purtroppo ogni giorno sentiamo l’eco di guerre che, più o meno vicine, scoppiano intorno a noi. Ed è per questo che si fa sempre più importante ritrovarsi attorno al nostro monumento ai caduti, specialmente quando gli errori del passato sembrano ripetersi.
Attorno al monumento, oggi, celebriamo la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate. Siamo attorno al monumento non perché i monumenti sono belli e danno ornamento alle città ma siamo attorno al monumento, e queste ricorrenze si celebrano proprio attorno a monumenti simili in tutta Italia, perché questi monumenti sono le colonne sulle quali si posa la Nostra Nazione. Se siamo ciò che siamo lo dobbiamo al sacrificio di chi su queste pietre ha il proprio nome scritto. Ci ricordano chi siamo e da dove veniamo. Compito di noi loro discendenti è di onorarli nel modo corretto. E il principale modo corretto è capire perché questi innocenti furono costretti a morire al fronte? Perché dovettero affrontare una guerra che li tolse agli affetti delle loro famiglie? Quale la causa di tanto dolore?
Sarebbe fin troppo banale e semplicistico continuare a raccontarsi che la guerra scoppiò solo per l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, a Sarajevo, il 28 giugno 1914. La Prima Guerra Mondiale giunse al culmine di un periodo in cui tutte le potenze mondiali erano corse agli armamenti, giunse al culmine di un periodo in cui la guerra veniva giudicata come “unica igiene del mondo”, giunse al culmine di un periodo in cui ragioni economiche e rivendicazioni nazionali si saldarono insieme creando un mix terrificante. L’omicidio di Francesco Ferdinando fu la miccia che innescò l’esplosivo. Fu il pretesto per far partire la guerra: l’onta doveva essere vendicata. Ecco che arriviamo alla parola chiave, vendetta. Ogni volta che si accetta che la vendetta regoli le relazioni internazionali scoppia la guerra. Per questo Papa Benedetto XV nella frase con cui abbiamo iniziato invocò la forza morale del diritto. Dobbiamo ricordarcelo sempre: la vendetta non è una forma di giustizia, “occhio per occhio si diventa ciechi”.
Per questo un altro Papa, quello di oggi Leone XIV, parlando di pace l’11 ottobre 2025 ha dichiarato “Non è deterrenza, ma fratellanza, non è ultimatum, ma dialogo. Non verrà come frutto di vittorie sul nemico, ma come risultato di semine di giustizia e di coraggioso perdono.” Ecco l’altra parola chiave: perdono.
Insegniamo la cultura del perdono e non della vendetta. Difendiamo la giustizia e il diritto e non cediamo al fascino delle rivendicazioni umorali, degli egoismi, dell’abbiamo sempre ragione noi o del veniamo prima noi. Non diamo spazio all’odio di poter crescere. Solo così potremmo onorare veramente chi è scritto su questo monumento. Loro hanno dato la vita, a noi il compito di non far ripetere certi massacri. Affermando la giustizia e il diritto, professando la forza del perdono rispetteremo ed onoreremo i caduti. Che non sono solo caduti ma sono Valentino, Michele, Luigi, Armando, Aristide, Biagio, Giuseppe, Domenico, Dante, Vittorio e tutti gli altri nomi che sono scritti sul monumento. Quando passate leggeteli e ricordatevi che dietro a questi nomi c’erano tante persone come noi. Per brevità li chiamiamo “caduti” e il rischio è che diventino numeri, ovvero siano semplicemente conteggiati fra i 16 milioni di morti militari e civili che la guerra produsse. I numeri creano statistiche e quelle sono utili per comprendere i fenomeni generali ma si rischia di non dargli il giusto peso. I nomi, invece, i nomi propri specialmente, ci dicono che dietro ognuno di essi vi era una storia, vi erano degli innocenti che son morti per gli ordini altrui. Ed è ricordandoci che a morire son stati degli uomini che faremo di tutto perché queste situazioni non si ripetano. Dando pieno valore alla vita rispetteremo e onoreremo il nome di chi è scritto sul monumento.
E allora se facciamo dei nomi in questa giornata dove si celebrano, oltre all’Unità nazionale, anche le Forze Armate, voglio citare i nomi di Marco Pifferi, Valerio Daprà, Davide Bernardello, i 3 Carabinieri uccisi nell’esplosione di Castel d’Azzano. Erano 3 servitori dello Stato, cioè di noi tutti, e sono morti ingiustamente perché nessuna motivazione può giustificare la morte di 3 lavoratori. Chi ha fatto partire l’esplosivo può avercela avuta con chiunque ma a pagare son stati tre uomini che non avevano responsabilità, che stavano semplicemente eseguendo degli ordini. Come stavano eseguendo degli ordini coloro i quali sono scritti su questo monumento.
La rabbia, il desiderio di vendetta, la volontà di prendersela con il primo che capita creano solo ulteriori problemi a livello internazionale ma anche nella vita di tutti i giorni, come a Castel d’Azzano dove, per l’odio altrui, sono morti tre carabinieri. Riprendendo, allora, le parole di Leone XIV: “Da disarmare prima di tutto è il cuore, perché se non c’è pace in noi, non daremo pace”. Per questo siamo qui attorno al monumento per ricordare i caduti e per ricordare attraverso loro che la vita è sacra e che per nessun motivo al mondo può essere dissipata.
Rispettando il vero valore della vita vinceremo sulle barbarie, sull’arroganza, sulla violenza. Con la cultura del perdono e con la giustizia faremo trionfare la pace perché ogni monumento ai caduti d’Italia sta a testimoniare il nostro desiderio di pace, sta a testimoniare che la nostra Nazione si fonda sulla pace.


