Lavoro oltre il confine: la necessità di espatriare per trovare la propria strada
Una volpe, un’anatra, un riccio, nati in un posto si adattano a ricavarne il necessario senza sprecare energie in superflui spostamenti.
Un uomo, nato nel posto dei suoi genitori, può aspettarsi di vivere con le risorse di quel posto mettendo in gioco la forza del suo lavoro e nient’altro? Qualcuno sembra provarci, con risultati disastrosi, a giudicare dal caso recente di cronaca italiana.
Assicurarsi un paese in cui vivere, per gruppi umani numerosi, è una questione che va complicandosi al massimo grado. Non diamo più per scontato, semmai l’avessimo imparato nella storia, che per ciascun uomo debba esserci un posto. La distruzione intenzionale di case, di campi, di economie, di parsimoniosi sistemi di sussistenza trova giustificazione tra genti che si presumono di civiltà superiore. Non sappiamo affidarci a guide lungimiranti, l’irragionevolezza della prevaricazione e della violenza non trova argini nel gioco delle contrapposizioni e degli interessi internazionali in differenti salse locali.
Nel mondo moderno il lavoro nell’agricoltura, nell’industria, nel commercio, nel turismo presuppone una frenesia di spostamenti di uomini, materiali, competenze, prodotti, alimenti, l’ incontrollabile commistione di forme viventi oltre ogni confine ed oceano e non è chiaro se i vantaggi di tanta grandiosità collegata ad un sofisticato sviluppo tecnologico compensino il danno ambientale e l’impoverimento umano nelle vite dei lavoratori, in tutte le nostre vite agganciate al sistema, nella vita del sistema stesso. Nessuno è più certo di un posto dove vivere.
Ci sono tante storie che ciascuno di noi può conoscere, persone nate vicino a noi, persone come noi, che hanno viaggiato molto non per libera scelta ma per le esigenze di aziende tentacolari con estensione nel vasto mondo. Servono ingegneri civili, informatici, gestionali, tecnici specializzati che corrono in prima linea in Cina, in India, Giappone, Svezia… alle riunioni aziendali, alla conduzione di uomini e giganteschi progetti, senza considerazione di necessità primarie per una serenità di vita. Qualcuno non regge e arriva a precipitare da un grattacielo, qualcuno si sottrae spinto con forza anche da considerazioni morali. Se devi diventare strumento di pesanti irreparabili licenziamenti o di saccheggi ambientali altrettanto irreparabili ti ritiri a casa tua a creare lavoro con una tua piccola impresa locale meno impattante ma pur sempre legata a materie prime e tecnologie che comportano grandi spostamenti. C’è perfino chi lavora da pendolare prendendo l’aereo.
Le piccole aziende legate al territorio dove il coraggio e lo spirito di iniziativa di imprenditori e famigliari possono esprimersi con successo non sono certo slegate a quanto succede altrove. Ciascuno di noi conosce compaesani ed amici che, avendo lasciato l’azienda agricola di famiglia dove molto lavoro era sostituito dalla meccanizzazione hanno maturato raffinate specializzazioni in particolari produzioni industriali, ingrediente non secondario del successo economico di queste ultime. E tuttavia non è durata nel tempo. De-localizzare, spostare i macchinari e le professionalità connesse non è problema, le leggi dell’economia di mercato vincono su tutto. Così sono i tecnici specializzati che si spostano: in Germania, in Bosnia, in Spagna, in Turchia, in Argentina, in Perù… In una rete di amici degli amici, se un macchinario non funziona, arriva la chiamata al tecnico nostrano che ha imparato le lingue sul campo e sa adattarsi alle diverse mentalità. Sarà diventato il mondo la sua casa? La moglie gestisce la famiglia, il figlio gli cresce estraneo. Rimane la passione per l’orto e la potatura del pergolato. Sono le origini contadine che, sotterraneamente, hanno reso possibile capirsi tra lavoratori in ogni parte del mondo? ma alla fine chi sei, qual’ è la tua casa?
Interrogativi grandi per piccole teste, ci vorrebbe un’intelligenza Superiore (quella artificiale?!) a trovare la quadratura. Potrebbe aiutare, almeno un po’, un drastico ritorno alla vita semplice, paga dell’essenziale? Rosee prospettive saranno raggiunte con prodigiosi progressi scientifici e tecnologici? Nel bene o nel male, in ricchezza o povertà, siamo stati esseri umani, rimarremo esseri umani?, ci estingueremo?, ci robotizzeremo? Chi decide? Chi subisce? Chi capisce?
