Quando i territori si raccontano: i Parchi Letterari e il convegno su Stanislao Nievo
Il convegno dedicato a Stanislao Nievo, ospitato a Padova il 16 e 17 ottobre, ha lasciato l’impressione di un dialogo aperto tra letteratura, identità e territorio. Non una successione di interventi, ma un intreccio di prospettive che, senza pretendere di coincidere, hanno mostrato quanto la parola scritta possa continuare a dare forma ai luoghi e a chi li attraversa.
In questo quadro si inserisce anche il lavoro di Attilio Motta, che ha curato e accompagnato l’intero percorso del convegno. Nei suoi studi emerge spesso un’idea di letteratura come archivio vivo, come pratica capace di tenere insieme natura, memoria e immaginazione civile. La sua impostazione, sempre attenta ai modi in cui i testi dialogano con i paesaggi, ha fornito il contesto ideale per una riflessione più ampia sul ruolo che i territori possono assumere nella valorizzazione culturale.
All’interno di questa cornice hanno trovato spazio esperienze molto diverse tra loro. Il racconto dei Parchi Letterari®, portato da Paolo Gobbi e Claudia Baldin, ha mostrato come la presenza di un autore possa trasformarsi in un lavoro quotidiano di cura dei luoghi. Nei Colli Euganei, attraverso il Parco dedicato a Francesco Petrarca, la letteratura diventa occasione di partecipazione: percorsi, targhe dedicate a numerosi autori, attività con le scuole, collaborazioni con operatori culturali e turistici mostrano un territorio che usa le parole come strumento di relazione, non come simbolo da esporre. In questa dimensione la letteratura smette di essere una citazione colta e diventa un modo per tenere insieme comunità e paesaggio.
Un altro filo si intreccia con le riflessioni di Enrico Zucchi, che richiama il valore della letteratura come modo di leggere il paesaggio. Le narrazioni non fissano un’immagine, ma aprono varchi: permettono di vedere ciò che non è immediatamente visibile e invitano a un tipo di attenzione che il turismo, oggi più che mai, può fare propria. La letteratura offre profondità ai luoghi, non come esercizio estetico, ma come possibilità di comprenderne le stratificazioni.
Il discorso si arricchisce poi delle considerazioni di Nicola Orio sulle potenzialità delle tecnologie digitali nell’esplorare le geografie narrative. Mappe dinamiche, collegamenti tra testi e luoghi, sistemi interattivi che fanno emergere connessioni: strumenti che non sostituiscono l’interpretazione culturale, ma la rendono più accessibile. In questo modo il visitatore può orientarsi dentro un paesaggio letterario complesso e costruire percorsi personali, senza perderne la ricchezza.
Alle sue riflessioni si affiancano quelle di Giada Peterle, che invita a considerare la mappa come un racconto in movimento, mai definitivo. Le geografie emozionali e le narrazioni di cammino suggeriscono un modo più libero di attraversare lo spazio: non la ricerca del “luogo dell’autore”, ma la possibilità di costruire una relazione attiva con i paesaggi narrati. È un approccio che dialoga naturalmente con il turismo letterario, soprattutto per chi cerca esperienze più aperte, meno vincolate ai percorsi tradizionali e più attente al rapporto tra corpo, immaginazione e movimento.
Dentro questo insieme di spunti ho ritrovato anche motivi che appartengono al mio modo di guardare al turismo culturale e, più recentemente, al turismo letterario. Le risorse, da sole, non bastano. Autori, luoghi narrati, tracce materiali e immateriali rischiano di rimanere un patrimonio silenzioso se non vengono accompagnati da forme di interpretazione, servizi minimi, narrazioni accessibili, continuità di fruizione. E anche in questo campo alcune esperienze avviate in Veneto, come il percorso di Cult-CreaTE, mostrano che la co-creazione con imprese culturali e comunità locali può trasformare un potenziale dispiegato su carta in un’offerta capace di essere vissuta.
È in questa direzione che prende forma anche il tema dei club di prodotto, non come etichette, ma come strumenti per mettere in relazione operatori che si rivolgono allo stesso pubblico e costruiscono insieme standard di qualità. È un passaggio necessario per dare continuità a ciò che altrimenti resterebbe episodico e per trasformare un insieme di iniziative diffuse in un’offerta riconoscibile, in grado di dialogare con le DMO e di inserirsi in un quadro strategico più ampio.
Da questa prospettiva nasce una convinzione che considero centrale per chi si occupa di politiche territoriali: la letteratura diventa turismo solo quando diventa fruizione, e la fruizione richiede cura, organizzazione e governance. Non come conclusione del convegno, ma come linea di pensiero che attraversa molti degli stimoli emersi e che invita a lavorare affinché i territori possano trasformare la propria eredità culturale in esperienze accessibili e di qualità.
Il convegno dedicato a Stanislao Nievo ha ricordato, in definitiva, che i luoghi non sono soltanto scenari narrati, ma storie in corso. E che il turismo letterario, quando nasce dall’incontro fra eredità culturale e progettazione consapevole, può diventare uno dei modi più autentici attraverso cui un territorio ritrova la propria voce e la restituisce a chi lo attraversa.
