Simboli di pace o di guerra?
La collocazione di una statua all’Alpino: legittima l’idea, sbagliato il momento
Finalmente anche a Padova un Monumento all’Alpino! Così ci informano, i quotidiani di Padova, della volontà dell’Amministrazione di erigere una statua, e che statua, all’Alpino. Quale? Non si sa: in “generale”. Si badi bene: un monumento al Bersagliere già c’è, per il Milite ignoto un intero Sacrario, non possiamo farci mancare quello all’Alpino. Poi seguiranno quello al Fante, al Carabiniere, al Poliziotto, all’Aviatore, al Marinaio…?
Si noti che modernità di forme, quanta intensità espressiva! Nemmeno nel XIX secolo avrebbero fatto di meglio; il rimando al collezionismo dei soldatini di piombo, quelli fatti a mano, è una citazione dotta. E il fucile? Giustamente l’ex sindaco Flavio Zanonato osservava, in una intervista: cosa si voleva mettere in mano ad un alpino, un fiasco di vino? Naturalmente, era una domanda retorica. Interessante anche l’osservazione di un parlamentare: l’elmo è a terra e ciò indica la fine della guerra, sostiene.
No: a terra cadono le braccia, ad altri. Perché siamo in guerra: in Ucraina, in difesa della pace, l’Italia invia carri e cannoni. Per la pace – pace eterna, si direbbe, quella per le decine di migliaia di vittime palestinesi – l’Italia si qualifica come terzo fornitore di armi ad Israele, con il quale effettua regolarmente esercitazioni congiunte in Sardegna, per la felicità dei residenti.
La logica è stringente. Che c’è di meglio, in un momento come questo, in cui si balla sul precipizio di una guerra planetaria, di erigere un monumento all’Alpino e al suo moschetto? Così, mi pare, sia quello retto dall’Alpino: vero soggetto che lo nobilita, altrimenti sembrerebbe un escursionista domenicale. Sarà un alpino come questo che salverà il Paese, con il suo moschetto, ma senza libro?
Una simile statua sembra tutt’altro che la cristallizzazione di un ethos collettivo in forma di pietra che permanga nel tempo, sintesi dello spazio e del simbolico collettivo. Sembra, piuttosto, propaganda di guerra. Alle armi! Alle armi!