L’imperfezione? Merita un elogio. Di maturità
La traccia dell’esame di maturità ispirata all’autobiografia di Rita Levi-Montalcini induce a riflessioni profonde
“Senza seguire un piano prestabilito, ma guidata di volta in volta dalle mie inclinazioni e dal caso, ho tentato […] di conciliare due aspirazioni inconciliabili, secondo il grande poeta Yeats: «Perfection of the life, or of the work». Così facendo, e secondo le sue predizioni, ho realizzato quella che si può definire «imperfection of the life and of the work». Il fatto che l’attività svolta in modo così imperfetto sia stata e sia tuttora per me fonte inesauribile di gioia, mi fa ritenere che l’imperfezione nell’eseguire il compito che ci siamo prefissi o ci è stato assegnato, sia più consona alla natura umana così imperfetta che non la perfezione”.
Nella traccia C1 della prima prova della Maturità 2024 è stato chiesto ai ragazzi di riflettere sul valore dell’imperfezione, a partire da un passaggio dell’autobiografia del premio Nobel per la Medicina Rita Levi-Montalcini.
Raccontata in prima persona nel 1987, quando l’autrice era ormai prossima agli 80 anni, l’autobiografia Elogio dell’imperfezione propone i ricordi intimi e le vicende di una donna straordinaria, tra le più grandi neurobiologhe del ’900. È la storia di una vita messa alla prova da due grandi sfide storiche: le due guerre mondiali e le leggi razziali.
L’opera si suddivide in quattro capitoli. Il primo interamente dedicato ai ricordi familiari dell’infanzia e agli anni universitari della giovinezza. Il secondo si focalizza sugli anni della seconda guerra mondiale, difficilissimi ma indispensabili per sperimentare e consolidare un atteggiamento resiliente, una predisposizione all’ottimismo tenace e alla lungimiranza che costituiscono la “sana” follia, foriera di conoscenza, quella elogiata da Erasmo da Rotterdam. Un riferimento, quest’ultimo, che ispira il titolo della sua autobiografia.
“La mancanza di complessi, una notevole tenacia nel perseguire la strada che ritenevo giusta e la noncuranza per le difficoltà che avrei incontrato nella realizzazione dei miei progetti, (..) mi hanno enormemente aiutato a far fronte agli anni difficili della vita”.
Solo con l’avvento del Dopoguerra in Italia, Rita prende la decisione di recarsi all’estero. Quella che doveva essere un’esperienza di studio di sei mesi si trasforma in un soggiorno trentennale negli Stati Uniti. Proprio a quei trent’anni è dedicato il terzo capitolo del libro, in cui l’autrice traccia “i ritratti” dei più stretti amici e collaboratori e ripercorre il suo percorso di studi, ricordando le sue prime grandi scoperte scientifiche insieme ai dubbi, alle perplessità, alle sfide che le hanno precedute.
A concludere l’opera vi è il quarto capitolo, dove si delinea il compimento del suo percorso di studi e familiare. È il capitolo del rientro in Italia, del ricongiungimento con la famiglia e la nuova sfida dell’apertura del centro per lo studio delle neuroscienze, da lei diretto, a Roma.
“Considerando in retrospettiva il mio lungo percorso, quello di coetanei e colleghi, (…) credo di poter affermare che, nella ricerca scientifica, nè il grado d’intelligenza, nè la capacità di eseguire e portare a termine con esattezza il compito intrapreso, siano i fattori essenziali per la riuscita e la soddisfazione personale. Nell’una e nell’altra contano maggiormente la totale dedizione e il chiudere gli occhi davanti alle difficoltà: in tal modo possiamo affrontare problemi che altri, più critici e più acuti, non affronterebbero”.
Ecco perché l’imperfezione merita un elogio.
L’analisi della società nella quale viviamo fa emergere alcune caratteristiche che sembrano indiscutibili: il vuoto di memoria, l’assenza di radici storiche e di senso di appartenenza, l’appiattimento sull’attimo presente caratterizzato dall’improvvisazione , il senso di isolamento che percepiscono e vivono i giovani, il senso di solitudine e di inutilità degli anziani quando pronunciano parole mute e inascoltate, il senso di sconfitta di coloro che non possono vantare un ruolo sociale da esibire.
Rita Levi-Montalcini ha sempre motivato i giovani e in particolare le giovani donne a sviluppare le proprie potenzialità, percorrendo, se necessario, le strade più impervie, senza mai perdersi d’animo di fronte alle incognite che il futuro propone. A loro diceva: “Quando muore il corpo, sopravvive quello che hai fatto, il messaggio che hai dato. La scelta di un giovane dipende dalla sua inclinazione, ma anche dalla fortuna di incontrare un grande maestro.
“Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella ‘zona grigia’ in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, […] bisogna coltivare […] il coraggio di ribellarsi. Malgrado l’età io non vivo nel passato, ma nel futuro!”
Nella prima prova della Maturità 2024 è stato chiesto ai ragazzi di riflettere sul valore dell’imperfezione. E se fossero anche gli adulti ad aver bisogno di cimentarsi in questa prova di maturità?