Il 25 aprile nella poesia italiana
Un’antologia per celebrare la Liberazione
“Come l’acqua pura di una volta, / come l’aria dei nostri monti, / come la forza dell’amicizia, / come l’amore della mia donna, / come il sorriso di un bimbo, / come la solidarietà del bene, / come l’odio per le guerre, / come il desiderio del bello / abbiamo bisogno di Resistenza”. Così incomincia la poesia del vicentino Mario Pavan che celebra il sacrificio di tanti partigiani che sono morti per la libertà. Giovanni Tesio nel libro 25 poesie per il 25 aprile (Interlinea Edizioni) ha raccolto le più belle delle più belle poesie, a cominciare da quella di Primo Levi che definisce i partigiani “partigia”, come erano chiamati in Piemonte: “Dove siete, partigia di tutte le valli, / Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?”. E il padovano Silvio Ramat: “Il mondo ritrova le ali perdute, / che poi sappia volare, non è detto”. Giovanni Raboni ricorda che, tre giorni prima del 25 aprile, fu “picchiato a sangue, non a morte / il figlio mezzo scimunito / della fiorista del paese / che girava fischiando Giovinezza”. Franco Fortini rievoca crudamente “le teste degli impiccati, la bava degli impiccati, le unghie dei fucilati, i denti dei fucilati” concludendo con il verso “sulla terra faremo libertà”. Tra i suoi morti, Attilio Bertolucci ricorda l’amico Giacomo Ulivi: era stato fucilato da un plotone fascista, a 19 anni, il 10 novembre 1944, ma la notizia era arrivata nei giorni della festa e delle fanfare di maggio: “Ora sei tornato nel pallore / della tua passione, la morte / non può vincere la tua giovinezza tenace”. Luciano Erba, quasi si trattasse di una cantilena, rievoca gli anni della fuga sulle montagne: “andavo in montagna / scarponi e paltò / volevo fuggire / l’Italia e Salò”.