“Le scarpette gialle”, una storia adriese… quasi come una favola
Un ricordo di vita vissuta trasfigurato con la dolcezza di una fiaba
Nella vetrina del negozio di calzature di Bobo ad Adria facevano bella mostra di sé un paio di scarpette. Non erano particolarmente attraenti eppure emanavano un fascino particolare. Le aveva costruite un vecchio e abile ciabattino di Ariano, di nome Pietrobaldo, sempre paziente e sorridente, dalle spalle curve, le mani larghe e forti, i capelli lisci e bianchi. Artigiani del suo pari non se trovavano più, neanche a pagarli a peso d’oro.
I passanti che si fermavano ad osservarle esclamavano:
– Carine quelle scarpe!
Ma, benché esposte a lungo, erano rimaste invendute. Perché mai? Forse perché erano gialle, gialle come i girasoli e lucenti come le stelle d’estate nel cuore della notte. Spesso, sul far della sera, emanavano tenui riflessi e a volte strani, improvvisi bagliori. Qualcuno ne ammirava la forma, l’eleganza, l’originalità ma nessuno – forse per via di quello strano colore sfavillante – decideva di acquistarle. Passarono così i giorni, uno dopo l’altro in fila come tanti soldatini, e poi le settimane e i mesi (e se volete, anche i minuti, come ha scritto De André).
Un giorno una signora di nome Roberta, tenendo per mano la figlioletta Giulia, camminava lungo il Corso Vittorio Emanuele II di Adria. Si fermò ad osservare la vetrina. Roberta era una donna giovane, alta, slanciata, con bei capelli scuri. Anche quando era stanca per il lavoro, un sorriso mite le illuminava il volto. La sua pelle era abbronzata più del solito perché aveva cominciato ad andare al mare il sabato e la domenica, a prendere un po’ di sole.
La bambina, graziosa come tutti i bambini quando decidono di non fare i capricci, aveva quasi tre anni. Le piaceva giocare a maestra con le letterine, impastare con sabbia e acqua il cibo per le sue numerose bambole. Quando si recava dalla nonna Antonilla (da lei chiamata semplicemente nonna Nina), correva a salutare il nonno Aldo e gli chiedeva di giocare con il Cd-rom degli animali. A volte preferiva i colori a dita, ma dopo un po’ le palme, il dorso delle mani e persino le guance erano verdi, gialle rosse e blu. Il nonno tentava di spiegarle che si chiamavano “colori a dita” e non “colori a mano”, “colori a braccia” o “colori a viso”, ma con scarsi risultati. Giulia quel giorno camminava tenendo la mano della mamma, felice di starle accanto e di rivolgerle ogni tanto qualche domanda.
– Perché le stelle stanno in cielo? Chi le ha messe lassù, così lontano? Perché tu e il papà andate a lavorare? È vero che a settembre anch’io potrò frequentare la scuola materna?
Mamma Roby rispondeva pacatamente alle domande della piccina. Improvvisamente la sua attenzione fu attratta dal negozio di calzature. Osservò i vari modelli esposti, poi si soffermò ad osservare le scarpette gialle. Erano in un angolo sopra l’ultimo scaffale, in disparte e ormai quasi dimenticate. Il proprietario pensava che non sarebbero mai state vendute. Ma gli dispiaceva disfarsene.
– Guarda quelle scarpette là in alto, Giulia. Mi sembra che tu le possa calzare alla perfezione. Si dà il caso che quelle che indossi ora ti siano diventate piccole.
– Cosa dici, mammina! Le scarpe non diventano piccole, sono i miei piedi ad essere cresciuti – precisò Giulia, sorridendo amabilmente.
E si ricordò del nonno che le aveva insegnato il ritornello di una canzoncina di Steno Sandoli, simpatico musicista arianese, “I gufi coi baffi / coi baffi son buffi / son buffi quei gufi / quei gufi coi baffi” che da molto tempo non canticchiava, perché adesso preferiva ascoltare dalla carezzevole voce della nonna Nina la favola di Biancaneve o di Cenerentola. Alla fine ripeteva, con la sua bella vocina intonata, “oggi che ti ho trovata, amata resta con me”.
La mamma e la bambina entrarono nel negozio. Subito si fece loro incontro la commessa:
– Che cosa desidera signora? Ho calzature di tutti i colori, di tutte le forme e di tutti i gusti: sono modelli di gran successo, appena arrivati da Firenze.
– Grazie, signorina – ripose Roberta – ma siamo entrate per osservare da vicino quel paio di scarpette gialle, abbandonate in un angolo. Sembrano un po’ fuori moda, però hanno qualcosa di misterioso che le rende attraenti. Posso provarle alla mia bambina?
– Certamente! esclamò la commessa.
E subito la fece accomodare, le infilò le scarpette, prima il piede destro, poi il piede sinistro. Giulia fece alcuni passi lungo la corsia.
– Mamma, mamma, mi calzano a pennello! Sento che i miei piedini sono morbidi, caldi, riposati. Mi piacerebbe davvero che me le comprassi!
La mamma le osservò lentamente per scoprire se avevano qualche difetto di lavorazione, quando le sembrò di udire una vocina:
“Compraci tu per la tua bambina: vedrai che la renderemo felice e la accompagneremo ovunque vorrà andare. Staremo buone in un angolo della sua cameretta quando andrà a riposare, saremo pronte per essere calzate la mattina, quando nonna Edda le chiederà di indossare il vestitino e le calze, e la bimba come al solito ubbidirà. Sappiamo che in questi ultimi tempi ha imparato a lavarsi e a vestirsi da sola. Continuando così diventerà una brava ragazzina. E il papà Matteo, le nonne e i nonni saranno contenti”.
Roberta rimase per un attimo frastornata. Pensò:
– Non starò mica per svenire, con questo dannato caldo! Mi sembra che le scarpe abbiano bisbigliato qualcosa. Mah, certamente avrò preso un abbaglio! Poi disse al proprietario del negozio:
– Ho deciso di comprare queste scarpe. Quanto costano?
Bobo non vedeva l’ora di venderle. Per dimostrare la sua gratitudine, praticò uno sconto incredibile: invece di duecentocinquantamila lire, ne chiese soltanto cinquantamila. Così l’affare fu fatto. La commessa rimise le scarpe nella scatola, confezionò un pacco e lo consegnò a Roberta.
Mamma e bambina uscirono dal negozio, che si trovava nel Corso chiamato la Strada granda di Adria. Si diressero verso il parcheggio dove avevano lasciato la Seat Ibiza di colore rosso. La riconobbero in mezzo alle altre e si avvicinarono. Roberta estrasse le chiavi per aprire la porta, quando notò un foglietto appiccicato sul parabrezza. Esitò un momento, tolse il foglio, lo aprì e lo lesse: si trattava di una contravvenzione!
Indugiando nel negozio, era passato più del tempo consentito. Il vigile, accortosi che l’orario era scaduto, aveva appioppato la multa: duecentocinquantamila lire!
Una bella somma, non c’è che dire! Chissà cosa avrebbe detto il papà che era ancora in ufficio a lavorare. Era un vero peccato sprecare soldi per un’innocente dimenticanza! Roberta stava quasi per piangere dal dispiacere e dalla rabbia, quando le sembrò di udire di nuovo la vocina di prima:
“Siamo noi, le scarpette gialle. Ascoltaci, gentile signora. Vediamo che sei tanto dispiaciuta per la multa. Ma vogliamo aiutarti, perché sei stata buona e gentile. Ti riveliamo un segreto: noi possiamo fare una piccola magia, piccola, perché non siamo delle fate. Chiedi quello che vuoi, purché non si tratti di una richiesta impossibile, e cercheremo con tutte le nostre forze di accontentarti”.
Roberta rimase stupita: allora quella vocina che le era sembrato di udire nel negozio era vera, e non frutto della sua immaginazione! Lì per lì le sembrò di essere protagonista di una favola, simile a quelle che finiscono sempre nel migliore dei modi (“e tutti vissero felici e contenti”).
Accettò la proposta e rimase dentro la favola. Si ricordò di quando era bambina e il papà Aldo inventava per lei a la sorellina Valeria poesie scherzose. Le vennero in mente i versi scritti per il suo secondo compleanno, nel 1968: “Compie gli anni la Roberta / con la bocca sempre aperta / compie gli anni la bambina / tanto cara e birichina!”.
Cosa avrebbe potuto domandare alla piccola maga delle scarpette gialle? Non poteva pretendere troppo, altrimenti la magia non avrebbe funzionato.
Trascurò i grandi e nascosti sogni che le balenarono in un attimo nella mente e decise di esprimere l’unico desiderio possibile, se voleva che la favola continuasse.
– Ecco, vorrei che mi fosse cancellata la multa!
Improvvisamente comparve il vigile urbano. Rivolto alla piccola Giulia, disse:
– Cara bambina, ho notato che avete comperato un paio di scarpette meravigliose. Siete tornate in ritardo a riprendere l’automobile. Il tempo purtroppo era scaduto e ho dovuto farvi la contravvenzione. Ma per questa volta, perché anch’io sono entrato nella favola che ti racconta il nonno, voglio essere buonissimo, “con tre esse”. Ho deciso di annullare la multa, così potrete tornare a casa contente come pasque.
E subito scomparve, tanto in fretta che non udì i calorosi ringraziamenti di Roberta e Giulia.
In un angolo del sedile posteriore della Seat Ibiza, le scarpette gialle sorridevano silenziose.
(Ariano, 6 giugno 2000)