Schiavon e Soffiantini a Praglia: attivisti del Movimento cattolico per la formazione dei giovani

In un percorso scolastico che si rispetti l’insegnante prendendo spunto dai rapporti tra gli alunni, da articoli letti, dai colloqui di Dante con i vari personaggi dell’Inferno dovrebbe soffermarsi sull’uso della parola anche nella comune convivenza. La parola ha una pienezza tale di significati, sfumature che può divenire facilmente una forma di violenza verbale. Se non controllata si trasforma presto in una violenza psicologica con conseguenti danni al ricevente, ma anche a chi l’ha usata. Il passo alla violenza fisica è breve: qui non occorre portare esempi tratti dai libri, ma basta guardare al libro aperto della società d’oggi, inquinata ovunque dalla violenza, anche in luoghi a me vicini, come Abano dove appare evidente la ricerca, da parte di adolescenti e giovani, dello scontro più che di una volontà di dialogo.

Si legge anche in Concita De Gregorio che è il linguaggio stesso a costruire la realtà, linguaggio del cui uso siamo tutti corresponsabili. La scuola  in realtà non fa prevenzione, né formazione al rispetto e al modus in rebus quotidiano, anzi  è luogo dove  si ripetono episodi di violenza da parte degli studenti o dei genitori  contro gli insegnanti. Quindi anche la famiglia, il mondo politico, i media in generale, partendo dai giornali, dalla TV con programmi privi di progetti educativi, i social sono tutti pericolosi strumenti senza adeguate leggi  orientative e limitative. Ecco che viviamo in una realtà-clima di estrema violenza e ferocia confermando quanto asserito dalla giornalista. Ripetiamo l’invito ad organizzarci tutti in una responsabile formazione all’uso del linguaggio che sfoci in una civile convivenza da realizzare nell’ambiente  familiare, scolastico, e in tutte le piattaforme tecnologiche coinvolgendo gli  strumenti umani (citando Sereni), quali  arte, musica, poesia, sport per ritrovare l’armonia del vivere  in un linguaggio calibrato. 

A questo avevano già pensato il cardinal Martini e tanti altri prima di lui. Anche noi, l’abate emerito Padre Norberto Villa e la sottoscritta, abbiamo dato vita nel Cenacolo di poesia di Praglia, Insieme nell’umano e nel divino, ad incontri settimanali di formazione culturale, spirituale allargata a rapporti umani. Si è creato così un linguaggio nuovo, favorito dai comuni interessi rivitalizzati nel tempo.

Questa frequentazione nella storica abazia, mi riporta alla mente altri incontri avvenuti all’inizio del Novecento, supportati da attivisti veneti e non, impegnati nella conoscenza e diffusione della splendida Rerum Novarum anche tra giovani presenti alle “settimane sociali” che portava ad una attenzione e al conseguente rispetto per le classi diseredate, non considerate persone. Abituava quindi, allenava ad un linguaggio mentale e verbale per una comprensione delle diverse situazioni sociali usando le parole appropriate. Settimane sociali di educazione alla consapevolezza dei ruoli di ognuno e delle proprie responsabilità nel contesto storico sociale frequentato. In particolare vorrei evidenziare l’operato del padovano Sebastiano Schiavon e del polesano Battista Soffiantini. Del primo, molto è stato detto nel precedente articolo di Massimo Toffanin, apparso nel Popolo Veneto di agosto, ma volentieri lo riprendo per darne conoscenza anche ai nuovi lettori:

L’onorevole Sebastiano Schiavon (Roncaglia 1883 – Padova 1922), mio nonno materno, si è distinto per la sua attività socio-politica nei primi due decenni del novecento, nel Veneto, a Firenze, a Roma nella difesa degli umili (in particolare i bovari e tutti gli emarginati) per ridare loro dignità di persone. Un impegno frenetico che ha abbracciato la sfera sindacale e politica fino al contributo nella nascita del Partito Popolare Italiano.

In un successivo approfondimento, negli archivi della biblioteca di Praglia, si trova notizia delle frequentazioni dell’abbazia da parte dell’onorevole Schiavon legato da amicizia anche all’abate di allora Nicolini. Da tale ricerca emerge l’importanza di queste famose “ Settimane sociali”, cioè raduni di giovani cattolici  per una formazione socio-politica. Iniziate nel 1913 costituiscono un motivo di grande richiamo anche per la presenza di oratori validi di Padova, Rovigo e Treviso. Qui si dà  vita ad un mondo di giovani preparati.

Oltre ai riferimenti relativi a Schiavon, la mia attenzione viene attratta da un altro nome spesso citato: quello di Battista Soffiantini (Somaglia 1878 – Badia Polesine 1950) della cui vita ho avuto modo di conoscere aspetti importanti grazie al volume “Un cattolico della prima metà del Novecento”, curato dal nipote Giorgio.

Soffiantini è stato un personaggio di rilievo nella vita sociale, politica ed ecclesiale del Polesine, e mons. Lucio Soravito De Franceschi,Vescovo di Adria-Rovigo, nell’introduzione al volume scrive: “… propagandista cattolico … conferenziere, sindacalista, democristiano della prima ora, collaboratore dell’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici di Bergamo, fondatore di Leghe Bianche e di Casse Rurali in Polesine. Ma allo stesso tempo è stato educatore (a Bergamo, Este e a Badia Polesine), promotore e amministratore dell’Istituto “Caenazzo-Bronzin” della città della Vangadizza; giornalista e scrittore di libri, di commedie e di poesie. E’ stato soprattutto un buon padre di famiglia e un uomo profondamente religioso (apparteneva al Terz’Ordine Francescano); ha promosso il primo Convegno giovanile cattolico in Polesine ed ha partecipato come applauditissimo conferenziere a diversi Congressi Regionali per i giovani, come pure agli incontri provinciali o regionali del Terz’Ordine Francescano, nonché agli incontri nelle parrocchie dei lavoratori, dei contadini e dei braccianti…”.

Fermandoci a questi dati, Soffiantini appare un uomo dalle molteplici attività, poliedrico, impegnato nella sua lunga esistenza a riscattare la povera gente e a formare i giovani, vicino quindi al padovano Schiavon. Aggiunge Armando Rigobello, prefatore del volume, “… un grande socialista cattolico… che fa della sua passione sociale una professione religiosamente ispirata e un costante impegno etico-politico… che partecipa attivamente alle lotte sindacali e politiche…svolgendo la sua azione dalla Lombardia al Friuli, dal Veneto fino all’approdo a Badia Polesine… una biografia quindi di un eccezionale personaggio del secolo scorso delineata nel contesto storico dell’epoca”. E ancora sottolinea che “… l’esperienza di Battista Soffiantini nell’intervento sociale si allarga: dalla partecipazione alle speranze di promozione sociale dei lavoratori alle ferite private, a rilevanza pubblica, dell’infanzia e adolescenza abbandonate…”.

Un personaggio polesano di grande spessore Battista Soffiantini, che frequentava Praglia proprio all’apertura delle “Settimane sociali” del 1913, invitato lì per tenere le sei conferenze sulla Rerum Novarum, in sostituzione di Pasquinelli di Firenze, come è documentato dall’Archivio Battista Soffiantini. Da una sua lettera successiva traspare il rapporto costruttivo con i giovani, che sapeva motivare e conquistare, nell’atmosfera da lui ben delineata di queste “Settimane sociali” scandite da particolari rituali.

Ecco qualche stralcio: “Uno dei luoghi più adatti a una vita di preghiera e di studio è senza dubbio l’Abbazia di Praglia. Quei cortili vasti e silenziosi, circondati da magnifici colonnati, ariosi portici … Ora et labora, il programma dell’ordine di S. Benedetto; e Praglia, con la sua biblioteca e il suo coro, con i suoi ubertosi vigneti, i suoi fertili campi, è uno de’ luoghi che più si presta a vivere la regola benedettina. Fu qui che Antonio Fogazzaro trovò pace …”. E ancora: “… Ci fui una prima volta nel 1913, quale insegnante della prima settimana sociale per i giovani della diocesi di Padova; vi tornai l’anno appresso per un’altra settimana; una terza volta ci fui per un ritiro spirituale con l’amico avv. Carlo Belloni, alla vigilia delle sue sante nozze. Trenta furono i giovani che presero parte alla prima settimana: li guidava l’indimenticabile don Giovanni Alessi … Vi trovai anime semplici … di contadini, operai… e studenti, uomini maturi, animati … dal desiderio di migliorare se stessi … di rendersi più utili nel campo dell’azione cattolica … Ogni mattina ci accostavamo alla messa servita per turno dai giovani … seguivano la colazione, un po’ di svago, due ore e mezza di discussione su temi religiosi e sociali…”.

Nella sua lettera Soffiantini sottolinea che i temi erano approfonditi da vari relatori con analisi anche della società del tempo e che a lui spettava il compito di presentare la Rerum Novarum. Si sofferma pure sulla grande attenzione dei monaci nei suoi confronti per preparargli il cibo perché lo vedevano molto mingherlino. E afferma che di queste esperienze culinarie e delle bevande offerte se ne ricorderà per un pezzo tanto che “… quando tornai a Praglia lasciai agli dei la loro… ambrosia; io m’accontentai di fresche limonate”.

Esperienze varie di studi e di vita ripetute per anni, citate dallo stesso Soffiantini e riferite pure dalla Cronaca benedettina fino al 1919, anno di fondazione del PPI e delle elezioni politiche. Da tutto questo stupisce che Battista Soffiantini nella sua lettera non nomini Sebastiano Schiavon che frequento Praglianello stesso periodo: forse una dimenticanza?

In ogni caso la testimonianza provante della frequentazione nello stesso periodo del monastero benedettino da parte dei due personaggi ideologicamente così vicini è costituita dalla Cronaca redatta dall’Abbazia. Nello scritto i loro nomi appaiono ben evidenziati e soprattutto è importante avvertire il fermento che percorreva tutto il Veneto nei primi decenni del Novecento nello spirito di collaborazione tra anime affini, votate alla elevazione degli umili e alla formazione dei giovani e all’esercizio di un linguaggio costruttivo di pace-ponte per avvicinarsi agli altri.

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