Da Ponte di Brenta a Posadas: la testimonianza di un giovane emigrato in Argentina

Il desiderio di “dare una mano”, 24 anni fa, si è trasformato in un progetto di vita

Ho incontrato tante persone nel camino della vita. Ho vissuto la ricchezza nel condividere. Ho trovato nell’altro la pace interiore. Posso confermare che quando si dà, si riceve.

Sono Enrico Bertocco, originario di Ponte di Brenta (Padova), ho 51 anni e da quasi 24 anni vivo a Posadas, regione del nordest argentino, un lembo di territorio che si incunea tra Brasile e Paraguay. Regione conosciuta al turismo per le cascate del fiume Iguazú e le “Reducciones” gesuitiche che hanno, nel passato, inspirato il film “Mission”.

Sono venuto qui spinto dal desiderio di dare una mano a uno “zio”, Emilio Marchi, italo/argentino che nel 1987 aveva fondato una ong (“Associazione Jardín de los Niños”) per aiutare le persone che vivevano in quartieri periferici dove mancava tutto (“las villas” l’equivalente delle “favelas” quartieri di baraccati).

Emilio Antonio Marchi, nato a Buenos Aires nel 1942, era cugino di mia mamma. Suo papà originario di Borgoricco (Pd), giovanissimo emigrò in Argentina negli anni venti del secolo scorso. Purtroppo suo papà morì quando lui aveva 5 anni, lasciando lui, sua mamma e quattro sorelle in condizioni di estrema povertà. Cresciuto tra mille difficoltà era comunque riuscito a cambiare il suo apparente povero destino diventando un imprenditore di successo. La dittatura militare iniziata negli anni settanta in Argentina sconvolse di nuovo la sua vita. “Desaparesido”, sequestrato, torturato, imprigionato per due anni e mezzo, è riuscito ad essere esiliato in Italia dove è rimasto per nove anni, guadagnandosi la vita dipingendo e vendendo quadri. Tornata la democrazia, tornò in Argentina, a Posadas, nella regione di Misiones, deciso a dedicare il resto della sua vita ad aiutare i poveri. Così in pochi anni, grazie all’aiuto iniziale di amici italiani, ha dato vita a la Asociación Jardin de los Niños (associazione giardino dei bambini).

Sin da piccolo dicevo che volevo diventare un veterinario, poi ai tempi del liceo ho iniziato a sentire una voce interiore che mi spingeva verso l’Argentina. Non sono riuscito ad iscrivermi alla facoltà di veterinaria, ho provato altri studi, poi altri percorsi, il lavoro, il militare, ma non riuscivo a trovarmi, ero un’anima in pena, non trovavo la mia strada.

Intanto quella voce che veniva da lontano cresceva ogni volta arrivavano notizie di quello che stava facendo lo “zio” in uno sperduto posto dell’Argentina supportato da tanti generosi amici italiani.

Avevo iniziato a pensare di essere un problematico, un incapace un inconcludente… Poi nel 1997 c’è stato il primo viaggio a Posadas, solo 15 giorni, un turbinio di emozioni, colori, odori, gli incontri con le persone del quartiere, bisognose di tutto, ricche di vita… una volta ritornato a casa non vedevo l’ora di ripartire, volevo dare una mano anch’io.

Ho iniziato a parlare dell’idea di trasferirmi a Posadas e affiancare lo zio Emilio Marchi nel portare avanti l’associazione che vedevo stava trasformando la vita di migliaia di persone, centinaia di bambini, soprattutto con progetti di trasformazione della baraccopoli in un quartiere dignitoso.

Quasi tutti mi sconsigliavano l’idea, ero sempre di più un pesce fuor d’acqua; mi dicevano di farmi una professione prima, nel caso viaggiassi e poi non mi trovassi bene e dovessi tornare a Padova. Va bene…sono riuscito ad iscrivermi alla facoltà di medicina, diploma universitario in tecnico di radiologia…

Devo molto alla radiologia, mi trasformai in uno studente modello, agli esami prendevo quasi sempre 30, ero apprezzato dai professori medici, sono uscito con 110, mi avevano offerto un buon posto di lavoro un anno prima che finissi gli studi. La mia autostima era cresciuta molto, non ero uno “sfigato” o un cretino solo dovevo trovare la mia strada. Cosa mi piaceva della radiologia? Mi permetteva prestare un servizio per gli altri, persone che in quel momento si trovavano con difficolta, nel mio caso con problema di salute.

Nel frattempo finito il secondo anno, avevo fatto un altro viaggio fino a Posadas, un mese. Anche questa volta un viaggio pieno di emozioni che mi sconvolgevano l’anima… Io stesso mi dicevo che probabilmente una volta finiti gli studi e con un buon lavoro forse avrei cambiato idea e mi sarebbe piaciuto restare in Italia… Mi sono diplomato un giovedì pomeriggio, sabato colloquio di lavoro ed il lunedì ho iniziato a lavorare all’Istituto Diagnostico Antoniano S.p.a., a fianco della basilica di Santa Giustina, realizzando immagini per diagnostica con la risonanza magnetica nucleare e la TAC, tomografia assiale computerizzata.

 Continuava ad affascinarmi la radiologia, guadagnavo bene, ma il richiamo dell’Argentina era sempre presente. Dopo pochi mesi ho mollato tutto per essere coerente con quella voce, dovevo provarci. Così nel 2001 mi sono ritrovato a Posadas, contro ogni logica razionale, contrariato da molti ma non più da coloro che mi conoscevano bene e capivano chi ero.

Volevo restare almeno un anno, ormai sono diventati 24.

Ho iniziato facendo attività ricreative ed educative (per anni avevo fatto l’animatore in parrocchia a Ponte di Brenta) con un gruppo di bambini di strada del quartiere San Jorge, nella periferia sud di Posadas, una zona dove vivono all’incirca ottomila persone, quartiere costruito attraverso progetti gestiti dall’associazione con case in muratura, ma ancor oggi con zone di baraccopoli dove vivono almeno 2000 persone. Con il passare del tempo ed aumentando la mia esperienza ho iniziato ad assumere attività di coordinazione all’interno dell’associazione. Oggi giorno faccio parte del consiglio d’amministrazione della ong e sono presidente di una cooperativa di lavoro che ha circa 45 associati. Tra l’altro sono diventato anche un apicoltore.

Amo l’Italia, sento forti le radici con il mio Veneto, ogni tre anni cerco di tornarci, rivedere familiari ed amici, i miei luoghi che mi hanno visto crescere.

Non so se sono riuscito a far molto, ad aiutare, ma so di averci messo anima e corpo. Penso sia importante averci provato e continuare a provarci. Sento che sto spendendo bene la vita, a me piace, a volte è difficile ma vale la pena perché ricevo molto e in fin dei conti: trovo pace.

Video fatto in occasione dei 35 anni di Jardin de los Niños Argentina

Link relativo all’associazione argentina: https://www.jardin.it/progetti-copy/argentina/jardin-de-los-ninos-ong/

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