Ricordo di Pietro Randi, libraio d’altri tempi e autentico uomo di cultura

Il celebre giornalista e scrittore propone ai nostri lettori questo suo ricordo scritto nel 2018, in occasione della scomparsa dello storico libraio padovano.

Fino all’ultimo rivedeva, sognava, la “sempre amata libreria”, con la sua “insegna luminosa” sotto i portici di via Cavour, come scritto in una lettera a un fedele amico lontano: nello spazio, ma non nel cuore. Così, anche Pietro Randi se ne è andato, un pezzo della vecchia, celebre Padova della cultura, della storia. Aveva compiuto 93 anni nel dicembre scorso; dopo averne passato 62 nella Libreria Draghi (a lungo accanto al padre Giuseppe), dal 1920 di proprietà della famiglia, aveva realizzato un progetto: quello della laurea in lettere conseguita a 91 anni discutendo col professor Guido Baldassarri la tesi “Manara Valgimigli e Concetto Marchesi, storia di un’amicizia”. Manara e Concetto: famosi frequentatori, numi tutelari dell’antica libreria, cattedratici al Bo.

Da mesi, Pietro Randi era ricoverato nell’Ospedale Sant’Antonio dove, per un’ennesima crisi respiratoria, ha cessato di vivere. Dall’anno scorso le sue condizioni fisiche avevano palesato l’usura del tempo; ultimamente avevo perso la vista di un occhio, la mente era comunque lucida e ancora corrispondeva con pochi amici – una grafia sempre più tremula, ma che si lasciava interpretare, e non poteva sfuggire una ricorrente espressione: era “stanco di vivere”. In questo senso erano le preghiere al Signore, soprattutto quando andava alla messa vespertina nella chiesa parrocchiale, da uomo di vera fede.

L’immagine che si conserva di lui, fino a qualche anno fa, è quella di un camminatore lesto, di un ciclista disinvolto nonostante l’età. Lo si poteva incontrare in via Cavour, aprire la porta, salire le ripide scale per l’“amato terzo piano” sopra la libreria, che aveva cessato completamente l’attività nel 2011.

Lì Pietro si raccoglieva in letture, riflessioni, scrittura di lettere agli amici, e volgendo lo sguardo alle pareti, aveva la visione dei grandi personaggi che avevano frequentato la “Draghi”: Marchesi, Valgimigli, Ferrabino, Fiocco, Toffanin: non semplici fotografie, bensì icone, reliquie di una storia illustre dell’antica libreria, ma poi della cultura, non soltanto di quella padovana.

Pietro Randi era nato praticamente fra i libri, respirando quell’atmosfera impregnata di umori, che erano stati del nonno e del padre, e dai quali lui era stato completamente preso, al punto da interrompere in gioventù gli studi classici al Tito Livio, proprio per dedicarsi anima e corpo all’attività di famiglia. Si era fatto una ragguardevole esperienza “in materia” girando l’Europa, a Parigi frequentando la Sorbonne, e arrivando pure a New York, nella mitica libreria di Vanni Ragusa e nell’Università di Columbia. Il discorso sulla Sorbonne era tornato in questi ultimi anni con gli esami per la laurea triennale in Lettere. Ricordava, infatti, con legittima soddisfazione, di aver chiesto alla docente di sostenere l’esame di francese direttamente in lingua, e di aver meritato la lode!

Decano dei librai veneti, aveva anche ricoperto cariche di responsabilità nell’àmbito delle associazioni di categoria, e si era pure dilettato di musica: strumentista col maestro Brancalion.

Uomo semplice, poco propenso a mettersi in mostra, amava Padova, come soltanto certi vecchi (Crescente, Mainardi, Peri, Toffanin, don Bellinati) hanno saputo fare: con l’anima! Il che aveva capito Maria Luisa Daniele Toffanin, che nel 2012 aveva scritto Una Padova altra: la Libreria Draghi osservatorio di cultura. Era stata, la presentazione di quel libro, l’ultima apparizione “ufficiale”, prima della laurea, e del convegno su Manara Valgimigli all’Accademia Galileiana, del vecchio Pietro.

Fino all’ultimo, gli sono stati accanto i figli Elena, Lorenzo e la fedelissima Beatrice. E fino all’ultimo aveva esercitato uno spiccato senso critico che manifestava anche nelle lettere indirizzate al Gazzettino di cui era affezionato lettore.

Il funerale di Pietro Randi ha avuto luogo, secondo la sua volontà, nella chiesa di sant’Andrea, praticamente accanto a quella “sempre amata libreria”.

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