Angelo Galeno (1857-1930): il profilo politico e intellettuale di un protagonista del socialismo veneto
Angelo Galeno occupa una posizione peculiare nella storia politica e sociale del Veneto tra Otto e Novecento. La sua biografia, segnata da un’intensa attività intellettuale, amministrativa e parlamentare, permette di osservare l’evoluzione del socialismo veneto dalle sue origini fino all’avvento del fascismo. Attraverso una lettura trasversale delle fonti e dei documenti biografici disponibili, Galeno emerge come figura che seppe coniugare rigore etico, impegno civile e una concezione progressista della società, in cui istruzione, diritti e partecipazione democratica dovevano procedere di pari passo.
Formazione e prime attività politiche
Le origini umili non impedirono a Galeno di intraprendere un percorso di studi articolato, culminato nella laurea in legge e in scienze sociali. La sua maturazione politica si colloca nell’alveo delle correnti democratiche e repubblicane dell’Italia post-unitaria: ancora giovanissimo, affascinato dal mito risorgimentale garibaldino, aderì a circoli vicini alla Prima Internazionale, realtà eterogenee che raccoglievano repubblicani, socialisti e radicali impegnati nella difesa dei lavoratori e delle classi subalterne. Proprio questa attività gli costò un primo periodo di detenzione, che rappresentò un punto di svolta nella sua formazione politica e culturale.
Conclusi gli studi universitari, Galeno iniziò a insegnare, divenendo presto una figura di riferimento all’interno della borghesia progressista padovana. Il suo impegno intellettuale era già orientato a un socialismo riformatore, attento ai problemi reali della popolazione rurale del Veneto di fine Ottocento, vessata dalla pellagra, dalla miseria e dall’assenza di adeguate tutele giuridiche e sociali.
L’ingresso nel socialismo e l’attività sindacale
Nel 1892 fu tra i primi iscritti padovani del neonato Partito Socialista Italiano. Pur mantenendo un forte legame con esponenti repubblicani come Antonio Aggio, Galeno assunse ruoli di responsabilità nella giovane organizzazione socialista, sostenendo in particolare i lavoratori emigranti attraverso attività di tutela, formazione linguistica e contrasto al caporalato.
In parallelo alla produzione giornalistica su testate socialiste, Galeno ricoprì incarichi amministrativi di crescente rilievo, fino a diventare sindaco di Cavarzere. La sua azione amministrativa, improntata a un socialismo pragmatico, evidenziava un raro equilibrio tra radicalità ideale e capacità gestionale.
L’attività parlamentare e l’opposizione al fascismo
Il momento di massima visibilità politica giunse con l’elezione alla Camera nel 1919, nella seconda consultazione a suffragio universale maschile. Il collegio veneziano, segnato dalle tensioni del dopoguerra e dalla presenza di migliaia di profughi, vide nel socialismo di Galeno una risposta credibile alle nuove emergenze sociali.
In sede parlamentare, Galeno si distinse per interventi di denuncia in materia di tutela del patrimonio pubblico, diritti collettivi e violenze politiche. Emblematico fu il suo impegno nella richiesta di chiarimenti sull’incendio dell’Arsenale di Venezia nel 1920 e nella difesa delle consuetudini comunitarie dei pescatori di Chioggia.
Parallelamente, subiva l’ostilità crescente delle squadre fasciste: nel 1921 la sua abitazione fu devastata e pochi mesi dopo cinque squadristi lo aggredirono fisicamente presso il suo domicilio. Queste intimidazioni non ne ridussero l’attività politica, né il ruolo di difensore in processi delicatissimi: tra questi spicca la difesa di Giulio Simonetta, sindaco socialista di Pozzonovo, accusato dell’uccisione di un noto caposquadra fascista entrato armato nella sua abitazione. Galeno riuscì a dimostrare in modo rigoroso la dinamica dell’assalto, ottenendo il proscioglimento per legittima difesa.
L’irrigidimento del clima politico con il delitto Matteotti lo condusse a partecipare alla “secessione dell’Aventino”, gesto di rifiuto istituzionale che costò, nel 1926, la decadenza dal mandato parlamentare insieme agli altri deputati d’opposizione.
Il confino e gli ultimi anni
Dopo l’emanazione delle leggi eccezionali del novembre 1926, Galeno fu definito dalla Prefettura di Padova un “astioso avvocato difensore degli imputati politici veneti”, formula che esprime bene il timore che il regime nutriva nei suoi confronti. Il mandato di cattura lo colse ormai anziano, ma egli riuscì inizialmente a sottrarsi alla polizia trovando rifugio a Milano.
Fu arrestato nel 1927 e inviato al confino prima a Matera e poi a Maddaloni. Scontati tre anni, rientrò a Lecco, dove morì poco dopo, a 73 anni, segnato dalle privazioni e dall’emarginazione politica imposta dal fascismo.
Una valutazione complessiva
La figura di Galeno consente di leggere in controluce la storia del socialismo veneto, in cui s’intrecciano movimenti operai, autonomie locali, intellettualismo progressista e conflitti con il nascente autoritarismo fascista. Il suo contributo non fu quello di un ideologo sistematico, ma di un militante-studioso che seppe fondere cultura, politica e impegno civile. Le sue battaglie, dalla tutela dei contadini alla difesa dei perseguitati politici, testimoniano una concezione della politica come responsabilità etica prima che strategica.
In un’epoca di trasformazioni radicali, Galeno incarnò l’idea di una pedagogia civile capace di orientare l’azione istituzionale e l’impegno di partito. Il suo percorso, oggi quasi dimenticato, rappresenta una testimonianza preziosa del ruolo che personalità locali e marginalizzate hanno avuto nella costruzione del socialismo italiano e nella resistenza ai primi anni della dittatura fascista.
