Le chiese, segno d’incontro tra comunità e mistero

I luoghi di culto come spazio fisico della fede: edifici e ambienti in cui si uniscono ordine, rito, simbolismi

 

Alle origini dell’uomo, troviamo il suo desiderio di pensare uno spazio destinato all’accoglienza della vita. Dal caos all’ordine, dal non senso dell’informe alla bellezza di un’armonia, di un accordo. Ma, oggi, come spiegare il disordine degli spazi nei quali viviamo? Spazi confusi, caotici e mostruosi, spazi del non ricordo: dunque, se tutto è caos, lo spazio della vita rischia di trasformarsi in quello della morte, in cui tutto si equivale. Si è spesso parlato della perdita di simboli nella civiltà contemporanea, com’è allora possibile creare spazi per l’uomo che abbraccino le sue dimensioni fisiche e spirituali?

L’edificio-chiesa, in quanto costruzione visibile, è un segno della comunità pellegrina sulla terra e immagine della Chiesa che celebra i divini misteri e pregusta le realtà celesti; simboleggia perciò l’edificazione stessa della comunità cristiana divenendone dimora di Dio tra gli uomini, tempio santo costruito con pietre vive. Sul fondamento degli apostoli e in Cristo Gesù, pietra angolare che è fulcro di unità, la chiesa-edificio ha lo scopo di riunire la comunità favorendo la consapevolezza della propria identità in un unico corpo.

In passato i templi cristiani erano costruiti con intenzione di solennità, come un monumento a Dio, frutto della fede di generazioni inclini ad esprimere nelle costruzioni tutto il loro rispetto e la loro adorazione. Il concilio Vaticano II rielabora gli spazi interni delle chiese: acquista importanza l’aula dove si riuniscono i fedeli, l’altare viene rivolto verso l’assemblea affinché i credenti possano partecipare attivamente alla liturgia, attraverso la visione diretta, l’ascolto e la parola. La sensibilità attuale ci ha quindi riportati all’originaria concezione dell’edificio-chiesa come domus ecclesiae, la casa della comunità, non tanto e non più una fortezza o un monumento alla divinità.

Le chiese sono il luogo dell’incontro sacramentale, segno del rapporto di Dio con una comunità, che avviene attraverso la liturgia e il culto; nella liturgia cristiana il culmine è nella celebrazione eucaristica, nel ricordo dell’ultima cena, memoriale dell’Eucarestia. Ricordare un gesto compiuto duemila anni fa, divenuto degno di essere tramandato e celebrato, che torna ad essere evento vivo e presente è il motivo di unione per la comunità dei fedeli. La celebrazione eucaristica non è però un monumento di pietre, ma di corpi ed anime, rito e simbolismo, poiché memoria di un’azione perpetuata nei secoli.

Ma possiamo fermarci a questo? Forse no perché il monumento, così come siamo abituati a pensarlo, è memoria di un preciso istante del passato che non può ripetersi, mentre nell’Eucarestia si riattualizza l’evento pasquale: per i fedeli, quel pane e quel vino che vengono benedetti dal sacerdote per intercessione di Dio sono veramente il corpo e il sangue di Cristo, di quell’agnello sacrificato per noi.

Allora l’assemblea, il rito, la liturgia, la celebrazione eucaristica, come possono essere fatto che accade e, allo stesso tempo, esserne monumento? La chiesa come architettura e la Chiesa come assemblea di credenti nuovamente insistono sullo stesso luogo, sulle stesse emozioni, celebrano unitamente il mistero cristiano.

In foto: l’Edicola del Santo Sepolcro a Gerusalemme

La basilica è posta all’interno delle mura della Città Vecchia, al termine della Via Dolorosa, e ingloba quella che è ritenuta la collina del Glgota, luogo della crocifissione, assieme al sepolcro scavato nella roccia, dove il Nuovo Testamento racconta che Gesù fu sepolto. I Greci chiamano la Basilica Anastasis, la risurrezione, mentre i latini Santo Sepolcro, due visioni complementari dell’annuncio cristiano: Cristo è morto ed è risorto. Il primo testimone del cambiamento, voluto per ordine dell’imperatore Costantino, dell’Aelia ancora romana, l’antica Gerusalemme, è il pellegrino anonimo di Bordeaux che venne a Gerusalemme nel 333, quando i cantieri della basilica del Santo Sepolcro e quello dell’Eleona erano ancora aperti: “il monticulus Golgotha, dove il Signore fu crocifisso. E quasi ad un tiro di sasso c’è la grotta (cripta) dove il suo corpo fu riposto e che risuscitò il terzo giorno; lì ora per ordine dell’imperatore Costantino (iussu Constantini) è stata costruita una basilica, cioè la chiesa in onore del Signore (dominicum) di meravigliosa bellezza… con un battistero”. I restauri del complesso sacro, e i recenti scavi archeologici, confermano all’epoca di Cristo la presenza di un’antica cava di pietra fuori della città, trasformata in giardino, e di un sepolcro scavato nella roccia: ogni resto antico sembra collimare con le descrizione degli Evangelisti.

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