Fioriscono racconti, sbocciano libri

Il resoconto del dialogo tra l’autrice e Katia Scabello, lettrice-interprete di eccezione

Tre brevi storie illustrate di natura, bambini e bambine, per voci occhi orecchi: Matteo e Gigetto il rospo di mare; Diamantini, diamantini, che vita, bambini!; Quei due merli che cercano casa di Maria Luisa Daniele Toffanin. Quello che segue è un fedele resoconto del dialogo dell’autrice con Katia Scabello, così come si è svolto lunedì 3 giugno alla Biblioteca Civica di Abano Terme.

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Dopo i saluti di rito, i ringraziamenti al dottor Daniele Ronzoni per l’accoglienza nella Biblioteca Civica di Abano Terme, inizia l’atteso dialogo tra Katia Scabello, leggistorie e arratrice per passione ed anche per professione, promotrice del piacere di leggere, e la sottoscritta davanti ad un pubblico modesto ma selezionato, subito catturato dalla parola. E Katia diretta mi coinvolge con la sua voce suadente: Maria Luisa, conosciuta e apprezzata come poetessa, ti ritrovo come autrice di tre racconti per giovanissimi lettori. Come sono nati?

Prima di tutto ti ringrazio per la tua presenza all’incontro come esperta di letteratura per l’infanzia: il tuo essere qui con noi, amica da molto tempo, rende prezioso il momento. Per rispondere alla tua domanda, i miei libri nascono da occasioni, emozioni particolari colte dalla realtà. Il primo, Matteo e Gigetto il rospo di mare, come recita il titolo prende spunto dalla conoscenza improvvisa al Bagno Perla, in un mattino estivo, di Matteo, un ragazzino biondo che mi interroga, quasi aggredendomi, su quale segreto lui potesse avere tra le mani. Io incerta sulla risposta e lui pronto a rivelarmi di avere un rospo di mare, fatto da cui si sviluppa in due giorni tutta la vicenda raccontata. Il secondo, Diamantini, diamantini, che vita, bambini!, prende spunto dalla presenza dei diamantini in gabbia nel mio giardino. Rappresenta quindi una storia di vita che inizia da mio figlio, attraversa i nipoti, protagonisti coi nonni del racconto, nei loro rapporti con i diamantini, praticamente da sempre esistenti nella nostra famiglia. Quindi è un po’ una storia viva di casa nostra confusa con quella frenetica dentro alla gabbia. Il terzo, Quei due merli che cercano casa, si ispira alla vita di un’altra famiglia, di merli, con il nido nascosto sotto il gelsomino rampicante, accanto alla finestra del salotto. Osservatorio proprio dei movimenti di questi due impegnatissimi a costruire casa con pensieri, gesti umani da me a loro attribuiti nello snodarsi delle pagine. Vicenda anche questa che mi ha coinvolto come le altre, divertito tanto che ne è derivata una scrittura, come dici tu, veloce istintiva, pensosa allo stesso tempo. Nella tua attenta analisi dei testi, affermi che nei miei racconti “fabula e intreccio procedono di pari passo, e a fianco della narrazione degli accadimenti, fornisci, per voce dei protagonisti, informazioni di carattere divulgativo. È stata intenzionale questa scelta?”. Credimi che tutto è scaturito in modo naturale, anche le informazioni, senza intenzione alcuna di divulgazione.

Ascolto con molto piacere il tuo successivo intervento, da vera esperta: “L’io narrante sei tu, sono racconti autobiografici, come se fossi un po’ ‘la nonna del lettore e della lettrice’: c’è complicità, c’è uno stile nella relazione nonna-nipoti che esprime un forte affetto e uno sguardo rispettoso dell’infanzia” perché corrisponde proprio al reale rapporto affettivo con i miei nipoti, sotteso da un’attenzione profonda all’infanzia come persona in fieri che, nelle varie fasi della sua evoluzione, richiede tutta la nostra premura, la nostra consapevolezza di chi abbiamo davanti e quale cammino stia facendo, cioè la formazione della sua personalità. E questo continua anche alle scuole superiori in cui veramente, come insegnante, mi sentivo responsabile della crescita di un’anima.

Ritorniamo ora a queste altre tue così puntuali riflessioni sulla cifra narrativa dei racconti ricca di dialoghi, quindi adatti anche ad una lettura ad alta voce insieme anche ad altri, costruita sulla volontà di relazione implicita nella condivisione di gesti, parole, racconti. Quindi racconti inclusivi che quasi sollecitano i presenti ad intervenire ad alta voce rivelando la loro partecipazione, come avviene nel racconto. Manca solo la presenza di mia nuora che per lavoro abitualmente non c’è in questi momenti ma che volentieri avrebbe vissuto i sentimenti dei suoi figli e sarebbe intervenuta nel dialogo.

Riporto volentieri anche la tua nota critica sulla mia scrittura, perché mi dà molto piacere: “Ciò che emerge, in tutta la tua scrittura, è la forte attenzione alla qualità del linguaggio, declinando in uno stile che assomiglia molto ad una sceneggiatura…”. Ecco, quei bambini con i genitori presenti all’inizio del nostro incontro, probabilmente sono usciti prima del tempo perché proprio i loro genitori non comprendevano l’analisi dei libri piccini anzi, come tanti, li sottovalutano come cosa di poco conto. Forse si aspettavano una lettura animata? Ascolto però come saggio il tuo pensiero parlando di Mac Barnett che invece afferma la validità di queste letture riaffermando il valore della persona bambina e così la riporto completamente d’accordo con te: “Se non pensate che i libri per bambini siano veri libri, in qualche modo non pensate che i bambini siano veri esseri umani”; e ancora: “Proprio come un pediatra si prende cura del corpo dei nostri bambini, e lo psicologo infantile si preoccupa delle loro menti, l’autore per bambini nutre le loro anime” (tratto dal suo ultimo saggio, La porta segreta. Perché i libri per bambini sono una cosa serissima, edito da Terre di Mezzo). Così poi successivamente ti ascolto quando leggi brevi ma esemplari parti dei libri, tratti prima da Matteo e successivamente dagli altri inseriti sempre in un discorso coinvolgente che evidenzia che le varie vicende narrate, i vari sentimenti provati dai protagonisti sono simili ad altre vissute dal lettore o che possono verificarsi. Quindi leggendo, stimoli l’attenzione e la fantasia dei presenti, bambini e adulti, a poter scrivere un racconto a loro volta. Giustamente mi interrompi per sapere dell’illustratrice Milvia Bellinello Romano, domanda a cui speravo potesse rispondere la stessa amica invitata all’incontro ma impedita da cause di forza maggiore. Volentieri però ne parlo visto il legame che ho con lei: la conosco ormai da moltissimi anni, da quando insegnavo alle superiori lettere e suo marito Antonio, avvocato, diritto, quindi un’amicizia anche di famiglia basata sull’affetto e la stima. Milvia era insegnante di educazione artistica ma era anche una acquarellista, amante della fotografia, di tutto ciò che era espressione artistica eseguita anche con pennarelli come nella storia dei merli. Le ho affidato quindi i miei racconti a occhi chiusi e l’ho lasciata fare perché ogni artista merita il suo spazio: una libera ispirazione e interpretazione. Sono sempre stata pienamente soddisfatta della sua opera perché ha reso, con i suoi interventi, la verità della vicenda e dei sentimenti da me espressi. Quindi, grazie ancora, Milvia.

Per quanto riguarda il tuo apprezzamento al lavoro della casa editrice, alla scelta del formato, della carta, al culto del bello, devo ammettere che Stefano Valentini, l’editore, riesce veramente a creare pezzi unici e sono contenta che sia qui oggi tra noi.

Certo se manca un rapporto con la natura, un’attenzione, un’osservazione, questi racconti non possono realizzarsi perché nascono veramente dallo stupore, dall’emozione per il creato che “spinge i piccoli protagonisti ad averne cura: il rospo salvato, i diamantini curati, i merli protetti”. Penso, basandomi sulla mia personale esperienza, che sia molto importante per i bambini stare in libertà all’aria aperta ma che sia fondamentale accompagnarli, senza premere troppo, a scoprire i vari segreti che il mondo degli animali, delle piante possono rivelare al bambino magari guidato in questo cammino da un adulto sensibile. Utile è far sentire il proprio amore per la natura, trasmettere, attraverso l’esempio personale, la validità di questo rapporto. Quindi l’azione dei grandi è fondamentale per la lettura piccina delle cose e delle pagine dei libri.  E all’ultima bella tua osservazione, sull’assenza, i racconti certamente introducono l’attenzione alla vita ma possono anche far riflettere sulla morte, sull’assenza che diviene per i bambini un piccolo lutto da rielaborare magari parlando con i nonni.Nell’attesa che la feritasi rimargini si può proporre loro la conoscenza di un altro animale del giardino che possa portare pensieri di vita lasciando il tempo non di dimenticare Ribes il gatto morto, ma di trasformarlo in un ricordo delle ore liete con lui trascorse.

Su queste note veramente Katia ti ringrazio di cuore, note di grande profondità, di studiosa certamente ma anche di madre, di coordinatrice pedagogica, di persona che vive e riflette su questi problemi. Su tali note sento che l’amicizia tra noi si è rinsaldata perché la condivisione di pensieri, soprattutto sulla formazione e la crescita dell’infanzia, ti stringe ancor più in un impegno comune di vita.

Conclude l’interessante e approfondito dialogo, così affermano i presenti, l’intervento dell’editore Stefano Valentini che convalida il suo impegno nella costruzione di un libro che deve divenire, nell’uso dei vari elementi, espressione di bellezza. Molto coinvolgente e ben espressa la partecipazione di Elisa Scarabottolo in relazione al suo supporto a me autrice, da anni, in molteplici attività: uno scambio reciproco di energie e armonie che nel tempo diventano arricchimento reciproco e apertura di nuovi orizzonti.

Katia, quindi, un momento quasi intimo: partecipanti tutti attenti, alcuni protagonisti degli ultimi due racconti, catturati dalla tua capacità di rendere straordinario l’ordinario, di coinvolgere con la lettura di una realtà dove si può volare con la fantasia.  

Approfitto, cara Katia, di questa felice contingenza per rivalutare con te l’approccio dei piccoli lettori con questi libri, in particolare ti pongo il quesito sul significato più profondo della lettura insieme a loro. Per una prima formazione?  Come humus per il procedere futuro?

La tua domanda, cara Maria Luisa, sul perché è importante leggere insieme ai bambini e alle bambine fin da piccolissimi, meglio ancora se già durante la gravidanza, può trovare una facile risposta: l’esposizione precoce alla stimolazione della voce che legge sostiene l’acquisizione del linguaggio, stimola la comunicazione adulto-bambino, attiva connessioni cerebrali durature (oramai le neuroscienze forniscono ampia prova dei benefici della lettura precoce).

Per non parlare poi dell’importanza delle immagini che accompagnano la narrazione rendendola fin dagli esordi una lettura partecipata (intendendo la lettura come la risposta agli stimoli uditivi, visivi, tattili e olfattivi), restituendo ai piccoli lettori la percezione di una loro capacità: saper riconoscere le immagini, saper leggere la storia attraverso le illustrazioni, poter partecipare attivamente all’atto di leggere.

Ma ciò che ci intriga maggiormente della pratica di lettura condivisa adulti-bambini è la bellezza di questo gesto, ancor più se realizzato con libri di qualità: qualità del testo, delle immagini, del formato che, insieme, rendono la lettura un gesto sensuale: che attrae e che coinvolge tutti i sensi, sia dei piccoli che dei grandi lettori!

La lettura condivisa è un gesto carico di significati profondi: è tempo dedicato, tempo condiviso, spazio di incontro in cui è dato modo ai piccoli lettori di fare domande, di nominare emozioni ed esperienze attraverso la narrazione. E, cosa non da poco, grazie alla fruizione di racconti si costruisce e si allena il pensiero narrativo: quella particolare forma dell’intelligenza che genera interpretazioni e dà senso all’esperito mediante la narrazione stessa.

Leggere insieme ai bambini e alle bambine è davvero un atto di resistenza contro l’ignoranza che genera schiavitù, come diceva il grande Gianni Rodari, “Vorrei che tutti leggessero non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo”.

E aggiungo: se poi, leggendo, diventano pure dei poeti, tanto meglio!

Ti ringrazio davvero per il tuo discorso convinto e convincente che conferma anche la situazione vissuta per esempio in casa nostra dove io e mio marito con mio figlio prima, poi con i nipoti e ancora mio figlio con i suoi figli, abbiamo considerato la lettura bambina un momento intimo per stare insieme,  condividere emozioni in un colloquio espresso con la voce, con gli occhi, con i battiti del cuore. Tanto che poi loro, i piccini, ripetevano a voce alta il passo o il libro perfino letto insieme tanto che Giulia diceva a 4 anni “basta così, ora voglio leggere come voi non più  con gli occhi della fantasia”. Quindi il tutto era così intenso che la bambina avvertiva l’urgenza di imparare a leggere. E accadeva e accade in altre famiglie amiche. Non so se ovunque si verifichi questo importante processo formativo, educativo e didattico. Non so. Sei d’accordo Katia che il fenomeno si verifichi su vasta scala e in ampia visione? Per questo vorrei riprendere con te il discorso apparentemente felice, turbata da certe dicerie dell’untore che circolano nei media.

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