Mattarella e Papa Francesco: lezioni magistrali sul valore della democrazia

A Trieste la settimana sociale dei cattolici, un’esperienza le cui radici risalgono ad oltre un secolo fa

La settimana sociale dei cattolici a Trieste è stata l’occasione di due lezioni magistrali. Da parte di due grandi “vecchi”: Mattarella (82 anni) e Papa Francesco (87), anziani per età ma giovani e vitali per pensiero. Ci hanno invitato a riflettere sul valore della democrazia: la democrazia deve avere un’anima ha detto Mattarella, la democrazia deve avere un cuore ha detto Papa Francesco. Non solo slogan, perché hanno ben spiegato il significato dei queste osservazioni non retoriche.

Hanno una storia antica, le settimane sociali. Pensate nel 1907 da Giuseppe Toniolo, economista e sociologo di vaglia, ora proclamato Beato dalla Chiesa Cattolica, per preparare il rientro dei cattolici nella vita politica del paese, con un solido e innovativo impianto culturale. Alle Settimane sociali nazionali si affiancavano esperienze a livello diocesano, ad esempio nel 1913 e 1914 si tengono all’Abbazia di Praglia, vedendo come relatore tra gli altri l’onorevole Sebastiano Schiavon, infaticabile animatore della presenza sociale e politica dei cattolici veneti. Un appuntamento, quello nazionale, continuato nel tempo, anche negli anni difficili del fascismo, come spazio di libera riflessione preparando un domani migliore. Anche ospitate nel Veneto: a Venezia nel 1912 e nel 1946, a Padova nel 1934 e 1959. E non è un caso che nell’ottobre del 1945, nell’Italia da poco liberata dall’oppressione nazifascista, si tenga a Firenze una importante edizione delle settimane sociali dedicata al tema cruciale delle modalità del ritorno alla democrazia, con il titolo “Costituzione e costituente”. La precedente era stata quella del 1934, tenuta appunto a Padova: poi un lungo intervallo, nel quale si era fatta più stringente la pretesa fascista di occupare tutti gli spazi, e la tragedia della guerra. Si riparte dalla Costituzione, dal nuovo fondamento della riacquistata vita democratica. Sono relazioni che avrebbero guidato l’azione dei costituenti cattolici: tra l’altro, su nove relazioni, due furono tenute dai veneti Gonella e Tosato, appunto futuri costituenti. E tra i costituenti veneti dieci su 25 venivano da importanti responsabilità nei vari rami dell’Azione cattolica: uno di essi, Pietro Lizier, era tra l’altro direttore dell’allora Popolo Veneto…

Tornando a Trieste e a quest’anno, Mattarella ha invitato a riflettere sul fatto che la democrazia non è semplicemente un metodo di governo. Al cuore della democrazia vi sono le persone, le relazioni, le comunità a cui esse danno vita, le espressioni sociali, civili, economiche che sono frutto delle loro libertà, delle loro aspirazioni, della loro umanità. E, insiste Mattarella, non bisogna confondere il parteggiare con il partecipare, non si deve cedere alla ossessiva proclamazione di quel che contrappone, della rivalsa, della delegittimazione. Perciò la democrazia non è solo governo della maggioranza, non basta che vi sia il mandato elettorale, presuppone lo sforzo di elaborare una visione del bene comune in cui sapientemente si intreccino, poiché tra loro inscindibili, libertà individuali e aperture sociali, bene della libertà e bene dell’umanità condivisa.

Ha affermato Mattarella che ogni generazione ha il compito di essere “alfabeti” della società, è attesa alla prova della “alfabetizzazione”, dell’inveramento della vita della democrazia. E la democrazia è il miglior antidoto alla guerra.

Non diverso il ragionamento di Papa Francesco. Pensando alla lunga storia delle settimane sociali il Papa ricorda che il passato non va mitizzato, deve servire per trarne un insegnamento che aiuti ad assumere le responsabilità di costruire qualcosa di buono nel tempo presente: conoscere il passato per riuscire ad essere innovatori. C’è una forte sintonia con l’impostazione di Mattarella, anche Francesco sottolinea che la democrazia richiede sempre il passaggio dal parteggiare al partecipare, dal fare il tifo al dialogare. L’indifferenza, il non partecipare, è il cancro della democrazia. Il cuore della politica è farsi partecipe, prendersi cura del tutto. Sono importanti, le parole del Papa: “Ci vuole coraggio per pensarsi come popolo, è molto difficile progettare qualcosa di grande a lungo termine se non si ottiene che diventi un sogno collettivo […] una democrazia con il cuore risanato continua a coltivare sogni per il futuro, mette in gioco, chiama al coinvolgimento personale e comunitario. Sognare il futuro, non avere paura […] E questa è una cosa importante nel nostro agire politico, anche dei pastori nostri: conoscere il popolo, avvicinarsi al popolo. Un politico può essere come un pastore che va davanti al popolo, in mezzo al popolo e dietro al popolo. Davanti al popolo per segnalare un po’ il cammino; in mezzo al popolo, per avere il fiuto del popolo; dietro al popolo per aiutare i ritardatari. Un politico che non abbia il fiuto del popolo è un teorico”.

Lezioni importanti, nel momento in cui c’è una drammatica crisi del rendimento delle democrazie: scarsa partecipazione al voto dei cittadini, schiacciamento sul presente, leadership deboli. Forse tenendo maggiormente presente gli insegnamenti del presidente Mattarella e di Papa Francesco, prendendoli sul serio, c’è modo di risanare le ferite della democrazia.

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