Arturo Toscanini al fronte: una banda per le truppe italiane

Il grande musicista riassunse in sé gli ideali e le contraddizioni del tempo di guerra

Nella cultura e nella società italiana predominò, in concomitanza con la guerra, il nazionalismo anche in materia di arte. Analizzando gli spartiti di tanti compositori italiani, poi dimenticati, lo si ritrova nella retorica dei testi e nella musica, appiattita su canoni tradizionali e scontati. Non a caso fu grande la produzione di inni e di marce, le forme d’uso storicamente più idonee ad esprimere proclami enfatici e retorici.

In questa situazione acquistò un valore esemplare la figura e il ruolo di Toscanini, che riassunse in sé sia gli ideali che le contraddizioni del tempo. Nel periodo di incertezza che precedette l’entrata in guerra dell’Italia, la sua posizione fu schiettamente interventista, tanto da troncare i suoi rapporti con Puccini che, viceversa, aveva manifestato una palese simpatia per la Triplice Alleanza. Tuttavia non venne meno in Toscanini il fermo proposito di elevare un’invalicabile barriera tra i suoi sentimenti di patriota e i suoi incrollabili principi di musicista, per i quali la grande musica, anche quella tedesca, era al di sopra delle parti.

Allo scoppio della guerra Toscanini rientrò in patria dall’America e organizzò numerosi spettacoli di beneficenza per le vittime della guerra, raccogliendo anche fondi per i musicisti rimasti senza lavoro. Il Maestro, non più in età di arruolamento, aveva il figlio Walter mobilitato al fronte e desiderava esternare la sua vicinanza ai soldati.

La visita al fronte, o meglio alle zone di riorganizzazione e riposo delle formazioni che provenivano stremate dalla linea di fuoco, da parte di politici, artisti e letterati era in qualche modo una forma embrionale di sostegno morale per le truppe, che di fatto forse riuscivano “a debita distanza” a scorgere gli “illustri ospiti”, accolti e accompagnati in brevi escursioni da folti gruppi di alti ufficiali.
Toscanini non si sottrasse a questo compito e la sera del 26 agosto 1917, con l’XI battaglia dell’Isonzo in fase di conclusione, caso sporadico se non unico, riuscì ad organizzare un concerto a ridosso delle prime linee del Monte Santo appena conquistato. Ciò fu possibile grazie all’ interessamento dei generali Cascino e Gonzaga, quest’ultimo comandante della 53a Divisione, appassionato di musica, che già a maggio 1917, durante la X battaglia dell’Isonzo, aveva radunato la banda divisionale per farla suonare vicino al fronte, durante l’attacco vittorioso del monte Vodice.

In una lettera al figlio Walter che, ferito, era all’ospedale di Vipulzano, Toscanini scrive:

Mio carissimo Walter, non ebbi tempo di abbracciarti a Vipulzano, perché appena arrivato a… (Zona di Guerra) Il venerdì 24 il Generale Cascino mi chiamò per dirmi che potevo andare al mattino seguente a Monte Santo, che era appena stato conquistato. Ed è ciò che feci. Stetti colà quattro giorni. Suonammo in faccia agli Austriaci e cantammo i nostri inni nazionali. Osservai parecchi attacchi sul San Gabriele. Scrivi a Mamma spesso o almeno tutte le volte che puoi.

L’1 settembre 1917, in una lettera alla moglie Carla:

Carissima Carla, hai ricevuto la breve nota che ti ho scritto dal Monte Santo? Fui lassù quattro giorni e quattro notti. Vidi alcune cose straordinarie, tanto che il mio cuore batte con violenza al solo ricordarle… La sera stessa che discesi dal Monte Santo, ricevetti una chiamata da sua Eccellenza il generale Capello, invitandomi ad essere in un certo posto – ora non posso dirti dove – il giorno seguente alle 10. Pensavo che volesse parlarmi dell’orchestra che voleva mettere insieme nella sua Armata.

Ci arrivai tardi, perché gli autisti non conoscevano bene il posto; il generale mi aveva atteso per una mezz’ora. Mi condusse ad un enorme spiazzo, dove una magnifica brigata di Bersaglieri (…) aveva appena finito una manovra in sua presenza, e proprio là, con i bersaglieri che presentavano le armi, appuntò una medaglia d’argento al valore sul mio petto e mi baciò su entrambe le guance. Puoi immaginare la mia sorpresa e la violenta emozione che ne seguì. Piansi come un bambino, e davanti al generale mi mostrai stupido come un’oca. E mi sentii confuso da questo alto simbolo di onore che non credo di meritare. Che cosa vi era di più umile e semplice che portare alcuni strumentisti ed un po’ di musica sul Monte Santo in mezzo a quei cari soldati…?

Grazie a una documentazione fotografica pressoché inedita, si può affermare che da Cormons il maestro arrivò il 24 agosto nelle retrovie del Collio, passando da Vipulzano a Quisca. Poi, il 25 agosto, fu accompagnato, attraversando l’Isonzo a Plava, fino a Dolga Niva, lungo la rotabile isontina in direzione Salcano. Il giorno dopo, Toscanini si diresse a piedi verso i Comandi che lo attendevano nei pressi del Vodice. Lungo la strada incontrò la banda divisionale al comando del capo musica, maresciallo Rosario Tricomi, che scrive:

Durante quei giorni di mia assenza venne presso il nostro comando il grande direttore d’orchestra maestro Arturo Toscanini. Rimase entusiasmato per quella banda che aveva compiuto prodigi durante i combattimenti nel medio Isonzo, e volle anch’esso dirigere personalmente un concerto. I pezzi prescelti da lui furono: la Sinfonia del barbiere di Siviglia, la Manon di Massenet ed altri di cui non ricordo il nome. Appena feci ritorno fui messo a conoscenza dell’alto onore ricevuto e presentatomi al grande Maestro fui accolto con vera cortesia, e trattenuto da esso per qualche oretta in cordiale colloquio. Come ricordo, conservo una sua fotografia fattagli mentre eseguiva le prove all’aperto dietro una casa diroccata da colpi di granate presso Verkovlje. Dopo la presa del Monte Santo, quando io con la mia musica mi ero già inoltrato nella Bainsizza, egli diresse la banda dell’8a Divisione sul Monte Santo.

Dunque il 26 agosto 1917, con i combattimenti in corso, fin sotto il Monte Santo alle dieci di sera, dopo una lunga marcia di avvicinamento, iniziò a dirigere la banda divisionale dei quattro reggimenti che avevano combattuto in quei luoghi, tenendo un concerto improvvisato per quasi un’ora eseguendo la Marcia Reale e l’inno di Mameli. Gli austriaci di risposta iniziarono a cannoneggiare alla cieca la zona. Di quella banda faceva parte Pietro Toschi, il quale divenne poi insegnante di composizione all’accademia di Santa Cecilia e narrò che dopo ogni pezzo Toscanini gridava «Viva l’Italia!». La grancassa fu lacerata da uno shrapnel, ma nessuno degli esecutori venne colpito.

Il maestro rimase in zona Vodice per altri quattro giorni, presumibilmente nell’accampamento dei Comandi e poi fece ritorno a Quisca accompagnato anche dalla banda divisionale, che veniva messa a riposo dopo la singolare esperienza musicale. Lì giunto venne convocato dal generale Cappello, comandante della II Armata, per essere decorato con la medaglia d’argento al valor militare per quanto aveva fatto sul Monte Santo.

Mario Silvestri, in Isonzo 1917, scrive:

Monte Santo, 1917. In prima fila da sin.: Gen. Antonino Cascino, m° Arturo Toscanini, Ten. Col. Baldo Rossi, Cap. Giuseppe Solaro, Cap. Remo Guzzi.

… la musica inconfondibilmente italiana si rovesciò verso la Tarnova, risvegliando l’attenzione e il dispetto degli austriaci, che aprirono il fuoco. Non si sa se Toscanini sia riuscito a procurare qualche morto in eccedenza all’esercito italiano. A lui la prodezza meritò una medaglia d’argento che il generale Capello si compiacque di appuntargli personalmente sul petto il 31 agosto 1917.

Toscanini rimase al fronte fino alla fine di ottobre, nei giorni precedenti della rotta di Caporetto. Quando ebbe inizio la ritirata gli alti comandi dimenticarono la sua banda, che si trovava allora a Cormons, ed egli continuò a dirigere i suoi musicisti nel preludio del terzo atto della Traviata e nella Novelletta di Martucci; nel teatro del soldato di Cormons Toscanini tenne probabilmente un concerto per le truppe. Le armate austriache erano ormai vicine alla città quando si decise infine a congedare la banda. Poi andò di corsa a procurarsi i carri e i vagoni ferroviari necessari per evacuare i musicisti, si recò all’ospedale a prendere Walter ancora convalescente da una ferita, lo accompagnò all’ospedale mi- litare di Udine e tornò a Milano in accelerato. Nel 1972 la figlia Wally ricordava:

Ricordo ancora quando lo vidi entrare in questo appartamento. Aprì la porta di servizio. Aveva la faccia terrea, sporca e gli occhi gonfi di pianto. La mamma, pensando che fosse accaduta una brutta disgrazia a Walter, balzò in piedi e gridò: «Walter, Walter!». Mio padre disse: «No. È l’Italia, l’Italia è finita». Abbracciò mia madre e si mise a piangere.

Bibliografia


Harvey Sachs, Toscanini, EDT/MUSICA, Torino 1981, pp. 151 – 157
Rosario Tricomi, Ricordi storici della banda militare della 53a Divisione di Fanteria, Roma 1934 Quotidiano La Sera de La Patria del Friuli del 30 agosto e del 2 settembre 1917

Mario Silvestri, Isonzo 1917, Oscar Mondadori, Milano 1965, p. 288
Hugh Dalton, With British Guns in Italy” , www.gutenberg.org/etext/10107

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