Gioconda Belli e la tragedia del Nicaragua
Il PEN International e la testimonianza della celebre scrittrice, le cui opere sono tradotte in tutto il mondo e anche in Italia
Il 5 settembre 2024 le autorità del Nicaragua hanno rilasciato 135 prigionieri politici che sono stati trasferiti nel vicino Guatemala: fra loro intellettuali, giornalisti, professionisti dello spettacolo e della cultura, professori e artisti. Preti e vescovi come monsignor Rolando Álvarez sono stati “trasferiti” in altra data.
Sembrerebbe una buona notizia e invece, oltre all’esilio obbligato, arriva anche la cancellazione della cittadinanza e la confisca dei beni con l’accusa di “atti criminali che minacciano la sovranità, l’indipendenza e l’autodeterminazione del popolo nicaraguense”.
Fra quelli liberati anche Freddy Antonio Quezada, professore, filosofo e scrittore, colpevole di aver segnato un “like” sul post della Miss Universo 2023 e articoli critici sul governo, in prigione dal novembre 2023. Così pure Victor Ticay, giornalista, arrestato per aver scritto di una processione religiosa e accusato di “disseminare informazioni false e cospirare per destabilizzare l’integrità nazionale”.
La Commissione Inter-Americana sui Diritti Umani ha raccolto informazioni dopo aver osservato un aumento, esponenziale, di forme di persecuzione per chiudere la bocca a giornalisti indipendenti attraverso arresti arbitrari, visite a domicilio spesso con obbligo di comparizioni a stazioni di polizia, esilio forzato e cancellazione di presupposti legali per i media indipendenti. Dal 2018 più di 56 media indipendenti sono stati chiusi e più di 277 giornalisti costretti all’esilio. Più di 5000 NGO (Organizzazioni Non Governative) sono state chiuse dal governo e fra queste nel 2021 anche il PEN Nicaragua, che non smette di ricordare alle autorità i loro obblighi davanti alle leggi e agli accordi Internazionali che proteggono il diritto alla libera espressione, alla dimostrazione pacifica e alla critica.
A marzo 2020, durante una messa in memoria del poeta Ernesto Cardenal appena scomparso, sostenitori del presidente Daniel Ortega interruppero l’omelia, accusarono il poeta di essere un traditore e assalirono i presenti, fra cui Gioconda Belli, presidente del PEN Nicaragua, costretta all’esilio nel 2022 e dichiarata traditrice nel 2023, privata della cittadinanza; le sue proprietà sono state requisite, così come quelle del figlio, giornalista e documentarista.
Gioconda Belli, scrittrice e attivista nicaraguense, è nata a Managua nel 1948. Annoverata tra le più importanti scrittrici dell’America Latina, è stata attiva in politica sin dalla giovinezza: membro del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, dopo la sconfitta di Anastasio Somoza Debayle (1979), ha occupato posizioni importanti nel Partito Sandinista (in seguito abbandonato per divergenze con i vertici). Accanto all’attivismo politico, negli anni Settanta ha portato avanti la carriera letteraria: dopo aver pubblicato diverse raccolte di poesie (Linea de fuego, 1978; De la costilla de Eva, 1987), nel 1988 ha raggiunto la fama internazionale con La mujer habitada, tradotto in tutto il mondo (in Italia La donna abitata, 1989), romanzo a un tempo storico e autobiografico. Nella produzione di Belli ricorrono spesso i temi della lotta sandinista e dell’emancipazione femminile. Le Edizioni E/O hanno pubblicato quattro suoi romanzi di grande successo, il già citato La donna abitata e Sofía dei presagi, Waslala, Il paese sotto la pelle; una fiaba per ragazzi, La fabbrica delle farfalle; la raccolta di poesie L’occhio della donna.
L’11 settembre 2024, alla sessione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, Gioconda Belli, presidente del PEN Nicaragua, ha descritto la repressione delle libertà civili del suo paese, purtroppo in aumento:
“Le azioni e le dichiarazioni del regime dimostrano di essere un percorso sistematico per imporre una narrazione distorta della storia e una cultura di cancellazione dei nostri valori e tradizioni. Impongono silenzio ai cittadini nel tentativo di elaborare un nuovo credo pericoloso per i giovani, lontano dall’anima del popolo del Nicaragua”.
Ma cosa è successo in Nicaragua, il paese centroamericano fra il Costarica e il Guatemala, ricco di testimonianze dei colonizzatori spagnoli che in questo paese avevano posto il loro Governatorato?
Dagli anni trenta del novecento i nicaraguensi avevano vissuto sotto il giogo di una dittatura guidata da Anastasio Somoza con l’approvazione degli Stati Uniti che fino ad allora avevano mantenuto la loro presenza nel Paese centroamericano: si stroncava nel sangue ogni timido tentativo o anche semplice idea di un’autonomia nazionale del paese. Nel 1934 Somoza assassinò Augusto Cesar Sandino, una figura di spicco nella lotta contro l’imperialismo statunitense. Questo personaggio fu d’ispirazione per l’organizzazione politica e armata che creò nel 1961 il Fronte sandinista di liberazione nazionale (FSLN). Dopo lunghi anni di lotta, questo gruppo riuscì a prendere il potere nel 1979 e governò il paese fino al 1990.
Dopo 16 anni caratterizzati da vari governi amici degli USA come quello di Violeta Chamorro, che si alternavano alla guida del paese, il Fronte sandinista rieleggeva nel 2006 il proprio storico leader Daniel Ortega, che da allora ha mantenuto saldamente la carica presidenziale, venendo rieletto, con crescenti percentuali di consenso, in altre tre occasioni, l’ultima nel novembre del 2021 col 75,92 per cento dei voti. Nel 2018 vi furono manifestazioni contro il governo che lasciarono vittime sul campo.
Quel che succede è notizia di attualità: il regime di Ortega è disposto a tutto pur di rimanere al governo e al potere. Daniel Ortega con la moglie Rosario Murillo, da leader del Fronte rivoluzionario Sandinista, rivoluzionario in nome della libertà, è diventato un dittatore che impone i suoi valori ormai del tutto diversi ad un popolo impaurito dalla violenza, dai soprusi, dalle persecuzioni anche contro il clero critico e dalla scoperta violazione istituzionale dei diritti umani.