Buzzati e la Santa Rita dei “Miracoli di Valmorel”

La cripta nella chiesa di San Giacomo a Feltre, a lei dedicata, potrebbe aver ispirato lo scrittore bellunese?

La chiesa di San Giacomo di Feltre (Belluno) è fra le più antiche della città che diede i natali al grande educatore ed umanista Vittorino de’ Rambaldoni (detto per questa ragione “da Feltre”), ed è l’unica ancora officiata della parte urbana intra moenia. Ma se per le guide turistiche essa è conosciuta come chiesa dedicata a San Giacomo Maggiore, dalla maggior parte dei feltrini è conosciuta come chiesa di Santa Rita da Cascia, in virtù della presenza di una cripta ipogea a lei dedicata. Nonostante la vetustà dell’edificio (sec. XIV) che è ubicato nella centralissima via Mezzaterra, nelle sue viscere si cela un piccolo scrigno di spiritualità, arte e devozione dedicato alla Santa degli Impossibili. Il sacello venne realizzato nella metà del ’900, all’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale.

Il piccolo oratorio, che prima dei fatti che ora narreremo era adibito a cantina e deposito e non collegato con la soprastante chiesa, fu trasformato in luogo sacro – accessibile poi grazie ad una stretta scaletta costruita sul lato sinistro dell’altar maggiore – a seguito dello scioglimento di un voto, conseguente alla preghiera disperata di un feltrino rinchiuso nel Campo di Concentramento di Bolzano. Si trattava di Mariano Turrin, che nel 1944 fece un voto alla Santa dei miracoli impossibili: se fosse uscito vivo da quel luogo di detenzione, nel quale era stato deportato, le avrebbe reso un omaggio tangibile. Fu poi grazie all’intercessione di don Pietro Tiziani che egli poté sciogliere l’impegno assunto: insieme alle donazioni di altri devoti si arrivò ben presto al progetto (1946) e alla realizzazione della piccola cappella, inaugurata nel 1947 con una solenne processione partita dalla Cattedrale di San Pietro, testimoniata anche dalla stampa locale.

All’interno dell’oratorio sono custodite un’opera d’arte dello scultore di Pergine Ruggero Rossi (Possagno 1881-Arco, 1980), allievo del bellunese Valentino Panciera Besarel (Astragal, 1829-Venezia, 1902), e affreschi del pittore plavense Giuseppe (Bepi) Modolo (Mareno di Piave 1913-Creazzo 1987), raffiguranti la santa dedicataria. Ma la questione del voto espresso nell’intimo da Mariano Turrin in uno degli scorci più bui della storia d’Italia, quello dedicato alla santa da Cascia, può a nostro avviso aver ispirato un grande bellunese nell’ideazione della sua ultima e più complessa opera. Stiamo parlando di Dino Buzzati (Belluno, 1906-Milano 1972) e dei suoi celebri Miracoli di Val Morel, un’opera che riassume tutta la sua poetica artistica (pittorico-letteraria, filosofica e biografica) e che ha come protagonista proprio Rita da Cascia. L’opera – che fu prodotta per la richiesta fattagli da un gallerista veneziano, Renato Cardazzo, che desiderava organizzare una mostra di Dino nella città lagunare – venne pubblicata nel 1971. I Miracoli sono in pratica un catalogo pittorico-narrativo comprendente una quarantina di tavole dipinte, ma per molti studiosi questo volume è qualcosa di più: esso costituisce la prova più densa del suo romanzo esistenziale e poetico, quasi “un racconto in trentanove piccoli capitoli, risolto più con le immagini che con le parole” – a detta di Buzzati stesso – che illustra altrettanti “Per Grazia Ricevuta” fantastici ed immaginari, con relativa spiegazione, e risolti, nella finzione letteraria, da Santa Rita. A Val Morel, o Valmorel, che è un luogo reale del comune di Limana in Valbelluna – narra l’autore nella cornice introduttiva – esisteva un tempo un santuario-sacello pieno di tavolette di ex voto naïf, da lui visionate e poi mai più riviste, se non nei ricordi, quando dopo la guerra, nel 1946, vi poté ritornare.

La provincia dolomitica bellunese è costellata di siti votivi antichi e antichissimi, ed è caratterizzata dalla presenza di numerosissimi ex voto: dalla “stipe” del Veneti Antichi di Làgole di Calalzo al santuario dei Santi Vittore e Corona; dalle tavole P.G.R. dell’antica chiesetta di Sant’Andrea di Belluno alla “Madonna del Voto” di Fonzaso. Ed infine, alla cripta dedicata a Santa Rita che si trova proprio in quella chiesa di San Giacomo di Feltre nata per quel voto fatto da Mariano Turrin. Che Buzzati abbia potuto trarre ispirazione proprio da questa cappella per immaginare quella di Valmorel? Ci sono molti elementi all’interno dell’opera che ci inducono almeno ad ipotizzarlo: non solamente il tema dell’ex voto, ma anche quello della guerra, che ricorre nella cornice introduttiva del volume. Si dà poi il caso che uno dei Miracoli abbia un’ambientazione feltrina (“Il pettirosso gigante”); oppure il fatto che lo scrittore avesse legami importanti di stima ed amicizia con gli Alpago Novello, che con la città del Vittorino ebbero un rapporto privilegiato[1]. Alcuni studiosi buzzatiani – Patrizia Dalla Rosa in primis e Marco Perale – hanno già sottolineato come il paesaggio naturale, la storia e le tradizioni bellunesi abbiano grandemente influenzato l’immaginario pittorico-letterario dell’autore dei Miracoli, peraltro esplicitamente ambientati in Valbelluna.

La nostra ipotesi è che, anche da un punto di vista della genesi spirituale dell’opera, Buzzati abbia potuto attingere ad altri elementi, forse sedimentati nei suoi ricordi, come lui stesso ammette nell’introduzione, rintracciabili non solo nella cripta citata, ma anche nella profonda devozione popolare dei feltrini a Rita da Cascia. Senza dimenticare quelli iconografici: basti confrontare i volti e lo sfondo del quadro dipinto da Dino[2], oggi custodito nel municipio di Limana, con quelli della scultura del Rossi. E poi, a ben pensarci, nel territorio limanese, a differenza di Feltre, un sacello-santuario dedicato alla Santa degli Impossibili non è mai esistito, se non nella mente creatrice dell’autore. Quello ubicato a Valpiana, verso Valmorel, che si può visitare oggi è un parto che ha origine dalla fantasia letteraria del grande bellunese, ma realizzato con il suo avallo dopo l’uscita dei Miracoli ed inaugurato nel 1973, lui già scomparso a causa di un male incurabile: forse che i Miracoli siano stati il suo tentativo di chiedere una grazia alla Santa dei casi impossibili?


[1] È risaputo ad esempio che Alberto Alpago Novello (Feltre, 1889– Frontin di Trichiana, 1985) ha contribuito a porre in sicurezza contro furti o atti vandalici alcune delle opere più preziose presenti nella chiesa di San Giacomo.

[2] La cosa curiosa è che il sacello citato nei Miracoli di Val Morel, come detto, non è mai esistito, ma dopo la pubblicazione dell’opera, capitava spesso che turisti o curiosi approdassero a Valmorel alla ricerca del capitello dedicato a Santa Rita… senza tuttavia trovarlo! Fu così che illuminate autorità del luogo decidessero di realizzarne uno con il consenso e la complicità del celebre scrittore e giornalista e pittore bellunese. Gli fu anche chiesto di dipingere un quadro che raffigurasse la santa. Purtroppo Buzzati non poté vedere completato il disegno delle autorità locali, a causa della sua prematura morte.

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