Il tempo di un nuovo Risorgimento, debitori alla passione del primo

Di fronte alle sfide di un mondo impazzito, sta a noi riscoprire la speranza

Ho visto una foto. Una foto in bianco e nero, come rigenerata da antiche radici di un tempo tremendo, sepolte e vive. Quattro soldati con i fucili pronti, cinque civili colpevoli o innocenti di qualcosa, pronti, vivi per l’ultima volta, in un istante immobile nella storia della Terra. Visti di spalle. più indietro ancora, immaginata, io muta a guardare, dalla parte dei fucili.

Come oggi.  Anche se conosciamo benissimo, in immagini e in voce, tutte le infamie ufficiali che avvelenano il mondo, e pur soffrendone al punto di sentirle intollerabili, pure per difesa ce le rendiamo tollerabili, e restiamo muti a guardare, dalla parte dei fucili. E delle bombe, dei droni, degli abusi, delle violenze, delle leggi per poter delinquere in pace.  E non è finita.

Cosa è successo al mondo, perché?

Chi era nato intorno agli anni della guerra conosceva la privazione, la tenacia, il ponte del desiderio che porta alle conquiste; distingueva il necessario dal superfluo, dall’abbondante e dall’eccessivo. Se era attento, sapeva dove fermarsi. Ma ai bambini si voleva dare tutto, quello che era mancato e tutto il nuovo che arrivava, ed era troppo: in realtà erano i genitori che avevano ancora bisogno di giocare, i piccoli in breve tempo non avevano più desideri, né gratitudine.

I ragazzi sempre più autonomi, gli adulti scoprono sempre più superfluo per sé, ai figli si fanno regali costosi, tecnici e solitari, in tante case non si parla più. I valori che un tempo passavano da una generazione all’altra con naturalezza, per piccole frasi così ovvie che non ci si rendeva conto di imparare, ora sono come fiori senz’acqua, non profumano più.

Scorrono via i decenni, ma i ragazzi hanno sete, e se non trovano intorno qualcuno che abbia abbastanza amore da poter essere un maestro, a tentoni un maestro se lo cercano, e scartano tutto il resto; vogliono libertà, ma spesso non sanno da cosa, e allora libertà da tutto, prendo quello che voglio, perché non dovrei.

E la parte di società che sta tranquilla nella sua nicchia di benessere li disprezza, e non prova a capire. “Tanto sono cose che non mi riguardano, mio figlio è bravissimo, non le farebbe mai”. Le fa, Signora, le fa. Nelle bande di tredicenni sulle strade della notte ci sono i figli dei palazzi belli.

L’Uomo sapiens, quando si applica alla scienza, si fissa un obiettivo e procede “per prova e per errore”; l’Homo vivens di questo tempo ha dentro un libro silenzioso che gli dice la stessa cosa, ma l’obiettivo è l’oggetto della ricerca, si comincia dall’errore. Si prova, si sbaglia si riprova, si incontra qualcuno che insegna pensiero e curiosità, qualcuno che propone passione e fatica – e siano benedetti gli sport poveri, gli insegnanti appassionati, gli artisti che lavorano per l’arte, gli animali da amicizia, e chiunque altro sappia guardare e sorridere dal profondo degli occhi.

È il futuro?  Sì, voglio credere di sì, e non è una cosa da attendere, è già qui. Nell’universo di tentativi in cui è esplosa la giovinezza di questo nostro tempo, in realtà già c’era la forza della rinascita, già in tanti sono pronti a volere un mondo più giusto, di cui essere artefici e protagonisti: non desiderare soltanto, volere: conoscono i valori non da parole d’altri, ma dall’averli visti esistere e  mancare.

La vita sa fare questo. E adesso, improvvisamente, la Storia sembra avere fatto un salto. l’orgoglio delle nostre radici, che pensavamo intoccabile, eterno anche senza nostra collaborazione, in realtà non arriva alle genti nuove del mondo: quando è notte, il sole del giorno prima non illumina più.

Chi legge, chi studia, conosce la grandezza dei nostri antichi, e da loro impara, ma da noi?  Chi ci guarda oggi ci giudica da quello che tolleriamo.

C’è sempre ancora la lotta fra la passione e il disimpegno, fra l’onestà e la corruzione, ma l’astuzia del male è quella di usare le parole del bene per definire le proprie azioni, e tanti abboccano. Si è formato un terremoto silente, l’oceano si è ritirato e noi siamo andati con lui, adesso torniamo, tzunami a noi stessi.

Non è stato improvviso. La Storia ha fatto il suo lavoro con ordine. I potenti di oggi si sono costruiti per prova e per errore, osando infamie sempre maggiori, che noi abbiamo continuato a tollerare, con le parole finte della diplomazia.

Adesso ci impressiona la naturalezza con cui sono arroganti, ma è perché i tasselli delle loro conoscenze sono tutti a posto, e loro ci vedono come siamo davvero: senza nerbo, divisi anche fra noi, vecchi europei dalle tante guerre, su un palcoscenico che cambia troppo in fretta, e trema.

Ed ecco che i più ricchi e potenti del mondo, cresciuti senza scrupoli morali e senza altri obiettivi che quello del successo, come i nostri ragazzini senza guida dicono “Prendo quello che voglio, perché non dovrei”.

E noi già offriamo la gola al morso del più forte, perché davvero in questo modo tranquillo e senza remore di gestire l’arroganza loro saranno sempre più forti di noi. Dobbiamo, certo, cercare nella nostra antica nobiltà di pensieri la dignità di una reazione   “che faccia capire chi siamo”, ma soprattutto dobbiamo esserlo, quello che pensiamo di essere.

I nostri antagonisti ci conoscono divisi e inconsistenti (“Non ci sono le condizioni per un dialogo con l’Europa”) è adesso l’ora, subito, di scendere dai nostri orgogli solitari e diventare figli, finalmente, del sogno grande d’Europa che ci è stato maestro.

Difficile, sì. È un secondo Risorgimento, siamo debitori alla passione del primo: il campo si è allargato, dobbiamo dimostrare la vitalità dei nostri valori, onorare l’umiltà e l’orgoglio.

Non perdiamoci nelle pallide speranze che la ragione ci consente, ognuna ha la sua meta e il suo fuoco, e un fallimento che la può spegnere; abbiamo bisogno di SPERANZA, che è una forza dello spirito e non può essere spenta da niente al di fuori di noi. Questa è l’energia che fa nascere i popoli, o rinascere.

Quante volte abbiamo pensato, di fronte al dilagare della violenza dissennata, e dello sfrontato malaffare di questi ultimi anni, “non si può andare avanti così, deve succedere qualcosa”: a volte la Storia sembra raccogliere i pensieri confusi dell’uomo, e qualcosa succede.

 In questo tempo, che tutti percepiamo come un cambiamento epocale, la Storia ci offre una scelta: veder cambiare il mondo, o aiutarlo a cambiare.

Sta ad ognuno di noi, nel nostro piccolo, stare muti a guardare i fucili che sparano (anche contro di noi) o credere nella nostra SPERANZA. Poi le azioni verranno, e saranno come noi.

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