I pericoli e la ferocia di un capitalismo che si mostra insofferente ad ogni regola
Necessaria una reazione di quanti non si rassegnano a vedere violato ogni principio di eguaglianza o dismessa ogni aspirazione alla solidarietà sociale
Siamo già ad un quarto del secolo nuovo. Non ha portato con sé una ventata di ottimismo. Semplificando: nella riorganizzazione del mondo ha vinto il capitalismo. Un capitalismo speculativo, basato più sul controllo di flussi finanziari da cui estrarre il maggior profitto possibile a breve termine che dalla produzione di beni materiali, sostenuto dal controllo delle nuove tecnologie informatiche. Un capitalismo insofferente ad ogni regola, statale o sovranazionale. Con un potere pervasivo e globale, insensibili alle decisioni delle istituzioni pubbliche. Entra in crisi anche il concetto di convenzione costituzionale: quelle regole intangibili destinate ad offrire alla convivenza umana un sistema di garanzie per la libertà di tutti. Vedendo Trump all’opera si vede l’odio, proprio di ogni forma di governo autoritario, per ogni bilanciamento dei poteri che è invece l’essenza della democrazia, da quando si è formata.
Mutata mutandis possono applicarsi alla attualità le coraggiose parole di Papa Leone XIII che alla fine dell’Ottocento con l’enciclica Rerum Novarum metteva in luce l’oppressione sociale dei più poveri: “… avvenne che a poco a poco gli operai rimanessero soli ed indifesi in balia della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Accrebbe il male una usura divoratrice … a causa di ingordi speculatori. Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all’infinita moltitudine dei proletari un giogo poco meno che servile”.
Sulla spinta di queste parole ci fu una riscossa del mondo cattolico più attento alla questione sociale, che divenne sempre più influente nell’arena pubblica, attraverso organizzazioni sociali, sindacati, presidi del territorio, organizzazione di un pensiero, fino ad arrivare alla creatura di Don Luigi Sturzo, il Partito Popolare Italiano, cui dettero un contributo decisivo uomini come il nostro Sebastiano Schiavon. Alle elezioni del 1919 il neonato Partito Popolare ottenne il 20,5 per cento dei consensi, conquistando 100 seggi parlamentari.
Per combattere la situazione descritta da Papa Leone ci volle comunque un lungo percorso: di pensiero, organizzativo, di lotta sociale. Quando nel 1942 Lord William Beveridge (un conservatore inglese…) teorizza la necessità di un sistema di welfare individua la necessità dello Stato moderno di combattere questi mali sociali: miseria, ignoranza, bisogno, disoccupazione, malattia. È un compromesso tra capitale e lavoro che ha consentito nella seconda metà del Novecento l’avanzamento del benessere, dei diritti e delle libertà: più ricchezza prodotta, più benessere distribuito, più tutele per il lavoro, la salute, l’istruzione, più partecipazione alle grandi organizzazioni partitiche e sindacali, più vitalità della democrazia.
Questo compromesso virtuoso è ormai messo in discussione. La vita democratica come l’abbiamo conosciuta si fa sempre più esangue: partiti e sindacati sempre più deboli, scarsa partecipazione al voto, il principio di verità apertamente violato con l’uso potente degli apparati digitali, un arretramento generale delle conquiste sociali, un deprezzamento del lavoro. Come vediamo negli Stati Uniti anche l’ispirazione religiosa viene usata a protezione di una visione individualista che giustifica il successo economico dei singoli. Come ha osservato Mauro Magatti non vi è più nulla di quella ispirazione basata sulla cultura del lavoro, la disciplina di sé, della solidarietà come dovere di mettere a disposizione del prossimo i propri talenti che è stato un collante potente nelle società occidentali.
A creare questa situazione hanno contribuito anche gli errori del mondo progressista: che negli ultimi decenni non ha capito l’importanza di un tessuto valoriale da difendere, lo spazio che può avere la dimensione spirituale, un discorso pubblico concentrato sui diritti individuali di minoranze piuttosto che sulla difesa e l’avanzamento dei diritti sociali diffusi, la produzione di una cultura woke elitaria che ha voluto mettere in discussione in modo superficiale acquisizioni sociali e culturali. Che ha ignorato il grande tema di come affrontare le paure in una società in rapidissimo cambiamento in cui tanti punti di riferimento venivano messi in discussione.
Chi ha a cuore la democrazia, intesa come rispetto per ogni cittadino, partecipazione dal basso alle decisioni collettive, presenza di regole di protezione della libertà di ciascuno da qui deve ripartire. La violenza trumpiana potrà suscitare una reazione in quanti non si rassegnano a vedere violato ogni principio di eguaglianza, dismessa ogni aspirazione alla solidarietà sociale.
Il mondo è cambiato, i tecno capitalisti lo hanno capito e in parte lo hanno forgiato. Spetta a chi intende combattere questo mondo basato sull’accentramento del potere, sulla limitazione delle libertà fondamentali, sull’acuirsi delle disparità sociali aprire una battaglia a viso aperto. Come seppero fare all’inizio del 900 tra gli altri i cattolici, sull’onda della parola di Papa Leone XIII.