Giacomo Leopardi e il Veneto

Il grande poeta non venne mai nei nostri territori, ma l’abate Zanella ebbe contatti con la famiglia recanatese

Giacomo Leopardi non vide mai Venezia né Padova, ma il Veneto è ben presente nel suo ambito letterario perché i libri che il poeta leggeva uscivano dai torchi delle stamperie padovane e veneziane dell’epoca. Una mostra allestita qualche anno fa a Padova dal titolo “Leopardi e la cultura veneta”, in occasione del bicentenario della nascita del recanatese, ha reso testimonianza di un legame così forte da poter annoverare a pieno titolo la nostra regione – osserva Loretta Marcon, studiosa assidua del grande poeta – nell’universo leopardiano.

Giacomo Zanella fu affascinato dai Canti del cantore di Silvia di cui portava il nome e l’amore per i temi della poesia leopardiana ben si comprendono anche solo pensando a quella melanconia perdurante che lo tormentò, all’insoddisfazione della vita che condusse ritirata soprattutto dopo una malattia depressiva e al suo sempre presente desiderio di serenità e di quella quies che l’abate fece stampare nel frontone della sua villa a Cavazzale. Zanella ebbe una frequentazione con la famiglia leopardiana e carteggiò con Teresa Teja, seconda moglie di Carlo Leopardi. Ricordiamo il prezioso “scrittarello” apografo leopardiano che Zanella diede alla sua allieva Vittoria Aganoor, scritto che porta la data del 30 giugno 1828, un momento di grande felicità poetica che diede vita alle liriche più belle del recanatese: Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio e il Canto di un pastore errante dell’Asia.

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