I “miei” nove papi, con fiducia e gratitudine
La memoria ripercorre, attraverso i decenni, le figure che hanno guidato la Chiesa
È stato un grido di gioia sportiva, il mio Sììì! Quella sera di marzo, come di fronte ad un bel gesto atletico, quel gran bel gesto atletico di Dio: Franciscum! C’era già tutto nel nome, il tessuto umano e il programma, e lo Spirito che già tante volte ci ha fatto pensare d’esserci davvero, sotto chiave con gli altri, invece delle mire di potere ha portato avanti uno sguardo libero e lieto, al posto dell’alta finanza il sudario senza tasche del mio Papa.
Ho condiviso la Terra con otto Papi: il primo, Pio XI, il grande Ratti, se n’è andato nel 1939, avevo solo un anno, ma gli altri li ho vissuti.
Pio XII, Pacelli, era figlio ancora del “timor di Dio” nel senso di paura, quindi quel senso pensava di dover dare, e almeno ai semplici quello dava. Ricordo che i giardinieri si nascondevano quando lui compariva in pensoso passeggio, perché il Papa non si doveva guardare, e i due giornalisti che si sono arrampicati sulle mura del Vaticano per osare qualche rarissima foto hanno sollevato sdegno. È morto a Castelgandolfo il 9 ottobre 1958, ultimo Papa della Chiesa vecchia.
Poi, il 28 ottobre 1958, il sorriso bonario, la serenità, il discorso della luna, la carezza ai bambini: come il primo calore d’un aprile nuovo, Angelo Roncalli, Giovanni XXIII, “il Papa buono”. Tre mesi dopo, nello sbalordimento generale, annunciò il Concilio Vaticano secondo. Dentro la sua semplicità stava una forza capace davvero di cambiare le sorti del mondo: nell’ottobre del ’62, appena indetto solennemente il Concilio, mentre correva la Terra il gelo della guerra fredda, e la crisi dei missili di Cuba era in fibrillazione, le onde del suo radiotelefono portarono la sua preghiera “per il bene supremo della pace” direttamente nel cuore di due uomini potenti, che spensero l’orgoglio e rinunciarono alla guerra nucleare. Quell’anno, da Mosca arrivarono al Papa gli auguri di Natale.
Come Pacelli era stato un Papa dello Stato della Chiesa, in un mondo fatto di Stati, così Giovanni ha saputo essere un Papa della Chiesa di Dio in un mondo fatto di uomini. Da lì è nato il Concilio, dalla capacità di percepire la “ricrescita” nel mondo cattolico, l’esigenza di autenticità che mordeva il freno delle cose vecchie. E di quanto siano tenaci le forze che si oppongono ad un ritorno alla purezza del Vangelo, purtroppo c’è prova ancora oggi. Se n’è andato, Giovanni, il 3 luglio del ’63, amato.
Un’annotazione mi pare doverosa, conoscendo noi oggi il… futuro di quel tempo passato. Nel conclave che elesse Papa Giovanni, la competizione più appassionata fu con i sostenitori del Cardinale Aghagianian, venerato esponente del cattolicesimo Armeno, instancabile lavoratore per la giustizia e la pace. Roncalli lo tenne poi fra i suoi collaboratori più preziosi, affidandogli fra l’altro delle fasi preparatorie del Concilio.
Nel conclave successivo Aghagianian era di nuovo degnissimo papabile.

Ma si era all’inizio della stagione del terrorismo, l’attenzione dei Servizi segreti era grande, e il Sifar fece avere ai cardinali un dossier che avvertiva come la sorella del cardinale armeno, in visita a Roma, si fosse messa in contatto con l’Ambasciata di Russia. Tanto bastava per sconsigliare di prendere in considerazione il fratello. Il quale, anche senza essere Papa, continuò a lavorare per i poveri e la giustizia: sua l’affermazione che “Non vi può essere spazio per la mediocrità nei cristiani”. Morirà a Roma nel settembre del 1971. Ma sentiremo ancora parlare di lui.
Il 21 giugno 1963 fu eletto Paolo VI, Montini, le lettere, i viaggi, la dottrina. Serio, ma non severo, un sorriso gentile, tanta cultura senza vanagloria. Pareva distaccato, anche per il confronto col predecessore, ma nel dramma del Paese e dell’amico Moro mise tutta la sua cultura e la sua umiltà ai piedi dei brigatisti. “Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse… è in questo nome supremo di Cristo che io mi rivolgo a voi, ignoti e implacabili avversari di questo uomo degno e innocente, e vi prego in ginocchio, liberate…”. Non bastò. E non so se fu più tragico aver pregato invano le Brigate, oppure con tutta l’anima il suo Dio. Se ne è andato il 5 agosto 1978, l’anno dei 3 Papi.
26 agosto 1978: già nel nome la modestia e la sintesi, non un nome tutto suo, ma la continuazione dei due che l’hanno preceduto, Giovanni Paolo. Amato subito dalla gente, coraggio da uomo di montagna e dolcezza di pensiero: parlava di Dio Madre e voleva vedere i conti del Vaticano. Aveva la statura dell’uomo puro. Morì il 28 settembre 1978, dopo appena 33 giorni che parvero significativi. Chi l’ha amato allora non l’ha dimenticato.
16 ottobre 1978: sale al soglio un Papa straniero. Correvano profezie, in quegli anni, a quanto pareva erano giuste le profezie ma sbagliati i papi: quella “giusta”, in quell’occasione, diceva di uno straniero che sarebbe stato l’ultimo Papa della Storia. Un Papa nero. Ricordo, ero con amici, qualcuno ha detto hanno fatto il Papa”, e chi è? Mah, forse un africano, è un nome strano… Ci siamo cercati gli occhi: Storia? Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II. Nel nome ancora una conferma a chi l’aveva preceduto, ma con una personalità fortemente originale. Era nato a Wadowice il 18 maggio 1920, durante un’eclissi di sole. Il giorno del suo funerale, l’8 aprile 2005, il vento di un’altra eclissi muoverà le pagine del grande libro del Vangelo, come a liberarne le parole nell’aria di tutti.
Affronta fin dall’infanzia lutti e difficoltà, vive con passione le sofferenze politiche del suo Paese, si forma alla vita lavorando in una cava e in una fabbrica chimica, promuove un teatro clandestino per cui scrive egli stesso dei testi. Poi la sua preparazione religiosa ha tappe di grande raffinatezza, ma la giovinezza laica si sente, quando in giro nel mondo parla al coraggio dei poveri e alla vergogna degli sfruttatori. E al risveglio dei giovani. “Non abbiate paura!”. Il popolo dei giovani, come una forza unica, non c’era ancora. Si sono riuniti intorno a lui in chiassoso entusiasmo, i Papa Boys, e certamente qualcosa di vero resterà oltre la loro adolescenza.
Carismatico, forte, il suo “Convertitevi!” alle mafie poteva far tremare, ma la gente lo ha ammirato nella sua energia, amato nel coraggio della debolezza. Santo subito! Come se la gente volesse che a mettergli un’aureola sul capo non fosse una struttura prudente e impersonale, ma il calore della propria anima pulsante. Se n’è andato nella sua bara d’ulivo l’8 aprile 2005 e il sole non gli ha fatto ombra.
Il 19 aprile 2005 viene eletto, con il nome di Papa Benedetto XVI, il tedesco Josef Ratzinger, autorevole conoscitore di testi sacri, che si dimette il 28 febbraio 2013, motivando la decisione con l’avere constatato una diminuzione delle proprie forze, che non riteneva più sufficienti al compito. Si percepivano molte forze in gioco nell’ambiente e intorno, inquietanti. Per me oscure, non sento di poter esprimere un’opinione motivata e serena. Irrituale anche il lungo periodo di coesistenza in Vaticano con il nuovo, meraviglioso, Papa della speranza.
Per completare ciò che ancora non abbiamo detto di un altro che non è stato Papa: nel settembre del 2024, a più di 50 anni dalla morte del Cardinale Aghagianian, ne viene esaudito il desiderio di essere sepolto in Libano, suo paese d’elezione, dove aveva molto operato ed è tuttora amato e venerato. Quando viene aperto a Roma il sepolcro per il trasferimento, il corpo è trovato incorrotto. Si trovano le foto in rete, è di una bellezza commovente.
È aperta la causa di beatificazione e canonizzazione: non ha avuto bisogno del Papato.
Torniamo a quel 13 marzo del 2013, col sorriso sereno dell’uomo che ha voluto chiamarsi Francesco. Il nome era già una novità assoluta nella storia dei Papi, scelto da un gesuita era una rivoluzione: la sapienza e la purezza unite in un programma di completezza, di armonia e di perfezione. Guardandolo, già la prima volta, si sentiva che era diverso: era lì per noi, come ogni altro Papa, ma lui era lì con noi. La spontaneità della sua gioia conquistava, il sorriso ornava in qualunque condizione di difficoltà o sofferenza se c’erano i suoi, i bambini, i poveri, le persone autentiche che sapevano di abitare dentro di lui. Era un pastore d’agnelli.
La forza della sua passione morale gli ha procurato il rispetto di tanti laici nel mondo e, invece, tanti avversari all’interno della Chiesa strutturata, legata alle forme antiche, perché insegnava il cristianesimo nativo, liberato dalle sovrastrutture, dalle abitudini, dalle ingessature istituzionali; parlava come un uomo che ha dentro un mare di Dio e lo vuole regalare, era complice delle nostre speranze e della tenerezza di Dio.
Infine oggi, lo scorso 8 maggio 2025. Papa Leone XIV. Ho appena visto il mio nono Papa. Per quello che emanava da lui, mentre diceva quello che diceva, mi si è aperta una voragine di fiducia, di gratitudine, di pace. Il mare di Francesco ha un’altra nave.