Papa Leone XIV e il Giubileo dei Giovani: “Le nuove generazioni sono come le rondini”
A Tor Vergata un pellegrinaggio e un raduno in nome della Speranza
Cos’è veramente la felicità? Qual è il vero gusto della vita? Cosa ci libera dagli stagni del non senso, della noia, della mediocrità? […] Come un prato che, “fatto di steli esili, vulnerabili, soggetti a seccarsi, piegarsi, spezzarsi”, si rigenera con nuovi steli per i quali “generosamente i primi si fanno nutrimento e concime, con il loro consumarsi sul terreno”, e si rinnova “anche durante i mesi gelidi dell’inverno, quando tutto sembra tacere”, perché “si prepara ad esplodere, a primavera, in mille colori”. Siamo fatti per questo. Non per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore. E così aspiriamo continuamente a un “di più” che nessuna realtà creata ci può dare.
(Giubileo dei giovani. Omelia del Santo Padre Leone XIV. Tor Vergata, 3 agosto 2025)
Immaginare un milione di nativi digitali e iperconnessi, disponibili all’ascolto e al silenzio, pronti a lasciarsi interpellare dall’esigente richiamo della propria interiorità, da molti era stato considerato un sogno di mezza estate!
Invece il Giubileo dei giovani si è imposto come novità reale e inattesa, offrendo freschezza e vitalità alla calda estate romana. Tor Vergata ha accolto una generazione di giovani in grado di sorprendere, desiderosa di parole positive, propositive e ricche di senso.
Torna alla memoria il discorso che Giorgio La Pira, nel febbraio del 1964, rivolse ai giovani da lui ospitati a Palazzo Vecchio, in occasione dell’inaugurazione della Conferenza Internazionale della Gioventù per la Pace e il Disarmo organizzata a Firenze.
“[…] Le generazioni nuove sono, appunto, come gli uccelli migratori: come le rondini: sentono il tempo, sentono la stagione: quando viene la primavera essi si muovono ordinatamente, sospinti da un invincibile istinto vitale – che indica loro la rotta e i porti! – verso la terra ove la primavera è in fiore! Così le generazioni nuove del tempo nostro: “haec est generatio quaerentium eum”. Sentono il tempo: sentono la stagione storica nuova del mondo; sono internamente mosse da un invincibile istinto vitale che Dio loro comunica e che fa loro scoprire ed attraversare […] Se tutto ciò è vero – ed è vero! – che fare allora? […] Iniziare, appunto, insieme, […] arditamente, questa strada in ascesa -ancora ripiena di tante pietre di inciampo, di tante resistenze e di tanti pericoli- per attraversare le frontiere nuove della storia e pervenire così, come si è detto, alla terra promessa della pace, della unità, della libertà, della elevazione ed illuminazione spirituale e civile di tutte le genti”.
Sono trascorsi più di sessant’anni da quando il professor La Pira, a quel tempo sindaco di Firenze, intervenne rivolgendosi ai giovani, introducendo la prospettiva storica della progressiva unità del mondo: “Tutti i muri sono spezzati: tutte le barriere sono infrante; tutti gli schemi mentali di divisione sono tolti; i confini dei popoli sono trasformati da muri che dividono in ponti che uniscono! (…)”.
Ci ritroviamo oggi a temere una prospettiva storica che sembra regredire, anzi, sta regredendo, dove si torna ad alzare muri, a considerare il riarmo necessario e la guerra possibile, anzi in atto! Ciò che ostinatamente rimane è “il peregrinare”, il “migrare” delle nuove generazioni, che “come le rondini: sentono il tempo…, sospinti da un invincibile istinto vitale.
Il raduno di Tor Vergata è la dimostrazione che, anche oggi, i giovani sono disponibili a “iniziare, appunto, insieme, […] arditamente, questa strada in ascesa -ancora ripiena di tante pietre di inciampo, di tante resistenze e di tanti pericoli…”.
Certamente un evento come quello del Giubileo dei giovani interpella la coscienza di tutti, facendo emergere un paradosso sempre più diffuso: tanto più monta l’immagine negativa sui giovani, sulla fragilità e il disorientamento delle famiglie, sul naufragio della scuola, tanto più aumenta il rischio del disimpegno degli adulti.
Abbiamo conosciuto “i nuovi pellegrini di speranza”, cercatori di senso ma anche pronti all’incontro con adulti in grado di orientare, di indicare possibilità attraverso quello che vivono con coerenza. Come non pensare con preoccupazione al dilagare di una comunicazione social pervasiva, autoreferenziale e spesso distorta?
E se tornassimo a scoprire la bellezza di saper contare i nostri giorni, per dire ai giovani: diventate quello che siete, ci state a cuore, meritate il nostro sguardo, siete per noi persone preziose. Non perché siete performanti, eccellenti, i migliori, ma perché ciascuno di voi è chiamato a vivere la propria unicità e la propria originalità!
Oggi più che mai, le nuove generazioni hanno bisogno di adulti che siano tali, non solo dal punto di vista anagrafico, ma anche umano, capaci di accogliere e interpretare l’esistenza in modo aperto e creativo, in grado di coinvolgersi attivamente nei propri contesti di vita, attraverso le qualità relazionali, culturali, affettive che li caratterizzano.
Il 31 agosto ricorre il tredicesimo anniversario della morte del Cardinale Carlo Maria Martini. Il suo impegno pastorale, il suo stile e il suo metodo hanno ancora molto da dire agli adulti e alle giovani generazioni del nostro tempo, impegnate ad affrontare le sfide di oggi e di domani. Egli non faceva differenza tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti. I temi dell’educazione e della formazione sono stati sempre centrali nei suoi interventi, immancabili gli interrogativi: “[…] Sappiamo educare? Come ci comportiamo di fronte ai momenti difficili dell’educazione? Non c’è forse uno scarto tra le energie che impegniamo nel campo educativo e i risultati raggiunti? Siamo noi stessi educabili? Siamo pronti a mettere in questione il nostro modo di educare, a sottoporlo al vaglio, a riconoscere le nostre manchevolezze, a cambiare qualcosa?”.
Interrogarsi e interrogare per discernere, per accompagnare, per sostenere, per indicare la strada, per trovare ragioni, fino a “rendere ragione della speranza che è in noi” (1 Pt 3,15). Forti di questa speranza «Educare è come seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto» […] (Carlo Maria Martini)
Ora che il Giubileo dei Giovani è alle spalle, seminatori pazienti cercasi perché, in tema di educazione, le certezze non sono di casa. L’unica certezza è che sempre, “le generazioni nuove sono, appunto, come gli uccelli migratori: come le rondini: sentono il tempo, sentono la stagione: quando viene la primavera essi si muovono ordinatamente, sospinti da un invincibile istinto vitale”.


