Lo spopolamento della montagna e dei piccoli paesi: proposte per alcune possibili soluzioni

L’esperienza e la testimonianza di Simone De Toni, giovane abitante di Caprile che ha compiuto una precisa e consapevole scelta di vita

Nei mesi scorsi i telefoni del Dipartimento urbanistica della Provincia di Trento sono stati presi d’assalto dalle persone che chiedevano informazioni a proposito del bando per la rivitalizzazione delle aree a rischio abbandono. La Provincia infatti ha scelto 33 comuni, nei quali si è registrato un calo consistente di abitanti: 

Anche nel Veneto lo spopolamento dei territori montani rappresenta un problema. Tale fenomeno, iniziato nel secondo dopoguerra, a tutt’oggi non si riesce a fermare. C’è una continua riduzione della popolazione residente nei comuni alpini, in particolare nel Comelico, nel Cadore e nell’Agordino. Il calo demografico ha portato a una riduzione dell’agricoltura montana, dell’allevamento e soprattutto dell’artigianato, spingendo i giovani a migrare verso la pianura. Lo svuotamento dei paesi porta a conseguenze negative come il rischio idrogeologico, in quanto i terreni abbandonati favoriscono le frane, la chiusura dei le scuole primarie e delle attività commerciali. Per fermare lo spopolamento servirebbero interventi diversi come il turismo sostenibile e l’insediamento di nuove famiglie tramite contributi per il recupero dell’edilizia storica.

A questo proposito mi riallaccio all’articolo di Maria Luisa Daniele Toffanin apparso il mese scorso su questo periodico, in cui scrive del concorso “Insieme per Rocca”. Il premio della “Sezione Futuro” è stato vinto da Simone De Toni, un giovane abitante a Caprile piccolo paese dell’Alto Agordino, con una sua proposta che qui trascriviamo integralmente:

 Introduzione

Il vivere in montagna, e soprattutto nelle nostre vallate, da sempre, è caratterizzato dalla scomodità. Viviamo in paesi cresciuti grazie alle fatiche dei nostri avi, estirpati dai boschi di un tempo, alcuni costruiti su ripidi pendii, altri invece, in luoghi dove l’inverno è sempre in ombra. Un tempo queste scomodità creavano migrazione, spesso nei periodi invernali, dove le stue erano calde e colme di vita giovanile, e di lana, filata dalla manualità femminile che solo chi c’era può ricordare, mentre la mano d’opera maschile partiva, per guadagnare quelle miracolose lire, che poi venivano usate per comprare le materie che non si producevano nei nostri luoghi.

Ora il tempo è passato, anni di boom economico si sono mescolati alla continua ricerca della comodità, la necessità di avere denaro, ha implicato il cambiamento dei nostri paesi, e purtroppo l’abbandono di quelli più scomodi. La vita si è centralizzata sulle industrie e sul turismo, quest’ultimo sempre più influente nelle vite di noi “montanari”, spesso creando benessere, ma allontanando sempre più chi non ha la possibilità di lavorare direttamente con esso.  La semplicità dei nostri paesi viene commercializzata, case rustiche, tabie, majon, vengono vendute a prezzi turistici, diventando così seconde case lussuose. Di conseguenza, però, aumenta anche il prezzo della mano d’opera, rincaro dovuto alla scomodità di movimento certo, ma anche alla voglia di poter guadagnare qualcosa in più da parte dell’artigianato locale.

Da anni ormai si discute sullo spopolamento montano puntando il dito contro i giovani, sempre più invogliati a stabilirsi in paesi distanti, lontani dalle loro valli d’origine. La causa di tale comportamento è attribuita, spesso, alla carenza di comodità nelle nostre zone, e se non fosse così?

Presentazione

Sono Simone De Toni, vivo a Caprile di Alleghe, in via San Marco 48, nella casa storica di famiglia, risalente a fine ‘800. Costruita da mio tris nonno (Giovanni Rudatis, 1873-1939, figlio di Marianno da Lagusello) e casa natale di mio Bis nonno (Luigi Rudatis), è parte della storia del mio paese. Unica abitazione salva di via San Marco dopo l’incendio del 1895, venne incendiata nel 1917 durante la ritirata italiana dal fronte dolomitico, fu ricostruita, mantenendo invariati i muri perimetrali, nel primo dopoguerra (data riportata sul colmo del tetto 1920) e mai più modificata. Situata a pochi metri dalla piazza, fu invasa da acqua e fango nell’alluvione del 1966, da allora non è stata più danneggiata, ed è arrivata ai giorni nostri apparentemente in buono stato.

Durante la mia giovinezza, ho frequentato le scuole elementari di Rocca Pietore. Nella piccola classe della piccola (ma non ancora vuota) scuola, ho apprezzato la genuinità e imparato la semplicità dei nostri usi e costumi, le storie d’un tempo erano pane quotidiano, mentre i lavori passati ci venivano narrati dagli anziani del paese, le orecchie ascoltavano e la fantasia viaggiava… Purtroppo questa felicità, che con tanto amore ricordo, è dovuta cessare. All’età di 8 anni mi sono ritrovato a dover abbandonare questi luoghi, la mia casa, la mia scuola e trasferirmi ad Agordo, con mia madre e mio fratello, lasciando qui una parte gioiosa e indimenticabile della mia vita.

Gli anni si sono aggiunti ad altri, ed io, tra varie esperienze scolastiche, lavorative e sportive ho iniziato a posare le basi della mia vita, ma c’era qualcosa che frenava il mio entusiasmo. Ripensavo continuamente alla mia casa, qui, a Caprile ormai vuota (mio padre si trasferì ad Agordo nel 2016), a Rocca Pietore, dove avevo amici, alle tradizioni che non avevo più, ai balli, a tutti quei particolari che solo chi nasce nelle nostre valli sa cosa possono significare.

Fu cosi che, nel Dicembre 2020, voglioso di mantenere fede ai miei principi, decisi di tornare, e riaprire le porte della “césa Rudatis” a Caprile. Ora vivo secondo i ritmi di questa vecchia casa, l’estate si affronta facilmente, il tempo libero e i weekend li spendo per la maggior parte ad andare in montagna o a lavorare la legna per riscaldarmi nei mesi freddi.

L’inverno invece, è scandito da cicli giornalieri, in tutta la casa, senza riscaldamento, regnano tre fuochi: il primo, forse il più etico e passionale, è quello del fornel in stua. Il secondo è nell’altra stanza al piano terra, e si tratta del fuoco della cucina economica. Il terzo, invece, è in un semplice scaldabagno a legna al secondo piano. Tutto questo in me crea grande fierezza, imitare i gesti di un tempo, “coccolare” una casa che non ti regala le massime comodità e il vivere con semplicità è per me un motivo di vanto. Ritornare in questo luogo mi ha fatto crescere mentalmente, mi ha rindirizzato sulla mia idea di vita, sui valori che voglio dare ad essa, e non ho paura ad affermare che, se la vita riserva grandi gioie, a me, questa grande gioia è arrivata nel giorno in cui sono tornato a Casa.

Il mio progetto, la mia idea

Come ho illustrato in precedenza, io sono un giovane di 24 anni con la volontà di mantenere salde le mie radici nella mia valle di origine. La mia casa purtroppo, nonostante il fascino estetico e etico, ha dei grossi problemi strutturali, manca di fondamenta sul lato sinistro, la malta che ricopre i muri esterni è pericolosamente friabile, e il tetto rende pensierosi ad ogni nevicata abbondante. In più meriterebbe un rifacimento di tutti gli infissi, per permettere che, quel buon calore che viene generato, rimanga il più a lungo possibile all’interno dell’abitazione, la quale conta ben 364metri quadri calpestabili.

Confrontando le necessità di ristrutturazione della mia abitazione, con i prezzi di oggi delle materie prime e i costi della mano d’opera artigianale, ne è uscita una cifra talmente esosa da bloccare il mio entusiasmo nel voler rendere la casa più confortevole. Deluso da questa dura realtà, ho deciso di confrontarmi con i miei amici e coetanei ,i quali hanno dichiarato apertamente le mie stesse problematiche, ovvero, grosse difficoltà nel ristrutturare, o comprare case rustiche, qui, nelle nostre zone. Ed è proprio da questi confronti che è nata la mia idea, un idea basata sulle necessità dei giovani, che arriva da tanti discorsi da “bar” ma che, forse, potrebbe portare ad una piccola svolta sullo spopolamento e sull’disfacimento dei nostri paesi.

Calcolando la spesa per svolgere un opera di rifacimento e/o rafforzamento strutturale, che io definirei ristrutturazioni base o di “prima fascia” (tetto, fondamenta, opere di muratura e smaltatura esterna), di una abitazione centenaria, ne esce un importo medio di 25/30mila euro a singola opera. Ipotizzando che, un giovane avesse in eredità un abitazione, dove queste ristrutturazioni di prima fascia sono obbligatorie per rendere tale luogo agibile, il giovane si ritroverebbe a dover affrontare una spesa media di 75/90mila euro, senza calcolare arredi, impianti elettrici, idraulici e riscaldamenti vari, che io ritengo di seconda fascia in quanto meno costosi.

Se alla nostra ipotesi, aggiungiamo il fatto che, non tutti i giovani dei nostri paesi hanno la fortuna di avere in eredità un’abitazione, entra in gioco anche la necessità di doverne comprare una. Con l’aggiunta di questo fattore, oltre alle spese di ristrutturazione esposti in precedenza, si aggiungono i prezzi esosi di vendita delle strutture abitative nelle nostre valli, difatti una casa rustica e/o un fienile di paese, raggiunge un valore di vendita di media attorno ai 500/600euro al metro quadro (190mila euro per 380metri quadri).

Dando invece uno sguardo nel basso agordino, o nelle zone comunque considerate non turistiche, vediamo che a parità di spesa, una persona può permettersi dei lussi più alti, case meno antiche e spesso più grandi, con impianti di ultima generazione, o con ristrutturazioni minime da eseguire. Se in aggiunta a ciò, calcoliamo la comodità della vicinanza al luogo di lavoro (pensando alla percentuale di giovani che lavorano all’interno di Luxottica), le comodità della bassa quota in inverno, e infine le svariate comodità che un paese come Agordo può offrire, non dobbiamo stupirci se le nostre vallate sono, ormai da anni, sempre meno abitate, e i nostri antichi borghi, sempre più abbandonati.

Ritengo che, come me, siano tanti i giovani vogliosi di vivere nella loro valle di origine, sacrificando ore di sonno e di tempo libero per avere il piacere di vivere con etica montana la propria vita. Purtroppo però, come esposto in precedenza, per motivi economici, tale obbiettivo deve essere modificato, spesso trasferendosi nei bassi paesi dell’agordino e della provincia, vendendo le proprie proprietà, che diventano fonte di guadagno, ma non più punto di partenza per nuove generazioni. Queste proprietà vengono così vendute ai turisti, dei quali va apprezzata la volontà di investire nei nostri paesi, ma non si può non dispiacersi per lo sfacimento delle tradizioni di una casa secolare, che ormai vive solo una manciata di mesi l’anno.

Per evitare che ciò avvenga, si potrebbe applicare una soluzione dalle linee semplici e pulite. Sarebbe opportuno un investimento da parte dei comuni, i quali, anziché investire in opere pubbliche mirate a rendere più comoda la vita nelle proprie comunità, dovrebbero investire direttamente sui giovani, a cui verrebbe concesso un contributo a sostegno di quelle spese di ristrutturazione definite in precedenza di prima fascia, in case e fienili rustici. Tali opere di manutenzione dovrebbero seguire determinate linee guida garantendo la replica fedele delle abitazioni, senza portare stravolgimenti estetici e/o impattanti. Cosi facendo, i giovani, sentendosi anche aiutati da un comune che gli è vicino, verrebbero invogliati a ristrutturare o comprare abitazioni rustiche all’interno dei nostri borghi, e si ritroverebbero a dover sostenere altre spese, meno esose, come impianti e arredi interni, che anche se necessarie, non sono da considerarsi importanti come quelle strutturali.

Quindi, secondo la mia idea, con piccolo contributo da parte del comune, potremmo avere una stabilizzazione da parte dei giovani nelle nostre vallate, che potrebbero permettersi anche di acquistare queste abitazioni, in quanto si ritroverebbero a risparmiare sulle spese più pesanti. Inoltre, così, potremmo avere la protezione dei borghi, i quali verrebbero ristrutturati fedelmente all’antica immagine del paese, mantenendo intatta anche quella parte estetica e etica che caratterizza le nostre valli.

Per entrare un po’ più nel dettaglio, vorrei proporre delle linee che io personalmente inserirei in un bando per la cessione di questi contributi, analizzando nello specifico anche i numeri, per esempio un quantitativo massimale pro capite che si potrebbe ideologicamente concedere, e anche sulle cifre monetarie che dovrebbero essere stanziate da parte dei comuni. Calcolando una media dei ragazzi nati dal 1992 al 2002, nei comuni di Alleghe e Rocca Pietore, abbiamo 116 ragazzi (135 Alleghe, 96 Rocca Pietore) per comune con età compresa tra i 20 e i 30 anni. Se il comune predisponesse un contributo pari a coprire il 40% della spesa totale di quelle ristrutturazioni di prima fascia, possiamo calcolare una cifra massimale pari a 40mila euro pro capite, per un totale di 4milioni e 640mila euro per comune.

Quindi possiamo affermare che, se un comune riuscisse ad avere accesso, e a mettere a disposizione 40mila euro per ogni giovane avente un età compresa tra i 20 ai 30 anni, il quale necessita di questa cifra per svolgere delle attività di stabilizzazione e ristruttura di tetti, murature e fondamenta di una casa avente 100 o più anni di esistenza, tali comuni dovrebbero mettere a disposizione una cifra minima pari a 5milioni di euro, tenendo conto, comunque, che non tutti gli aventi diritto al contributo ne debbano accedere.

All’interno di un bando per la cessione di questo denaro, oltre ai limiti già esposti di età, aggiungerei, personalmente, delle clausole d’obbligo da rispettare da parte del giovane che ne necessita.  Per esempio: l’estetica dell’abitazione, una volta terminata l’opera di ristrutturazione, non deve essere diversa dall’aspetto originale della casa, salvo casi specifici, dove la modifica è necessaria per la sicurezza della struttura. Il giovane una volta terminati i lavori, ed aver usufruito del contributo comunale, ha l’obbligo di risiedere all’interno dell’abitazione per un tempo minimo (5-10 anni), inoltre, al giovane viene privata la possibilità di vendita e affitto dell’immobile se non per estrema necessità, la quale deve essere dimostrata. Aggiungerei, in poche parole, delle clausole che vadano a salvaguardare lo spopolamento e l’estetica dei paesi, in quanto obbiettivo base dell’idea stessa.

In conclusione, ritengo che, valutando l’importo minimo di 5milioni di euro, e comparandolo alle cifre spese negli ultimi anni da parte dei due comuni di riferimento, possiamo affermare che tale somma si può considerare illusoria, ma probabilmente, di grande aiuto nella risoluzione dello spopolamento montano, oltre che ad agevolare noi giovani, ormai sempre più in balia di un mondo quasi fuori posto, con poche certezze future. Ma cosa può dare più certezza se non la certezza di una casa?

La soluzione di tale problema evidentemente richiede politiche mirate, investimenti e collaborazione tra istituzioni, comunità locali e privati. Tutto quello che chiede il giovane Simone per cercare di restare a vivere nella sua terra in modo dignitoso.

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