Per un welfare generativo

Una concertazione tra tutti gli attori sociali per ripensare e rinnovare i servizi di assistenza

Tre straordinarie donne (Tina Anselmi, Rosi Bindi, Livia Turco) con le loro grandi riforme, avevano collocato il nostro Paese ad alti livelli qualitativi, in Italia e a livello internazionale, sui diritti costituzionali alla base delle prestazioni sanitarie e dei servizi sociali. Purtroppo, molti obiettivi di quelle importanti riforme, a tutt’oggi, continuano a rimanere belle parole scritte sulla carta. Le responsabilità sulle mancate complete applicazioni di tutte le riforme sociali e sanitarie in Italia, senza ombra di dubbio, vanno addebitate non solo al nostro fragile sistema politico-governativo-amministrativo, ma anche alle continue polemiche contrapposizioni tra i partiti che, utilizzando strumentalmente lo scontro di piazza e sui mass-media, si addossano reciprocamente colpe e responsabilità sui disservizi. Disservizi che colpiscono soprattutto le persone povere e più fragili, costrette a non curarsi adeguatamente, se malate, e persino all’emarginazione se non autosufficienti. Al di là di questi strumentali litigi politici, realisticamente, coloro che hanno avuto e che oggi hanno responsabilità di governo (nazionale e regionale) dovrebbero, devono, prendere atto che le riforme socioassistenziali e sociosanitarie non hanno mai avuto, alla loro base applicativa, adeguati ed esigibili finanziamenti: “se sul piatto non si mettono i soldi, poveri e fragili non mangiano”, non si curano e non ricevono assistenza. In un Paese, come il nostro, con lo spaventoso debito pubblico pari al 137% del PIL, e con l’inaccettabile annuale evasione fiscale di cento miliardi di euro, non è certamente semplice garantire ai cittadini (agli onesti contribuenti) i diritti costituzionali ad una efficiente sanità pubblica e ad una adeguata assistenza, senza le onerose, obbligatorie, compartecipazioni economiche. Viene immediata la domanda: “si può uscire da questo tunnel, oggi senza uscita, che di fatto sta mortificando la Carta Costituzionale?” Personalmente penso di sì! Alla condizione vincolante che tutti gli interessati (Governo, Parlamento, Regioni, Enti Locali, rappresentati delle forze politiche di maggioranza e opposizione, Fondazioni bancarie, Terzo settore, volontariato, confederazioni sindacali, associazioni economiche e imprenditoriali) entrino a far parte, costruttivamente, del “Tavolo Permanente della Concertazione Sociale per il Welfare Generativo”. Questa (personale) proposta, frutto delle positive opportunità formative promosse e realizzate dalla Fondazione Emanuela Zancan, potrebbe concretizzarsi se tutti i soggetti citati riprendessero anche oggi quel metodo, valorizzandolo, del “Patto Ciampi 1993”. Se quanto sopra proposto può suggerire riflessioni sulle cause delle difficoltà applicative delle riforme e indicazioni per concertare la soluzione dei problemi, purtroppo va registrato che in alcune realtà sociali, e in un buon numero di aree geografiche, il peloso assistenzialismo, a volte utilizzato per scopi elettorali e di potere governativo, ha prevalso sulla corretta applicazione dell’articolo 4 comma 2 della Costituzione: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Aggiungo che sui “diritti e doveri costituzionali del cittadino” coloro che hanno compiti elettivi parlamentari e doveri amministrativi di governo, valorizzando la sussidiarietà del volontariato, quando è lo Stato (casse pubbliche) chiamato a pagare, devono obbligatoriamente vincolare le prestazioni economiche socioassistenziali ai “lavori socialmente utili”. Inoltre, per sconfiggere l’isolamento e l’abbandono delle persone anziane, vanno programmati e finanziati percorsi di “invecchiamento attivo”, non dimenticando i portatori d’handicap, ai quali vanno riconosciuti i diritti costituzionali tra i quali anche quello al lavoro. Questa opinione potrebbe configurarsi in un percorso attuativo del Welfare Generativo, nel contesto di un federalismo solidale e non nella divisione del Paese con l’autonomia differenziata.

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