L’acqua nella letteratura, tra mito e simbolo
Elemento vitale, ma anche dai molteplici risvolti esistenziali
È noto che l’acqua costituisce l’elemento essenziale per la vita dell’uomo e dell’intero pianeta. Curiosamente chiamato Terra, quest’ultimo è ricoperto per i tre quarti della sua superficie dall’acqua, di cui l’ottantasei per cento è di pertinenza degli oceani, mentre il quattordici per cento lo costituiscono le acque dolci allo stato puro, e il rimanente dodici per cento si deve ai ghiacciai. Non stupisce, pertanto, se l’acqua è entrata prepotentemente nei miti della creazione del mondo che emerge dal mare tenebroso, oltre l’abisso della notte. Ad esempio Il mito pelagico riporta l’unione di Eurinone, generata da Caos, la quale si unisce al serpente Ofione e, sotto forma di colomba, depone l’uovo universale scivolando sulle acque. Nel mito omerico Ofione sarà Oceano, il più vecchio dei Titani: tale concetto perdurerà sino a tutto il Medioevo quando la terra continuerà ad essere considera piatta e l’oceano un limite invalicabile.
Simbolo della totalità dove ogni cosa è possibile, le sue acque ne fanno risaltare il carattere ambivalente la cui funzione è quella di separare e di riunire. Da una parte esso mette a dura prova ogni forma di resilienza, innalzando barriere insormontabili, dall’altra parte rappresenta una porta aperta verso la speranza, verso il mistero della risurrezione, verso l’ignoto che ha in sé scoperte decisive. Bisogna ricorrere allo spirito di Colombo, alla sua intraprendenza, per sfidare una superficie liquida tanto tenebrosa da celare sotto un velo di angoscia il futuro e l’inevitabile abisso dell’antica credenza medievale. Tuttavia essa svela anche il “segreto del mondo”, modificando un modo di sentire e modellando l’identità sulla base degli insegnamenti forniti dall’oceano, attraverso flussi e riflussi, tempeste e successivi periodi di calma.
Ben lo sanno emigranti ed esuli, costretti ad affrontare percorsi ignoti in quell’oceano Atlantico che ingloba lo stesso concetto di mare, considerato a lungo il terrore dei marinai, il Mare Esterno, il Mare delle Tenebre, l’Oceano Circondante. Insuperabile prima che le tre caravelle salpassero nel fatidico e rivoluzionario 1492, le sue acque si sono aperte a numerosi viaggi di collegamento tra Africa, Europa e Americhe. Soltanto ad iniziare dalla seconda metà dell’Ottocento, migliaia di italiani, veneti e friulani in particolare, si convincono che vale la pena rischiare la morte per raggiungere un ideale di esistenza possibile, una speranza di liberazione, piuttosto che essere soggiogati dal servile immobilismo della terra ferma.
Un esodo che si protrae a tutt’oggi, sia pure in forme diverse, includendo recenti esiliati costretti a ricercare nuove fonti d’acqua potabile in quanto quelle antiche si sono parzialmente esaurite a causa dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento ambientale e delle misure governative inadeguate, legato della legislatura coloniale (Canada, Honduras, Venezuela). Come dimenticare, poi, le lunghe file di indios che, nella Bolivia del 2000, si trasferiscono da un posto all’altro del paese perché il governo ha privatizzato le risorse idriche. Conseguenza di ciò è la famigerata “Guerra dell’acqua” di Cochabamba.
infine, in continuo movimento da un continente all’altro, vi sono gli infaticabili turisti, mai sazi di ammirare la bellezza delle vaste pianure o dei ghiacciai perenni che ricoprono le vette di montagne irraggiungibili. Non è un caso se assistiamo a un proliferare d’ iniziative per fissare attimi indimenticabili come la fioritura degli alberi a primavera o il defeuillage autunnale, quando le foglie si tingono di giallo, di rosso, d’arancio, di marrone, in una esplosione di colori dal forte impatto emotivo.
Grazie a rotte delineatesi con vigore nel corso dei tempi, le traversate oceaniche hanno intensificati scambi commerciali, ambizioni territoriali, scoperte scientifiche e tecnologiche, teorie generali come quelle avanzate da Darwin e realizzazioni artistiche: impossibile dimenticare i quadri di Paul Gauguin che tratteggia l’incanto di Tahiti e dei suoi abitanti. Non sono mancate nemmeno le grandi tragedie. Solo nel ventesimo secolo si contano a centinaia le navi affondate ad iniziare dal Titanic che, nel 1912, ha sconvolto il mondo intero; seguono la collisione dell’Empress of Ireland del 1914, il siluramento del Lusitania nel 1915 e l’esplosione del Monte Bianco del 1917, senza soffermarsi sugli attacchi degli U-Boot durante la seconda guerra mondiale. Per ironia della sorte, questa pericolosa attraversata costituisce la principale rotta per la migrazione di massa verso il Nord America, per cui altri disastri si sono succeduti, in primis l’affondamento dell’Andrea Doria, dopo essere entrata in collisione con la MS Stockholm nel 1956.
Tutto ciò alimenta una ricca letteratura odeporica: vita, morte, resurrezione, purificazione, fertilità, incertezza, esseri misteriosi, uomini e donne marini, mostri spaventosi, paesi immaginari, ora paradisiaci ora infernali, isole del tesoro prima scoperte e poi perdute, vascelli fantasma, fondali ricolmi di relitti da recuperare, sono espressione dell’evidente potenzialità polisemantica dell’acqua. Sentimenti contradditori agitano l’individuo, attratto dalla sorpresa e respinto dalla paura dinnanzi alla vasta superficie acquatica in cui sono racchiusi sogni ed incubi molteplici, frutto di leggende che trovano fertile terreno nelle antiche credenze.
Superata l’incognita del viaggio oceanico, altre acque colpiscono i nuovi arrivati. Si tratta di fiumi, ampi come mari tanto da rendere impossibile la vista della sponda opposta. In seguito a piogge torrentizie, le loro dimensioni aumentano ancor più sommergendo campi faticosamente lavorati, trascinando con sé persone, case, oggetti, sradicando alberi e tutto ciò che incontrano nel loro cammino di annientamento. Se poi l’acqua si condensa in distese infinite di neve, è alquanto impossibile raggiungere la meta prestabilita. Terribili realtà che, tuttavia, sfumano dinanzi alla frescura di ruscelli e di cascate che catturano lo sguardo e la fantasia, suscitando emozioni di stupore e di meraviglia, le stesse provate dagli emigrati del primo grande esodo europeo di fine XIX secolo.
Turbolenti e insidiosi da percorrere con piccole imbarcazioni, i fiumi sovente rappresentano l’unica via possibile per raggiungere luoghi desolati, o per sollecitare lo spirito avventuroso e temerario di escursionisti intrepidi che vogliono sentirsi parte della natura, superando paure e ossessioni mortali. Nel disegnare mappe geografiche sulla crosta terrestre, essi indicano percorsi di lotta, di sofferenza fisica e psicologica, in un altalenarsi di angoscia e di soddisfazioni. Non può essere diversamente in quanto l’acqua, ha da sempre instaurato un rapporto conflittuale e al tempo stesso appagante con l’umanità. L’immortale verso di Pablo Neruda “L’acqua come lacrime vitali” (Canto General) dalla pregnante forza evocativa, rende palpabile il concetto.
L’acqua di per sé, nel suo continuo ed incessante fluire, apre a considerazioni esistenziali e ad elucubrazioni filosofiche nel tentativo di trovare il significato del percorso individuale e collettivo. Non solo i gorghi e i vortici presenti nei racconti marini di Poe possono essere letti come allegorie dello spaesamento in cui si trova il soggetto moderno. A volte è sufficiente assaporare la frescura di una fontana o il ticchettio della pioggia per cogliere il significato della vita, proprio come succede ad Averroè nello splendido racconto di Jorge Luis Borges. Per tale motivo è difficile incontrare un “classico” delle letterature americane, siano esse del nord, del centro, o del sud, nel quale l’acqua non svolga una funzione centrale sul piano simbolico e narrativo.