Il culto di San Zeno, tra Pistoia e Verona
Venerato soprattutto per i miracoli contro le piogge e le alluvioni
Prima che dell’Immacolata, per diversi secoli a Pistoia l’8 dicembre si è celebrata la festa in nativitate sancti Zenonis, in ricordo della nascita di san Zeno.
Un santo, si potrebbe subito obiettare, che non è neanche nostro. Come molto probabilmente non è sua quella data di nascita, della quale peraltro non si conosce l’anno. Ma sono ormai più di mille che Zeno è titolare della cattedrale di Pistoia e vi viene ricordato in quel giorno – anche se poi numerose altre chiese e altre date si trovano legate al suo nome in tutta l’Italia e perfino in Germania.
Che sia santo, almeno di questo nessuno dubita. Mentre invece sembra impossibile che sia stato, come alcuni sostengono, anche martire al tempo della persecuzione di Gallieno (254-268) perché secondo la concorde testimonianza di tutte le fonti è morto intorno al 373. Visse comunque in tempi assai difficili per la Chiesa, che durante quei primi secoli di definizione dottrinale e dogmatica della Verità rivelata deve affrontare durissime contestazioni eretiche – a cominciare da quella di Ario.
Zeno, nato in Africa, dove studiò e trascorse la prima parte della sua vita fra resistenze e rigurgiti pagani, eresie cristiane e controversie di tutte le estrazioni, fu testimone e sostenitore senza riserve dell’ortodossia cattolica. Come è confermato dal fatto che, “emigrato” nell’Italia settentrionale, gli venne affidata una delle sedi vescovili più importanti, Verona; e dai centocinque Sermoni – forse solo in parte suoi – che verso la metà del XV secolo vennero ritrovati nella biblioteca vescovile e cinquant’anni dopo pubblicati a Venezia. Superfluo, o quasi, aggiungere che fu un vescovo di santa vita, forte carisma e intraprendenza non comune se è vero che vinse una scommessa col diavolo, il quale, per pagarla, dovette portargli da Roma un battesimale di porfido.
Di san Zeno esistono molte immagini, sparse un po’ dovunque, in Italia e fuori. Ma quella che lo rappresenta meglio, nel modo più simpatico e suggestivo, si trova nella basilica di Verona a lui intitolata. È la grande statua marmorea di “san Zen che ride”, seduto sulla sua cattedra di vescovo, e tiene appeso con un filo al pastorale un piccolo pesce: guardando il quale forse ripensa alle ore trascorse a pescare in riva all’Adige, forse alla investitura cristiana per cui è stato, a Verona, anche “pescatore” di uomini… Senza sorriso e senza pesci si presenta invece Zeno nella monumentale statua di bronzo affiancata a quella di san Jacopo dietro l’altar maggiore della cattedrale di Pistoia, dove giunse in seguito alla pubblicità di un suo miracolo avvenuto alla fine del VI secolo e reso noto “da san Gregorio papa nei suoi dialoghi”. Così il cronista pistoiese Pandolfo Arferuoli, che passa poi a spiegare come nel mese di ottobre del 589 in tutta l’Italia si ebbe “un diluvio d’acque grandissimo per le infinite piogge” e anche quelle dell’Adige strariparono arrivando fino alla chiesa dove era sepolto san Zeno, ma si arrestarono sulla soglia: “et essendo aperte le porte, l’acque non entrorno drento la chiesa, e crescendo fino alle finestre vicino al tetto, similmente non entrorno per quelle”.
Ora bisogna sapere che la “piana” di Pistoia era continuamente alluvionata perché i numerosi torrenti che vi scendevano dalla montagna non avevano sbocco: sicché, non appena seppero di “questo stupendo miracolo”, i pistoiesi “cominciorno a pensare e credere con ferma fede che per intercessione di san Zeno quello spatio di campagna sotto la città chiuso tra’ monti, si potesse dall’acque liberare”. E in effetti poco dopo “occorse cosa miracolosa e divina che rompendosi un monte detto Poggio a Caiano, dette esito a dette acque verso Arno, onde la città prese allora per avvocato e patrono della cattedrale detto santo…”.
Dopo circa mille anni, nel 1600, il nuovo vescovo di Pistoia, Fulvio Passerini, che era vecchio, aveva poca salute e problemi ben più seri in quella diocesi che gli era stata assegnata da Firenze dopo un decennio di disordine amministrativo e gerarchico; il nuovo vescovo, dunque, quando si vide presentare dal proposto Giovambattista Cancellieri il programma delle complicate e costose celebrazioni dell’8 dicembre, replicò senz’altro che non se ne faceva di nulla perché ormai San Zeno non era più festa solenne e personalmente aveva intenzione di andarsi a riposare qualche giorno nella villa di Igno. Andò, in effetti, a Igno e dopo un paio di giorni ci morì, a causa di una banale caduta. Nel riferire questo episodio in una pagina dei suoi Ricordi, con esemplare faccia tosta e totale mancanza di carità, il proposto Giovambattista Cancellieri arriva alla seguente conclusione: “Vedi se san Zeno fa ancora dei miracoli”. Ben altro miracolo – o quasi – venne a ristabilire in pieno, non solo a Pistoia, il prestigio di san Zeno qualche decennio dopo.
Nella basilica di Verona, dove il suo corpo era stato portato dalla prima chiesa, si era infatti venuta a creare una situazione sempre meno sostenibile perché “sapevano che v’era, ma non sapevano dove” e nessuno aveva il coraggio di cercarlo “per non levar la credenza e devotione se poi non si fosse ritrovato”. Finalmente nel 1634 qualcuno ebbe quel coraggio e fu trovata “sotto l’altare una grand’arca di bronzo, con una navicella drentovi il glorioso corpo di san Zeno intatto…”. Ovviamente, se ne fecero feste solennissime e in quel lontano secolo diciassettesimo il culto di san Zeno riprese ovunque alta quota. E dagli Atti del Capitolo della cattedrale di Pistoia risulta che ancora nel 1844, in pieno Risorgimento, “fu unanimemente stabilito di esporre, attese le incessanti piogge dirotte, sopra l’altar maggiore con conveniente assetto l’insigne reliquia di san Zeno per impetrare la cessazione della pioggia”…