Le ragioni della piazza e il tramonto della democrazia rappresentativa
La riflessione che scaturisce dinanzi alle piazze che, fatti salvi i consueti e sempre più strumentali episodi di violenza, si sono mobilitate in difesa dei diritti dell’umanità il che trova oggi la sua massima rappresentazione simbolica nella tragedia di Gaza, si può bene o male così riassumere: ha ancora senso e valore la democrazia rappresentativa?
La risposta continua a correre nel vento, un vento però il cui sibilo è vieppiù percepibile e agita le piazze di tutto il mondo o, comunque, del mondo che ancora si dice libero. Una libertà la quale, tuttavia, sembra ridursi con graduale intensità alle mere manifestazioni del pensiero, quelle, per intenderci, che possono ancora trovare espressione senza che ne consegua la repressione più o meno violenta di chi dà loro voce. Ma è davvero così?
La repressione del libero pensiero agisce, in realtà, anche e soprattutto attraverso canali in apparenza indolori, ne sia un esempio la gogna mediatica cui vengono di continuo sottoposti quanti non si allineano a certe posizioni politicamente corrette. Ma la politica, oggi come oggi, cos’è che rappresenta se queste posizioni non vengono più condivise e, anzi, contestate con pubbliche manifestazioni come quella cui abbiamo assistito il 22 settembre?
Domande che è legittimo porsi dal momento che ogni evento di contestazione – e questi ultimi si moltiplicano a ritmo impressionante – è un’altra pietra tombale sull’istituto della democrazia così come noi la concepiamo oggi. Una democrazia svuotata di ogni potere dato al popolo, che non sia un mandato di governare in nome e per conto sulla base di programmi puntualmente disattesi da chi il vero potere è chiamato ad assumere.
E, allora, ci si chiede quali siano le differenze che separano le cosiddette democrazie liberali d’Occidente dalle autocrazie del resto del mondo se, di fatto, il potere decisionale – tanto nelle une quanto nelle altre – viene rassegnato nelle mani di una classe politica che amministra le sue funzioni infischiandosene del volere popolare.
La politica d’Occidente, se davvero s’ispira alla democrazia e non all’autocrazia, dovrebbe tener conto di queste manifestazioni di piazza senza soffermarsi più di tanto su questo o quell’episodio di violenza che, fuor da ogni dubbio, è da stigmatizzare ma non esaurisce in sé la forza dirompente della protesta.