Perché amare la poesia: uno stimolo alla conoscenza, al pensiero, all’espressione di sé

Educare alla poesia non serve soltanto a insegnare e trasmettere cultura, ma permette a bambine e bambini di esprimersi attraverso le parole

Nella società attuale, dominata dall’intelligenza artificiale (internazionalmente nota con AI, dall’acronimo inglese di Artificial Intelligence) che si sta imponendo con forza sempre maggiore nelle varie branche scientifiche offrendo enormi servizi alla comunità, sembra quasi anacronistico scrivere poesia e perfino leggerla.

Tuttavia, il sistema di simulare l’intelligenza umana attraverso funzioni matematiche si è rivelato incapace di creare versi, di entrare nei meandri della mente, nei meccanismi più sfuggenti del comportamento umano e dell’“inaudito quotidiano”. La parola che sinteticamente evoca immagini, suoni e colori, apre al mistero del linguaggio originario, colto soltanto dalla sensibilità poetica dell’uomo/donna. Essa esprime qualcosa apparentemente impossibile da formulare e, per una sorta di “magia”, riesce a trasmettere un messaggio ad altri.

È evidente che la realizzazione di dette funzioni per la comprensione e per la generazione di espressioni linguistiche tramite l’elaboratore non ha ancora raggiunto risultati tecnologicamente assestati. Lo conferma anche il famoso GPT-4 (Generative Pre-trained Transformer 4), il modello linguistico di grandi dimensioni multimodale. Nonostante possa produrre testi che assomigliano alla poesia, il presunto poeta – con un gioco di parole chiamato AIedo (aedo ai tempi di AI) – è del tutto privo di talento artistico. Di conseguenza l’unica notizia che trasmette è un discorso arido e fine sé stesso.

Ben diversa funzione è insita nei versi che scaturiscono dall’“anima”, capaci di comunicare emozioni profonde, di entrare nell’inafferrabilità del pensiero, nella coscienza individuale, nel subconscio dove sono celate le impressioni più pure, di far vibrare gli aspetti materiali della vita, apparentemente insignificanti, cogliendo l’armonia del mondo. Proprio per l’alto valore simbolico, in quanto pregna di connotati specifici che vanno oltre il significato ovvio e convenzionale, la poesia ha un potere ermeneutico “tranquillizzante”, estendendo il dialogo al là degli orizzonti contingenti, in un discorso che ne universalizza l’essenza. Essa dà significato alla vita, consola dal dolore della perdita, rende palpabile un’emozione vaga e spesso imprecisa, ma fortemente autentica, latente nel profondo del lettore o dell’ascoltatore. Potremmo dire che il/la poeta lancia nello spazio il fremito del suo canto e ciascuno lo ripete al proprio interno in una consonanza profonda.

La frase è lo strumento che viene utilizzato per raggiungere le fibre emotive, muovendosi tra memoria e pre-conoscenza, nella penombra di quanto potrebbe esserci rivelato: una rima o un metro non solo richiamano altre inattese parole, ma sono in grado di dirigere l’intero sviluppo del discorso. In tal senso, la poesia richiede un autore disposto a farsi trascinare dal ritmo della lingua e del racconto verso la parola capace di assumere il carico del dolore, il peso dell’assenza, di annientare paure ed inquietudini.

La poesia contemporanea sembra inserirsi in un’esperienza della storia, in cui la voce poetica propone un nuovo significato: una narrazione fatta di piccoli ricordi, di dettagli minimi che si storicizzano nel gesto poetico, nel paesaggio, per poi riflettersi nella ricostruzione del soggetto lirico. Pertanto, la grafia degli oggetti, racchiusi nel misterioso archivio della memoria, rappresenta l’essenziale necessità di sapere. Conoscenza, pensiero, invenzione, costituiscono l’itinerario percorso dal poeta per raggiungere la bellezza, per comprendere l’uomo, la vita e la morte, il desiderio e l’amore, affidando alle parole un’energia d’espansione emotiva ed espressiva che si dilata nello spazio infinito.

Ben vengano iniziative, come quella del laboratorio di poesia riservato alle scuole primarie e creato da un’idea di Isabella Leardini, docente dell’università di Bologna, perché “Educare alla poesia non serve soltanto a insegnare e trasmettere cultura, ma anche permettere a bambine e bambini di esprimersi attraverso le parole, usando le diverse figure retoriche e la creatività per dire ciò che provano senza veramente dirlo”.

Già anni prima la poetessa padovana Maria Luisa Daniele Toffanin aveva dedicato, e continua a farlo, tempo e risorse alla diffusione della lirica dando vita a momenti intensi nelle scuole e a laboratori di scrittura. Oltre a presentare i suoi libri con associazioni culturali di Padova e di altre città italiane, ha istituito iniziative culturali e di orientamento scolastico nell’ambito dell’Associazione Levi-Montalcini, promuovendo tra l’altro il concorso per studenti delle scuole secondarie di primo grado, “Mia Euganea Terra”, dedicato ad Andrea Zanzotto e giunto alla quindicesima edizione senza interruzioni. Durante l’isolamento del Covid, infatti, la continuazione del concorso è stata fortemente voluta dall’ideatrice in accordo con le insegnanti, convinte della funzione “terapeutica” della poesia per ridare serenità nell’ascolto della natura e nell’espressione della propria interiorità.  Una scelta ampiamente premiata dalla partecipazione, entusiasmante e totale, come si può constatare dai relativi libretti pubblicati nel periodo. Il quaderno contenente le opere premiate nell’edizione del 2024, la quindicesima, può essere letto e scaricato qui: MiaEuganeaTerra2024_quaderno_web.

Tutto ciò è fondamentale non tanto per creare nuovi poeti, ma per far crollare il “tabù” poetico che considera la poesia una forma artistica astrusa, sovente difficile da comprendere, per avvicinare i giovani a scoprire in sé stessi emozioni e stupori intrinseci nella bellezza della poesia.

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