La scuola come laboratorio contro le guerre

Per una educazione che, sin da bambini, porti a rifiutare ogni violenza

I bambini di un asilo hanno prodotto un’opera d’arte, a modo loro, e su quel lungo foglio da loro decorato hanno scritto: BASTA BOMBE SULLA TESTA DEI BAMBINI!

La fotografia dell’opera è stata pubblicata sui social media, ad esempio facebook e varie persone hanno commentato e condiviso. Ho registrato tre tipi di reazioni: qualcuno assentiva alla dichiarazione dei bambini che si esprimono a favore di altri bambini che vivono sotto le bombe. E nel mondo c’è abbondanza di situazioni come queste. E’ tempo di smettere le guerre e le stragi di persone, soprattutto di bambini. E loro vogliono farsi sentire. Come non essere d’accordo?

Un’altra reazione viene da quelli che dicono no all’attualità trattata a scuola, specialmente se drammatica, e qui si tratta di bimbi all’asilo. Quindi il senso del no sta nella frase: BASTA rubare favole e sogni ai bambini! Non spaventare, non deprimere i bambini, lasciamoli giocare sereni. Lasciamo agli adulti il problema. Come non essere d’accordo?

Una terza reazione, la mia, è rivolta ai bambini che vivono sotto le bombe, che muoiono, che non sanno se arriveranno a sera indenni e soprattutto se avranno con sé le loro mamme, visto che i padri spesso sono altrove, che non hanno più casa né giocattoli e magari anche poco da mangiare. Cosa dire a questi bambini e cosa fare per loro? E cosa dire ai “nostri” perché abbiano un’idea delle conseguenze dei comportamenti degli adulti?

Questo è il problema dell’insegnamento, il quesito educativo dell’istruzione che nei tempi ha attraversato la vita di docenti e discenti. Detentori dei programmi ministeriali o innovatori responsabili? Nel primo caso si tratta di conoscenze, al meglio di sapienza; nel secondo di aperture meditate e misurate ai discenti, nel tentativo di indagare possibilità e suscitare riflessioni.

Apocalittici e integrati, pedagogisti e accademici, genitori e nonni: ognuna di queste tre reazioni, e altre ancora, possono essere attivate “aggiustandole” opportunamente ma l’importante è che non vinca la logica dell’aut/aut, dell’unica possibile risposta, la divisione e il contrasto che tanto devastano la chiacchiera contemporanea degli adulti. Non servono divieti ma aperture meditate (e professionalità e sensibilità) perché comunque i bambini vivono nella civiltà della comunicazione.

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Segnaliamo anche l’evento, venerdì 15 novembre alle ore 17,30, “Parole di libertà dal carcere”, che vedrà Chiara Macconi protagonista nella Biblioteca Sicilia di Milano, in via Sacco 14 del capoluogo lombardo (ingresso libero fino ad esaurimento posti; per informazioni, 02 88465863 e c.bibliosicilia@comune.milano.it). “La cella e la scrittura, un rapporto biunivoco: qualcuno si scopre creatore di parole nel chiuso di una cella, altri si trovano in cella a causa della loro scrittura”. Nella giornata mondiale degli scrittori imprigionati per mancanza di libertà d’espressione, il PEN International – l’associazione mondiale di scrittori che da cento anni difende la letteratura – celebra la loro resistenza con un reading di solidarietà e sostegno a Visar Zhiti, Maria Cristina Garrido Ramirez, Mosab Abu Toha, Ilhan Sami Comak, Maung Yu Py, Alaa Abdelfattah e numerosi altri nel mondo, noti o meno noti. Gli intermezzi musicali saranno affidati alla chitarra e alla voce di Mario Toffoli.  

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