Ariano: gli scioperi dei braccianti all’inizio del Novecento

La lotta per i propri diritti e per migliori condizioni di vita

Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento l’unica risorsa della popolazione arianese è l’agricoltura. Il metodo di coltivazione dei campi si riassume in un’eloquente espressione: “Così faceva mio nonno”. Prevalgono la coltura asciutta e la proprietà frazionata nei fondi alti, la coltura del riso e la media e grande proprietà nei fondi bassi. Permangono consistenti residui di un’economia più arretrata, basata sui prodotti lacustri e vallivi.

La maggioranza della gente vive in condizioni di estremo disagio. Malsane le abitazioni, scarso il cibo per qualità e quantità, analfabetismo diffuso, pessime condizioni igienico sanitarie.

L’esteso e noto fenomeno dell’emigrazione transoceanica, diretta soprattutto verso il Brasile, dove era stata abolita la schiavitù (legge 13 maggio 1888), investe anche la provincia polesana. È un segnale di acuto malessere e insieme di umana speranza per una vita meno grama. Il comune di Ariano non solo fornisce – proporzionalmente – elevati contingenti di espatriati, ma diviene meta di una corrente migratoria interna proveniente dalle zone limitrofe del basso Veneto. I centri abitati situati in sinistra del Po di Goro, nella la fascia orientale delle bonifiche ferraresi, attirano infatti l’insediamento di mano d’opera che troverà occupazione nei latifondi della provincia limitrofa, altamente produttivi per effetto di una colossale opera di bonifica: 51.000 ettari redenti dalle acque (1872-74), drenati dal gigantesco impianto idrovoro di Codigoro (Ferrara).

Squadre di braccianti e di operai, veri e propri pendolari, si riversano giornalmente in bonifica attraverso il ponte in chiatte che collegava “i due Ariano”, o attraverso i vari passi natanti situati sul Goro. In quell’ambiente di dura fatica, spesso teatro di acute tensioni (clamoroso l’eccidio dei lavoratori della terra avvenuto a Ponte Albersano, località del comune di Berra, il 27 giugno 1901), i braccianti arianesi vengono a diretto contatto con le idee più elementari e suggestive di palingenesi sociale diffuse dai pionieri del socialismo (1).

Agli albori del Novecento, ad Ariano venne fondata una sezione del partito socialista. Seguì la costituzione di una Lega di miglioramento tra i braccianti, che tuttavia rimase estranea all’agitazione agraria diffusa nel primo biennio del secolo nell’alto e medio Polesine. Questo perché tutta la mano d’opera avventizia disponibile trova occupazione nei lavori avviati per la bonifica dell’isola, avvenimento che corona gli sforzi dei proprietari terrieri organizzati nel locale Consorzio, determinati a superare la scarsa produttività dei fondi a lungo sfruttati a risaia con una radicale conversione colturale.

L’impianto idrovoro di Ca’ Vendramin (ora Museo della Bonifica), imponente per mole e soluzioni tecniche d’avanguardia adottate, simboleggiò la perfetta riuscita dell’opera (1904). Dalla bonifica dell’isola derivano importanti conseguenze nella vita sociale, economica e amministrativa del paese. Le leghe di miglioramento, rafforzate dal sostegno psicologico e talvolta dall’azione diretta dei braccianti d’oltre Po, assumono, specie nella zona di Rivà ove più forte è la concentrazione degli avventizi, atteggiamenti combattivi, che mal si conciliano con la tradizionale mitezza e remissività del contadino polesano. La situazione appare radicalmente mutata da quando il liberal-moderato Carlo Bisinotto osservava, in una monografia del 1880, che i lavoratori basso polesani erano rassegnati a non far valere i propri diritti, persuasi che “contro i poveri, i siori hanno sempre ragione”.

Le leghe risentono, in qualche misura, dell’accresciuta influenza dei propagandisti ferraresi più accesi e delle centrali sindacaliste di Adria e Donada, la cui azione, caratterizzata da un violento rivoluzionarismo verbale, contrasta con la maggioranza riformista e moderata. Si passa infatti dallo sciopero del 1908, mirante ad obiettivi sostanzialmente economici (e giustificato dall’enorme incremento produttivo congiunto con l’immobilità dei salari) a quello del 1912 che reclama il potere di gestire il collocamento della mano d’opera (circola lo slogan “preferenza alla mano d’opera organizzata” e si concluderà con l’arresto del gruppo dirigente sindacale arianese (2).

NOTE

  1. Una massa di scioperanti tentò di forzare il passaggio dello stretto Ponte Albersano, che immetteva in una proprietà privata della Società delle Bonifiche Ferraresi, per impedire il lavoro degli operai (crumiri) ingaggiati in Piemonte. Un plotone di 20 soldati al comando di un tenente, posto a guardia del manufatto, sparò sugli scioperanti. Vi furono quattro morti e una cinquantina di feriti. Il deputato socialista Leonida Bissolati presentò un’interrogazione urgente al Parlamento del Regno. Il ministro dell’interno Giovanni Giolitti rispose immediatamente nella seduta del 29 giugno 1901. Dopo un ampio dibattito, nel quale emersero versioni contrastanti sui dolorosi fatti accaduti, e in particolare sulla condotta dell’ufficiale che aveva ordinato di aprire il fuoco, Giolitti concluse riservandosi di fare “le più minute indagini e di provvedere in conseguenza”.
  2. Le leghe di Ariano e Rivà proclamarono la sera del 23 aprile 1912 uno sciopero generale ad oltranza che sarà, per durata e asprezza, il più rilevante della storia contadina arianese nel primo quindicennio del secolo. Squadre di leghisti forzano i bovai a lasciare le stalle e s’abbandonano a qualche atto di intimidazione. I padroni reagiscono. Intimano lo sfratto ai lavoratori obbligati ed ai bovai e li sostituiscono con mano d’opera crumira ingaggiata nel medio Polesine. Dopo 12 giorni le leghe lasciano cadere la pregiudiziale della mano d’opera organizzata e chiedono l’istituzione di una commissione mista per garantire l’applicazione imparziale dei patti e l’equa distribuzione dei terreni. Richiedono inoltre la revoca delle disdette individuali per i bovai e gli obbligati, “i più colpiti dalle misure padronali”. Avutone un rifiuto, la compattezza degli scioperanti s’incrina ed avviene una sorta di resa a discrezione, categoria per categoria, zona per zona. A Rivà bovai ed avventizi riprendono il lavoro firmando contratti singoli con la clausola che in caso di sciopero avrebbero perso ogni diritto ai successivi raccolti. Ad Ariano i bovai firmano individualmente il patto, mentre gli avventizi insistono nel loro rifiuto, pur minacciati di rimanere esclusi dalla distribuzione delle terre a compartecipazione. Ultimi a cedere dopo venti giorni di sciopero, gli avventizi arianesi accettano in quanto organizzazione miglioramenti economici, con la promessa di miglioramenti salariali per futuri lavori in economia ed un generico riconoscimento alla suddivisione della terra a compartecipazione. Mentre, dopo l’estenuante lotta, nei campi è in corso la mietitura, un fulmine a ciel sereno si abbatte sul sindacato leghista di Ariano. Il 24 giugno viene arrestato il contadino Emilio Tumiatti, per “essere sentito dal giudice istruttore intorno a un reato contro la libertà di lavoro commesso durante lo sciopero del decorso aprile”. Un migliaio di dimostranti si riversa nel centro del paese reclamando la liberazione dell’arrestato. L’ordine fu ristabilito il giorno dopo con l’invio “di un buon nerbo di carabinieri” e con l’entrata in vigore del divieto di assembramento. La notte dell’11 luglio le forze dell’ordine procedono all’arresto dei capi del sindacato agricolo arianese su mandato della Magistratura. La sede della lega è perquisita e vengono sequestrati i registri dell’amministrazione.

FOTO

Ponte Albersano, comune di Berra (FE). Immetteva in una proprietà privata delle Società delle Bonifiche Ferraresi. Qui avvenne l’eccidio accennato nella nota n. 1, sul quale il deputato socialista Leonida Bissolati presentò un’interrogazione urgente al Parlamento del Regno.

Lapide murata nella spalletta del ponte che riporta il nome di due vittime.

Emanuele Contro, capolega socialista di Rivà. Popolano coerente con i propri ideali, dotato di forte ascendente sui lavoratori della terra. La foto risale agli anni 1915-18.

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