L’impegno di Sebastiano Schiavon contro l’analfabetismo

A distanza di un secolo, si assiste al fenomeno del cosiddetto “analfabetismo funzionale”: un quarto della popolazione adulta ha difficoltà a comprendere un testo scritto

Nel biennio 1911-1912 Sebastiano Schiavon si trasferisce a Firenze quale dirigente dell’Unione popolare e dalla città toscana comincia a girare il centro e nord Italia per aprire uffici del lavoro, casse rurali, cooperative agricole, fondare sindacati cattolici dei lavoratori della terra e soprattutto scuole serali o festive per analfabeti adulti. Infatti, in quel periodo, gli analfabeti in Italia raggiungevano il 46 per cento.

Interessante a questo proposito è l’articolo che lo stesso Schiavon scrive sul periodico “La Settimana Sociale” di Firenze, il 4 novembre 1911, qui sotto riportato, dal titolo Scuole serali o festive di complemento per gli adulti analfabeti:

Nessuno nega che una delle maggiori piaghe sociali dell’Italia, come di tutte le nazioni, sia costituita dall’analfabetismo. Dobbiamo combatterlo con tutti i mezzi, anche i più modesti fino a sradicarlo completamente dalle nostre popolazioni. E giacché le scuole primarie, elementari, specialmente nelle campagne, per molteplici ragioni che non è qui il caso di enumerare, e che del resto, possono essere facilmente rilevate da chiunque tenga gli occhi aperti, s mostrano insufficienti ed impari alla lotta immane contro tale nemico, s’impone assolutamente il funzionamento serio, efficace, regolare delle scuole ad essa sussidiarie, quali, le scuole serali o festive di complemento fra gli adulti analfabeti e semi-analfabeti.

Scuole serali.

Nel mio giro di propaganda nelle varie regioni d’Italia spesso mi è occorso di intrattenermi cogli amici sulla importanza e sulla opportunità di istituire in ogni parrocchia, possibilmente una, scuola serale, dimostrando come la cosa non presentasse gravi difficoltà. Mi sono però convinto che molti non sanno realmente che sia una simile scuola, come deve funzionare, quali norme regolamentari la governi, quali aiuti possa avere da parte dello Stato, quali istituzioni sussidiarie (biblioteche) la possano completare, quale possa essere il materiale per l’insegnamento ecc. E tutto questo complesso di… lacune in fatto di cognizioni regolamentari fa sì che molti, pure animati di buon volere, fanno la scuola come non deve essere fatta o non si accingono affatto all’impresa. È bene quindi aiutare questi amici a mettersi subito e con perseveranza al lavoro.

Ecco: scopo delle scuole serali è non solo di importare le prime nozioni agli analfabeti, ma di preparare gli alunni, che non hanno ancora ottenuto il certificato di proscioglimento dall’obbligo della istruzione elementare, a subire il necessario esame e magari anche quello di compimento e di impartire particolari istruzioni nella economia domestica, sulla mutualità, sulla previdenza ecc. ecc., sulla emigrazione.

Norme per l’apertura delle scuole serali.

  1. Non è necessario che chi tiene la scuola abbia una patente legale di abilitazione all’insegnamento.
  2. La legge affida al R. Ispettore del Circondario il diritto di vigilanza su tali scuole nei soli riguardi della moralità, dell’ordine pubblico e delle istituzioni dello Stato.
  3. Si dà avviso all’Ispettore circondariale del locale in cui la scuola si tiene, dei giorni, dell’orario delle lezioni.

Perché le scuole serali abbiano diritto agli esami finali con rilascio dei relativi certificati, oltre chiedere il consenso del R. Provveditore, si devono osservare le norme seguenti:

  1. La scuola deve durare quattro mesi con cinque lezioni settimanali di due ore ciascuna.
  2. All’apertura della scuola inviare al R. Ispettore il programma da svolgersi.
  3. Tenere con ordine e precisione il registro delle iscrizioni e delle classificazioni.
  4. Dare mensilmente l’esperimento di dettato, composizione e aritmetica, riportando i relativi voti sul registro delle classificazioni, e conservando gli elaborati a richiesta del R. Ispettore.
  5. Verso la fine della scuola far domanda al R. Ispettore degli esami finali.

Ed è bene sapere che l’insegnante della scuola serale, anche se non è patentato, fa parte di diritto della commissione esaminatrice da eleggersi dal R. Ispettore.

Diritto a retribuzione.

Gli insegnanti devono trasmettere al R. Ispettore una relazione sull’insegnamento impartito o col visto del Direttore didattico, o per mezzo del Sindaco nei comuni dove non esiste direttore didattico.

L’Ispettore presenta colle sue osservazioni le proposte al Provveditore degli studii e questi le presenta alla approvazione del Consiglio Provinciale Scolastico.

Però per avere diritto a retribuzione bisogna:

  1. che la scuola abbia funzionato a norma di legge e abbia dato risultati lodevoli;
  2. che il numero degli alunni assidui – per due terzi almeno delle lezioni – non sia stato inferiore a dieci;
  3. che la scuola serale non abbia durato meno di quattro mesi e la festività meno di sette;
  4. che le ore di lezione per ciascuna settimana non siano state meno di dieci nella serale e meno di due e mezzo nella festiva;
  5. che abbiano avuto luogo gli esami finali;
  6. che non siano stati svolti programmi diversi da quelli governativi;
  7. che il maestro non abbia avuto soltanto funzioni direttive e di vigilanza, senza insegnare.

Quando i termini di tempo stabiliti non si siano potuti raggiungere, sarà bene che le Autorità scolastiche procurino di protrarre, finché sia possibile, la chiusura del corso, in modo da compensare la tardiva apertura, come pure vedano, se sia possibile, farla continuare in festivo.

E quando il Consiglio provinciale scolastico giudicasse manchevoli i risultati di una scuola serale, e, quindi, non meritevole l’insegnante di retribuzione, deve ciò farsi risultare da speciale annotazione motivata.

Per oggi faccio punto e, riservandomi di ritornare presto sull’argomento, mi permetto di sperare che tutti gli amici, persuasi della somma importanza che ha la istruzione nella educazione civile e sociale del popolo, non vorranno trascurare, specialmente nei mesi invernali, un così ottimo mezzo per diffonderla e farla apprezzare.

Dopo 108 anni, nel 2019, una ricerca Ocse-Piaac sostiene che in Italia non ci sono quasi più analfabeti, nel vero senso della parola, ma abbondano gli “analfabeti funzionali”. Nel 1954 l’UNESCO propose tale definizione in riferimento “all’incapacità del singolo di usare in maniera efficace le abilità di lettura, scrittura nelle situazioni della sua quotidianità di cittadino”: cioè chi sa leggere e scrivere, ma non capisce cosa sta leggendo. Secondo questi dati il 28% della popolazione italiana tra i 16 e 65 anni non è capace di comprendere e usare correttamente le informazioni in quanto non è in grado di capire il testo. Il successivo periodo pandemico poi, ha aggravato tale situazione

Si danneggia così la competitività del sistema, ma anche la vita collettiva e politica perchè vengono compresi solo testi elementari con espressioni brevi.

Tra i Paesi Ocse solamente la Turchia al 45% e il Cile al 53% si ritrovano in una situazione di analfabetismo funzionale peggiore a quella italiana, Anche la Spagna è al 28% mentre appena al di sopra della media Ocse, che è del 19%, ci sono paesi come Israele, Grecia, Slovenia e Francia. Leggermente meglio fanno Germania e Stati Uniti con il 17% ciascuno.

In Europa i paesi dell’est e del nord sono più avanzati: Repubblica Ceca, Slovacchia, Estonia, Norvegia, Svezia e Finlandia. Ma nessuno batte il Giappone, dove minima è la percentuale di analfabetismo funzionale.

Che sia il caso, come Schiavon, di aprire scuole serali o festive per analfabeti funzionali anche nel 2024?

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